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Marcello Simoni spiega le regole d’oro per scrivere un thriller

Dalla costruzione della trama alla scelta del linguaggio, dall'allestimento di una scena del crimine all'ibridazione di generi, il grande autore di medieval thriller come ''Il mercante di libri maledetti'', vincitore del Premio Bancarella 2012, svela i segreti del mestiere agli aspiranti autori…
L’autore best seller di thriller d’ambientazione medievale, vincitore del Premio Bancarella dell’anno scorso, dà i suoi consigli agli aspiranti autori appassionati di questo genere letterario

Scrivere un medieval thriller non è facile. Raramente capita che si possa mettere a punto una trama degna di essere definita tale basandosi sulla prima cosa che passa per la testa. Serve pazienza. Serve “fiuto” per le buone intuizioni. E a scanso di equivoci, non basta ambientare un romanzo in un’epoca passata – seppur avvalendosi di una robusta documentazione – per assicurarsi il plauso dei lettori. Anzi, una simile operazione potrebbe giocare a nostro svantaggio, rischiando di far passare la storia che stiamo scrivendo per qualcosa di noioso, saggistico, o addirittura di élite. La prima regola è dunque intrattenere, ma anche divertirsi nello scrivere. È necessario impreziosire l’intreccio con “temi chiave” capaci di suscitare curiosità, meglio ancora se corrispondenti ai nostri reali interessi, argomenti che si desidera approfondire, in modo da poter trasmettere maggior entusiasmo e instaurare un rapporto di feeling con chi ci leggerà.

La ricerca storica è essenziale, ma rappresenta un’arma a doppio taglio. Dev’essere svolta in maniera minuziosa, sia a livello preliminare sia in corso d’opera, con la consapevolezza di non poter inserire nel plot ogni nozione che ci risulta interessante. Ciò andrebbe ad “appesantire” il risultato finale. Invece la trama deve essere un congegno ben oliato, il linguaggio una melodia fluida e priva di intoppi che costringano il lettore a rileggere un paragrafo una seconda volta, per comprendere quanto ha appena letto. Per giungere a un simile risultato, l’espediente migliore è far intuire le cose senza descriverle direttamente, incuriosire senza apparire pedanti. Bando quindi alle digressioni saggistiche. Me lo ripeto ogni volta che mi accingo a scrivere un nuovo capitolo.

E si tenga sempre presente che si sta scrivendo non un comune romanzo, bensì un thriller. Ci si muove in sostanza sul binario della narrativa di genere, definita fino a poco tempo fa paraletteratura. Siamo ben lungi dal parlare di letteratura “di serie B”. Mi riferisco invece a un flusso narrativo che, pur ambientato in tempi remoti, si snoda secondo ritmi incalzanti, ovvero scandito da omicidi, inseguimenti, indagini, situazioni adrenaliniche o più tipicamente mistery. Siamo schietti. Se avete intenzione di scrivere un thriller storico, dovete scendere dalla cattedra e sporcarvi le mani di sangue.

Ma non basta commettere un omicidio ogni trenta pagine per raggiungere lo scopo. Necessita allestire un’autentica “scenografia del crimine”, ovvero coniugare i delitti secondo un’estetica accattivante, “creativa” per così dire, per sdilinquire i nostri lettori. Le varianti del macabro sono infinite, come Poe ha ampiamente dimostrato. E ammettiamolo pure, una banale coltellata alla schiena non ha mai “divertito” nessuno.

Non si trascuri inoltre la tipica propensione del thriller a “ibridarsi”, ovvero a fondersi ad altri generi per giungere a esiti narrativi più o meno efficaci, spesso originali. Il sottoscritto ama ad esempio attingere dai moduli del gotico e del cappa e spada, innestandoli a un sostrato di bibliothriller. L’esperimento ha avuto inizio con il ciclo dedicato a Ignazio da Toledo, mercante di reliquie vissuto nel XIII secolo, per sfociare nella trama esoterico-avventurosa di "L’isola dei monaci senza nome", romanzo corsaro ambientato nel XVI secolo e di prossima pubblicazione. Il tutto va vissuto come un continuo work in progress, un viaggio tra mondi (e generi) paralleli.

Il segreto – parlando secondo la mia esperienza – sta nel non stancarsi mai di inventare storie, di imparare e di perfezionarsi, pagina dopo pagina, romanzo dopo romanzo, cercando di nutrire ciò che si scrive con la passione che ci brucia dentro. Ma non bisogna neppure scordare che la narrativa è un prodotto, e se la creatività è l’imprescindibile punto di partenza, la pubblicazione passa attraverso il filtro dell’editoria e del mercato. Esistono regole ben precise al riguardo. Regole di un gioco tanto mutevole quanto spietato, ma che consentono a chi intende seguirle di maturare velocemente, di farsi sempre più autocritico e di comprendere con maggior consapevolezza quale direzione imprimere alla propria narrativa.

E ogni giorno di più apprendo che ci vuole coraggio. Coraggio per gettare le proprie pagine sul mercato. Perché quelle pagine parleranno pure di assassinii e di misteri, ma dietro tante parole ritrovo sempre me stesso. E a volte, ciò che intravedo mi spaventa.

Marcello Simoni

20 giugno 2013

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