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Luciano Canfora a Pordenone e il senso della storia

Il noto filologo classico e antichista a pordenonelegge ha presentato il suo ultimo libro, “La scopa di don Abbondio: il moto violento della storia

PORDENONE – Luciano Canfora,  noto filologo classico e antichista, a pordenonelegge ha presentato il suo ultimo libro, “La scopa di don Abbondio: il moto violento della storia uscito il 20 settembre per le edizioni Laterza, in cui legge in modo critico, le “rivoluzioni” che caratterizzano la fine del Novecento e l’inizio di questo secolo. L’esaurirsi dell’idea di una “rivoluzione” induce immancabilmente a creare le condizioni per una nuova scossa: di quelle che a don Abbondio apparivano come salutari colpi di spugna.

Canfora è professore emerito all’ Università di Bari. Ha al suo attivo, oltre che numerose collaborazioni giornalistiche e culturali, uno sterminato numero di saggi e studi nelle materie storiche. In questo suo testo riprende un lascito verbale di Mao al momento della morte – l’ uomo può abbattere le montagne – e la speranza che ad ogni periodo oscuro della storia – ne abbiamo vissuti tanti e ne stiamo vivendo uno tragicamente ridicolo – segue poi una rivoluzione non sanguinosa ma decisiva a spazzare via quelli che rallentano od impediscono il normale flusso della storia. Il suo andamento può sprofondarci in deprimenti bassure o innalzarci verso affrettate illusioni. Tra il fatalismo persuaso dell’eterno ritorno e il l’ottimismo degli assertori di inarrestabili ‘sorti progressive’- quelle su cui ironizzava Leopardi – la lezione che ci viene dalla storia è che, dopo l’esaurirsi di una ‘rivoluzione’, maturano immancabilmente le condizioni per una nuova scossa: di quelle che a don Abbondio apparivano salutari colpi di scopa.

Il presente vicino al passato delle invasioni barbariche

“ Il saggio – racconta Canfora – è nato , prima delle ultime elezioni ,  a margine di un seminario molto accanito sul tema dell’utopia sostenibile in cui si sono scontrate una visione liberale che non trova un senso della storia e chi , come me, ha ritrovato in alcune pagine di Guerra e pace di Tolstoj la concezione della storia come un moto costante”.  In questa prospettiva possiamo leggere il presente come un momento molto vicino all‘epoca delle grandi migrazioni barbariche : gli Unni dalla Pannonia, spinti da popolazioni mongoliche, arrivano in Occidente. Dalle migrazioni è nata la modernità . Siamo di fronte a un fenomeno di questo genere ? “Il problema è- dice Canfora – che non lo sappiamo fronteggiare: come il pugile tracio di Demostene, oratore greco, che  é sulla difensiva e non ha una tattica precisa così non sappiamo affrontare a lungo termine questo problema : procediamo a vista senza un disegno generale. Avremmo il compito di coinvolgere e non di respingere”.

Il disordine attuale è conseguenza delle nostre ingiustizie

“Siamo noi – spiega Canfora – ad avere messo il mondo a soqquadro, con profonde ingiustizie, dopo la conclusione della seconda guerra mondiale ed ora la situazione si sta aggravando perchè le dirigenze politiche sono orientate in senso egoistico : il muro in Messico è un esempio, in senso ottuso,  di chiusura della realtà .  Per fortuna che prima del precipizio ci si ferma come è accaduto tra Stati Uniti e Corea del Nord ,  ma manca un ‘idea fondante. Forse, proprio per il movimento sinuoso della storia,  si andrà verso un nuovo equilibrio, ma è triste constatare l’assenza di una leadership positiva, soprattutto in Europa”.

Il tema delle iniquità

Un tema caro a Canfora è quello delle iniquità sociali  che sono alte e potenti, ma non è detto che non possano essere abbattute. E in effetti lo sono state anche se altre ingiustizie nel corso dei secoli, ed anche in quelli nostri, ne hanno occupato il posto. Ma anche queste cadranno sotto i colpi di zappa di una rivoluzione che per essere vera ha da essere permanente. Lo insegna Pietro Nenni, ma lo insegnano anche i tremila anni di storia che possiamo dire di conoscere in cui l’uguaglianza è stata come l’istinto primario della fame , insopprimibile.

 

Alessandra Pavan

 

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