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Loredana Lipperini, ”Le scelte editoriali sono sempre meno progettuali”

A fronte del calo di lettori, mancano progetti editoriali e scelte che mirino a ottenere risultati sul lungo termine. È quello che pensa Loredana Lipperini, giornalista, scrittrice, conduttrice radiofonica – è fra le voci di Fahrenheit, il programma di Radio 3 – e blogger – è una sua creazione Lipperatura, blog dedicato alla letteratura e ai libri. Nell'intervista, Loredana Lipperini parla della sua attività e analizza il panorama editoriale italiano...

La conduttrice di Fahrenheit parla di libri e commenta la situazione del panorama letterario italiano

MILANO – A fronte del calo di lettori, mancano progetti editoriali e scelte che mirino a ottenere risultati sul lungo termine. È quello che pensa Loredana Lipperini, giornalista, scrittrice, conduttrice radiofonica – è fra le voci di Fahrenheit, il programma di Radio 3 – e blogger – è una sua creazione Lipperatura, blog dedicato alla letteratura e ai libri. Nell’intervista, Loredana Lipperini parla della sua attività e analizza il panorama editoriale italiano.

Come nasce la sua passione per i libri e la lettura?
È una passione che nasce in tenera età, senza una precisa ragione. Non sono nata in una famiglia di lettori, se si intende il termine nel senso di “lettori classici”: in casa mia andavano i gialli e Topolino. In seguito, nell’adolescenza, ho incontrato una cara amica che era invece una lettrice forte e mi ha contagiata con il suo amore per i libri. Devo dire che avevo anche un’ottima insegnante di lettere: a quei tempi, ci faceva studiare un autore come Sanguineti, che negli anni Settanta era un contemporaneo assoluto.
Una delle letture che più mi ha segnato, quando ero quattordicenne, è stata “Un albero cresce a Brooklyn”, ristampato non molto tempo fa da Neri Pozza. Questo libro è stato molto sottovalutato, ma ha rappresentato allora una sorta di romanzo di formazione per giovani lettrici. È la storia di una bambina che cresce nella parte più povera di Brooklyn, e racconta a sua volta di una passione per la lettura, nata pur in una situazione di estrema povertà.

Blogger, scrittrice, conduttrice di Fahrenheit: quali di queste attività inerenti al modo della letteratura la attrae di più?
Sono attività complementari, due momenti, due stati d’animo diversi. Quando si scrive si è da soli, e proprio la solitudine è uno degli aspetti più affascinanti della scrittura. Per quello che riguarda la radio, invece, ovviamente si è di continuo in interazione con altre persone , che siano le persone con cui si dialoga a proposito di libri o che siano gli spettatori. Per me si tratta comunque di mondi inscindibili, perché sono nata quasi contemporaneamente come lettrice e come conduttrice: in radio ho cominciato giovanissima, a diciotto anni ho iniziato a lavorare a Radio Radicale.

La letteratura rosa ha acquisito quote all’interno del panorama letterario. Secondo lei è un fenomeno momentaneo dovuto al successo delle “Cinquanta sfumature” o c’è qualcosa di più profondo dietro a questa tendenza?
La letteratura rosa è sempre stata il punto forte della produzione editoriale italiana. Una casa editrice come Harmony non ha mai venduto meno di 8/10 mila copie per titolo. La tendenza alla letteratura sentimentale è tutt’altro che nuova, e questo si spiega con una ragione fondamentale: nel nostro Paese, le donne sono quelle che leggono di più. In Italia c’è sempre stata un’amplissima fetta di lettrici che ha guardato con interesse a questo genere. Non vedo nulla di sorprendente nel successo di E.L. James: la storia delle “Cinquanta sfumature” è sostanzialmente la storia di una Cenerentola. Mi ricordo che quando uscì “Va’ dove ti porta il cuore”, che all’epoca ebbe un picco di vendite clamoroso, i critici commentarono, dati alla mano, che il pubblico dei lettori di quel libro attingeva molto al pubblico dei romanzi rosa. Ma in tutto questo non c’è niente di male, a patto di non ritenere che l’editoria debba puntare solo ed esclusivamente su questo.

Internet, radio, tv, giornali: qual è oggi il media migliore per la promozione della lettura e dei libri?
È molto difficile rispondere  questa domanda. I dati di vendita delle classifiche ci dimostrano che i libri che hanno avuto un passaggio televisivo, particolarmente in alcune trasmissioni, una su tutte quella di Fazio, hanno ottime chances. La funzione dei giornali a mio parere resta importante, perché sui giornali c’è la possibilità di avere un approfondimento critico e c’è una selezione di titoli. Quanto a Internet, sono sempre stata convinta che i blog, il passaparola, la riflessione comune possano essere un veicolo superiore agli altri mezzi. Ultimamente però comincio ad avere qualche dubbio: i social media sono molto più dispersivi degli altri, e non è detto che uno scrittore che ha centinaia di followers su facebook poi sia davvero letto. Questa foga all’autopromozione mi sembra un po’ una bolla. La verità è che si legge sempre meno: più della metà degli italiani non legge nemmeno un libro all’anno.

Che ne pensa della situazione della cultura in Italia? Come commenta i dati secondo cui i lettori forti sono in calo?
Non si può dare un giudizio netto, perché si tratta di una situazione in cambiamento, bisogna stare a vedere che cosa accade. Di certo si è contratto il tempo dedicato alla letteratura, e questo vale anche per i lettori forti: ci sono tante altre attività che impiegano, anche piacevolmente, il nostro tempo. D’altro canto un rilievo va fatto sulle scelte editoriali, che sono sempre meno progettuali e sempre più tese  a catturare l’interesse del non-lettore o del lettore occasionale. In questo modo si rischia però di non ottenere risultati: le “Cinquanta sfumature” avranno anche venduto milioni di copie, ma non è detto che le decine di titoli che vanno a rimorchio di queste vendano altrettanto. Il lettore che cerca altre storie potrebbe essere saturato da questo tipo di libri. E difatti vedo che sono sempre più le persone che tornano ai classici, quelli che si allegavano ai quotidiani qualche anno fa.

Il calo dei lettori può dipendere anche dalle scelte degli scrittori, se sono sensibili o meno a tematiche di attualità?
In questo momento si sta verificando un fenomeno per cui le case editrici chiedono agli autori di scrivere su commissione, e la scelta di assumersi questo incarico da parte di questi ultimi è comprensibilissima: chi trae dalla scrittura il proprio sostentamento ha pieno diritto di aderire a tale richiesta. Certamente però questo comporta dei problemi, perché non si vanno a esplorare territori nuovi. Non parlerei quindi tanto di una responsabilità degli scrittori quanto di scelte che non guardano più al lungo termine. Il progetto editoriale è qualcosa che comincia a latitare, salvo poche e fondamentali eccezioni. Il secondo tipo di problema è che si spingono gli autori a scrivere tanto, almeno un libro all’anno, e non tutti hanno questo ritmo. Si punta più sulla quantità che sulla qualità.

Ci può anticipare di cosa parlerà il suo prossimo libro?
Il libro dovrebbe uscire a gennaio e si intitola “Di madri ce n’è più d’una”. Si colloca sulla scia dei precedenti, “Ancora dalla parte delle bambine” e “Non è un paese per vecchie”, ed è un’inchiesta giornalistica su quello che in genere è l’immaginario del materno in Italia.

 

25 settembre 2012

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