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“L’infinito” di Leopardi tradotto con gli emoji

Dopo le avventure di Pinocchio e la Costituzione italiana, all'Università di Macerata hanno riscritto "L'infinito" di Leopardi con il codice delle faccine

Una clessidra e il simbolo dell’infinito, un uomo in piedi a rappresentare “L’io poetico” soggetto della poesia, due faccine piene di cuori, una mano con l’indice rivolto verso il basso, una montagna e il volto di un neonato, un deserto: ecco il primo verso del “L’infinito” di Leopardi tradotto in emojitaliano, la lingua delle faccine inventata da tre ricercatori italiani.

Tradurre la poesia

Francesca Chiusaroli (Università di Macerata), Johanna Monti (Orientale di Napoli) e Federico Sangati (ricercatore indipendente) sono riusciti a superare un’altra sfida. Come per le opere precedenti, un grande contributo all’attività di ricerca è stato dato da #scritturebrevi, un gruppo di utenti di Twitter che aiuta nella selezione dei pittogrammi da utilizzare e sulla traduzione di frasi o singole parole. 

La prima difficoltà da affrontare è stata trovare i pittogrammi per ogni concetto espresso nella poesia originale. “Cosa non sempre facile – racconta la docente Francesca Chiusaroli in un’intervista rilasciata a Repubblica –  benché oggi il repertorio di emoji messo a disposizione da Unicode sia molto consistente e variegato”, ma la vera sfida è stata restituire la bellezza del linguaggio poetico in ogni suo aspetto, dalla struttura della frase all’estetica degli emoji scelti.

“Volevamo costruire l’Emojitaliano poetico, senza però snaturare la struttura della nostra lingua”, continua Chiusaroli. “Nella scelta degli abbinamenti tra emoji e parole, abbiamo quindi lavorato, come sempre, sul significato, operando sul piano della metafora e delle altre figure linguistiche per la trasposizione dei significati sia astratti che concreti”. Così la figura del pianeta traduce la parola ‘sovrumani’, mentre la clessidra e il simbolo dell’infinito traducono rispettivamente ‘sempre’ e ‘infinito’.

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Il problema della sintassi

Trovate le soluzioni per le corrispondenze, un altro problema ha riguardato la sintassi. “Dovevamo decidere se seguire quella del testo leopardiano o se sacrificarla in nome della nostra, che, per risultare leggibile a tutti, è rigidamente strutturata sull’ordine Soggetto-Verbo-Oggetto”, spiega la professoressa. “Abbiamo scelto la seconda opzione perché le nostre traduzioni non vogliono sostituirsi all’originale, ma piuttosto condurre il lettore all’originale. Così d’altronde accade con ogni lingua, si pensi alle traduzioni in inglese delle opere italiane. Abbiamo tuttavia dimostrato che la nostra lingua può essere applicata a qualsiasi testo, dalla prosa alla poesia, e che la sua grammatica regge. È un risultato grandissimo”.

I nuovi pittogrammi

Dal lavoro svolto su Pinocchio e la Costituzione italiana sono cambiate molte cose: la lingua degli emoji si modifica con il tempo, ogni sei mesi vengono introdotti circa duecento nuovi pittogrammi e ad oggi la collezione è arrivata a contenere più di tremila icone. Questa continua evoluzione comporta nuove forme di traduzione, ad esempio il verbo “sentire” prima era tradotto con il simbolo di un orecchio, oggi con  quello delle cuffie. 

“L’infinito”

La poesia di Leopardi è tra le più note e tradotte al mondo. La nuova traduzione con gli emoji si aggiunge alle altre 26 versioni esistenti, insieme alle quali sarà esposta nelle Sale Antiche della Biblioteca Comunale Mozzi-Borgetti di Macerata, in occasione dell’esposizione “L’Infinito. Un racconto per immagini e documenti”, allestita dalla Cattedra di Leopardi dell’Università di Macerata e visitabile fino al 16 aprile.

“L’infinito”

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quïete
Io nel pensier mi fingo, ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.

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