Lo scrittore neozelandese Anthony McCarten, già noto per le sue sceneggiature da Oscar — “La teoria del tutto”, “L’ora più buia” e “I due papi” — questa volta si sposta nel campo della narrativa tira fuori dal cilindro un libro che unisce ritmo incalzante, intelligenza narrativa e visione distopica alla Orwell. In un’epoca in cui la sorveglianza digitale è diventata una realtà quotidiana, “Zero” — titolo originale “Going Zero” — non sembra però essere così lontano dal presente.
“Zero” di Anthony McCarten: il grande fratello siamo noi
Arriva all’improvviso e spiazza come una meteora. Un thriller adrenalinico, tecnologico e dannatamente attuale che mette in discussione ciò che di più intimo pensavamo di avere: la nostra identità.
Un libro che brucia come un algoritmo impazzito
“Zero” è un romanzo che si legge tutto d’un fiato. L’impianto narrativo è costruito con abilità cinematografica, ogni capitolo termina con un cliffhanger e ogni pagina genera ansia. Ma non è solo intrattenimento: è anche un’opera che mette il dito nella piaga della nostra società iperconnessa, dove la libertà si misura in termini di dati concessi e dipendenza da Internet.
Il New York Times Book Review, per esempio, lo definisce “Crackling … Shimmers with alarming portents about the state we find ourselves in”, ovvero un romanzo “scoppiettante”, che “brilla di presagi allarmanti sulla condizione in cui ci troviamo”. Non è difficile cogliere il riferimento all’attualità: “Zero” si muove sul filo del rasoio, tra finzione e realtà, mescolando speculazione e denuncia.
Anche Booklist, che ha assegnato al romanzo una starred review, parla di “Zero” come di un “speculative-fiction classic […] a thriller you can gobble down with a bucket of popcorn, and also feel smarter for having read”. Un romanzo, insomma, che si beve come un film d’azione ma che lascia il cervello in ebollizione.
E, una volta terminato, si esce dalla lettura con più dubbi di quanti se ne avevano all’inizio. Un romanzo che resta, che spinge alla riflessione, che non potrete non tenere su una mensola e rileggere ogni tanto, andando avanti negli anni, con un po’ di nuova consapevolezza — come “1984”.
30 giorni per scomparire
Il punto di partenza di “Zero” è semplice e inquietante: dieci cittadini americani vengono selezionati per partecipare a un esperimento di sorveglianza. L’obiettivo? Scomparire. Hanno trenta giorni per eludere un potentissimo sistema di tracciamento chiamato Fusion, ideato dal genio della Silicon Valley Cy Baxter in collaborazione con la CIA.
I partecipanti, sorvegliati da squadre speciali incaricate di catturarli, devono azzerarsi: niente cellulari, niente carte, niente contatti. Solo chi riesce a battere Fusion otterrà il premio di tre milioni di dollari. Per Cy Baxter, invece, la posta in gioco è ancora più alta: un contratto da 100 miliardi con il governo e la legittimazione definitiva di un’idea che potrebbe cambiare per sempre la libertà individuale.
Tra tutti, una partecipante spicca su tutti gli altri: Kaitlyn Day, bibliotecaria apparentemente innocua, che si rivelerà una figura ben più complessa e imprevedibile, mossa da una motivazione profonda che va oltre il denaro. Chi è davvero Kaitlyn? E perché è pronta a rischiare tutto per sconfiggere Baxter?
I confini del controllo: tra Orwell e Black Mirror
Innegabile il richiamo a “1984” di George Orwell, ma anche alle atmosfere di Black Mirror, serie cult degli ultimi anni.
La figura di Cy Baxter, con il suo carisma freddo e la fede assoluta nell’efficienza degli algoritmi, è un villain che inquieta proprio perché somiglia molto a certi leader delle Big Tech che popolano il mondo reale.
Ma il vero cuore del romanzo è Kaitlyn. La sua evoluzione è forse l’elemento più riuscito: parte come preda, diventa predatrice. Le sue motivazioni si rivelano poco a poco…
Come scrive The Strand Magazine, si tratta di un’opera “truly stellar […] bone-chilling insights about big data and our vanishing privacy”; tradotto: “davvero straordinaria, con intuizioni da brividi sull’era dei big data e sulla nostra privacy che si dissolve”.
Un esperimento narrativo riuscito
Anthony McCarten riesce nel non facile intento di scrivere un romanzo che tiene insieme l’intrattenimento puro e la riflessione etica. Non si limita a criticare la sorveglianza, ma costruisce un mondo in cui la fiducia nel sistema viene corrotta dall’interno, e ogni personaggio si muove con una maschera che, prima o poi, sarà costretto a calare.
Un thriller che unisce azione e cervello
“Zero” di Anthony McCarten è un romanzo che incolla alle pagine e scuote le coscienze.
Tra droni, app, finti account, hacker e tracciamenti biometrici, ci ricorda che non serve un regime autoritario per perdere la propria libertà: basta accettare, ogni giorno, qualche piccola rinuncia in nome della comodità.