Viva le librerie indipendenti, laboratori per il futuro

27 Giugno 2025

Nonostante le difficoltà, molte librerie indipendenti continuano a sperimentare provando a immaginare un altro modo di leggere, parlare, vivere i libri. Ne abbiamo parlato con Giulio Ravizza, autore del libro "Anche se proibito".

Viva le librerie indipendenti, laboratori per il futuro

In Italia, negli ultimi anni, le librerie indipendenti hanno continuato a chiudere silenziosamente. Secondo i dati forniti da ALI Confcommercio, solo nel 2023 sono scomparse 123 librerie, molte delle quali realtà piccole, radicate nei territori e fuori dalle grandi catene.

La tendenza non è nuova, ma oggi assume un significato più profondo: non stiamo perdendo solo dei negozi, ma interi presìdi culturali. Spazi che per decenni hanno garantito pluralismo, bibliodiversità, accesso alla cultura anche nei quartieri periferici e nei centri storici delle province.

Perché le librerie indipendenti chiudono

A causare queste chiusure è un mix di aumento dei costi di gestione, margini sempre più risicati, calo dei lettori abituali, concorrenza dei giganti dell’e-commerce, ma anche politiche pubbliche spesso insufficienti. L’Italia investe ancora troppo poco sul libro come bene comune, e le librerie indipendenti restano escluse dai circuiti promozionali, dai grandi eventi editoriali e dalle campagne di comunicazione nazionali.

Eppure, proprio in questo scenario, le librerie indipendenti stanno dimostrando una resilienza straordinaria. Molte si reinventano come centri culturali, spazi per laboratori, reading, incontri con autori e attività per bambini. Proprio mentre qualcuno scrive il loro necrologio, le librerie indipendenti continuano a essere laboratorio di futuro: perché non rincorrono il mainstream, ma provano a immaginare un altro modo di leggere, parlare, vivere i libri.

Per approfondire perché chiudono le librerie indipendenti leggi questo articolo

L’importanza delle librerie indipendenti per la promozione dei libri: l’esperienza di Giulio Ravizza

In questo contesto, molti autori hanno iniziato a invertire la rotta, decidendo di portare i propri libri proprio lì, tra le mani dei librai che non fanno stock ma fanno scelte. Tra questi c’è Giulio Ravizza, autore del romanzo “Anche se proibito. La folle impresa di Igor V. Savitsky“. Di questo tema parliamo proprio con lui.

In un tempo in cui l’online, con i suoi dati, sa dare ottimi consigli di lettura, quale può essere il ruolo delle librerie indipendenti?

L’online mi propone solo quello che già conosco e che già mi piace. Questo mi porta solo a chiudermi nella mia bolla di idee uguali, posture mentali uguali, linguaggi uguali. Le librerie indipendenti offrono incontri, resistenza, possibilità. Una libreria indipendente è un presidio umano, culturale, a volte anche politico. È il contrario dell’algoritmo: un libraio ti guarda negli occhi, ascolta cosa cerchi, cosa ti manca, cosa ti fa bene. La libreria indipendente è uno dei pochi posti in cui puoi ancora fare un’esperienza di senso, anche senza comprare nulla.

Pensi che realtà così piccole possano incidere davvero?

Le librerie indipendenti non cambiano il mondo con una fiammata, ma lo modificano un lettore alla volta. Lo fanno in silenzio, senza algoritmi, spesso anche senza budget. Le librerie fanno lo stesso: non gridano, ma resistono. E quella resistenza, col tempo, sedimenta. Costruisce qualcosa. Semina.

Hai una libreria indipendente preferita?

Frequento quelle di Milano perché ci abito e, quando mi sposto, faccio in modo di fare sempre una visita alla libreria di questo o quel paese. In questi giorni sto seguendo con affetto anche l’avventura di Giuseppe Quattrocchi (su Instagram, gatsby_books), che sta allestendo una libreria da sogno nella sua Catania.

Cosa ti lascia ogni volta che entri in una libreria indipendente?

La sensazione che esistono luoghi dove le storie non sono solo merce, ma relazione. Dove si vendono libri sono considerati libri e non oggetti di carta. Dove non si viene spinti a comprare, ma invitati a pensare. Se non è rivoluzionario questo…

Il tuo romanzo racconta la storia di Igor Savitsky, che salvò migliaia di opere d’arte messe al bando dal regime sovietico. Cosa rappresenta per te questa storia e perché, nel mondo editoriale è legata a doppio filo con le librerie indipendenti?

Le librerie indipendenti e l’arte senza il visto della censura hanno un elemento comune: sono un monumento al pensiero minoritario. Sono espressione di chi non si lascia schiacciare da una narrazione unica – che sia quella di un regime, della moda, del buon senso comune – e continua a chiedersi cosa sia giusto, cosa sia meglio, cosa sia da cambiare.

Igor Savitsky ha rischiato tutto per salvare l’arte che non doveva più esistere. E i librai indipendenti, oggi, portano avanti una missione simile: rendere visibili storie, voci, punti di vista che altrimenti sparirebbero nel rumore di fondo del mercato. In un’epoca che semplifica, loro mostrano la complessità delle cose. In un’epoca che intrattiene, loro fanno riflettere. In un’epoca post ideologica, loro danno nuove idee. E questo è esattamente ciò che serve.

 

© Riproduzione Riservata