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Lia Messina, “Nel mio libro rifletto sull’ambivalenza dei rapporti umani”

L’autrice catanese parla del suo ultimo libro “Morivamo di freddo”, opera in cui si racconta la vita di quattro amici che scopriranno che nessuno di loro conosceva davvero gli altri

MILANO – Una serie di riflessioni sull’amicizia, sull’invidia, sull’ambivalenza dei rapporti umani prendendo spunto da un fatto di cronaca nera. Parte da questo il nucleo della storia del nuovo libro di Lia Messina “Morivamo di freddo”, opera in cui si racconta la vita di quattro amici, due coppie che, attraverso due tragedie e con il passare del tempo, scopriranno che nessuno di loro conosceva davvero gli altri. Curatrice di diversi blog, e autrice già di diverse pubblicazioni tra cui Più avanti di qualche passo (Città del Sole Edizioni, 2013), Marmellata d’arance (Edizioni Arianna, 2013), Gli anni d’argento (Algra, 2015) e Favole a colori (Algra, 2015), in questa intervista Lia Messina ci anticipa alcuni dei contenuti della sua ultima fatica letteraria.

 

Come nasce l’dea di questo tuo nuovo libro?

L’idea di Morivamo di freddo nasce in un modo molto particolare. Un fatto di cronaca nera, un delitto (un omicidio), mi ispirò anni fa alcune riflessioni sull’amicizia, sull’invidia, sull’ambivalenza dei rapporti umani. Immaginai, a partire da quel fatto cruento, una serie di conseguenze, di sconvolgimenti nelle vite delle persone che gravitavano intorno alla vittima dell’omicidio. L’embrione della storia che racconto nel romanzo nacque a partire da quelle riflessioni.

 

La storia raccontata è ispirata alla realtà o è frutto dell’immaginazione?

In realtà nulla di quel fatto di cronaca entra poi nella storia che narro, c’è un solo punto di contatto: una persona molto stimata e carismatica viene uccisa con un colpo d’arma da fuoco da un anziano impazzito che si è barricato in casa. Non so perché, forse per la brillante carriera che lo sfortunato protagonista del fatto di cronaca aveva alle spalle, un rosario di successi, mi venne in mente che qualcuno, tra i tanti, tantissimi che esprimevano dolore e commozione per la disgrazia (anche sul web), doveva forse fare i conti con l’invidia che aveva provato per quella persona così brillante, con una vita apparentemente così perfetta. Tutto il resto è venuto da solo, man mano che la storia si dipanava e accanto ai personaggi di Guido e Mauro, amici fin da bambini, si affacciavano Sandra e Loredana, e poi Enrico, figlio di Mauro e Sandra, con il suo harem, come lui stesso lo chiama, con i suoi problemi affettivi.

 

La storia che racconti è unitaria ma in ogni capitolo l’attenzione si focalizza su uno o alcuni personaggi. Cosa lega ogni personaggio agli altri?
Mauro e Guido sono due medici, legati da un’amicizia che nasce sui banchi della scuola elementare. Non si perdono mai di vista, sono sempre insieme. Non faccio anticipazioni sul lato oscuro di questo legame. Sandra e Loredana sono le mogli, rispettivamente, di Mauro e di Guido. Sono amiche e colleghe anche loro, due insegnanti. E poi c’è Enrico, il figlio di Mauro e Sandra, un ragazzo per il quale crescere è stato difficile. Lo è sempre, ma per Enrico, come scoprirà chi vorrà leggere il romanzo, lo è stato in modo particolare. La morte di Guido mette in moto un meccanismo che rivela quanto possono esserci sconosciute le persone che sentiamo più vicine e delle quali crediamo di sapere tutto.

 
Sei affezionata in modo particolare uno dei personaggi?
No, li amo tutti. Ognuno per una ragione diversa: Mauro perché è introverso, Guido perché è solare, Sandra perché è stabile e rasserenante, Loredana perché è una perfezionista consapevole dei suoi limiti, Enrico perché è giovane, è sopravvissuto a due tragedie e se a volte si comporta in modo odioso riesco a perdonarlo.

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