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“Lettere a Theo”, viaggio alla scoperta della sensibilità di Vincent Van Gogh

Vincent Van Gogh è uno dei pittori più famosi e amati di sempre. Ammirare le sue opere significa guardare il lavoro di un genio assoluto. Leggere le sue "Lettere a Theo" è un'esperienza unica, vuol dire immergersi in una sensibilità fuori dal comune, scoprendo l'uomo oltre l'artista.

«Caro Theo, grazie della tua lettera, sono contento di sapere che sei arrivato bene. Mi sei mancato i primi giorni e mi sembrava strano tornare a casa di pomeriggio e non trovarti».

Iniziano così le “Lettere a Theo“, una delle opere più belle che possiate regalare e regalarvi. In questo epistolario, che comincia con il più semplice e tenero dei saluti, Vincent Van Gogh si racconta al caro fratello Theo e tiene vivo il legame che è uno dei più forti e sinceri della sua vita solitaria e poco felice. Nato il 30 marzo 1853 a Zundert, Paesi Bassi e scomparso il 29 luglio 1890 a Auvers-sur-Oise, Francia, scopriamo il contenuto e l’unicità di questo libro.

“Le lettere a Theo”

Delle 820 lettere scritte da Van Gogh nell’arco della sua breve esistenza ben 651 sono indirizzate al fratello Theo: il primo a comprenderne il talento e a incoraggiarne la vocazione, e il solo che non gli negò mai l’indispensabile sostegno morale e finanziario. Pochi artisti hanno rivelato così tanto di sé stessi nei propri scritti.

Lettera dopo lettera, il toccante scambio epistolare fra Vincent e l’amato Theo, non solo fratello, ma amico e confidente, delinea la parabola di un genio inquieto e originalissimo e getta luce sulla sua vita e sulla sua personalità: i rovelli della fede, la strenua ricerca di un amore corrisposto, l’ansia di veder riconosciuto il proprio lavoro, il timore e la conferma della follia.

Nella loro immediatezza e profondità emotiva, le “Lettere a Theo” (1872-1890) compongono un ricchissimo diario, un eccezionale documento umano e artistico, e un’avvincente autobiografia che si è conquistata a pieno titolo il rango di classico moderno della letteratura.

Corrispondenze preziose

Nelle “Lettere a Theo” scoprirete un Van Gogh dall’umore altalenante. Conoscerete da vicino i momenti di gioia pura, condivisi con l’affetto di sempre, e quelli di forte sconforto. Leggerete pagine di profonde riflessioni sulla vita e dolci consigli pensati per accudire anche a distanza un fratello minore tanto amato.

«Sai tu ciò che fa sparire questa prigione? È un affetto profondo, serio. Essere amici, essere fratelli, amare spalanca la prigione per potere sovrano, per grazia potente».

Le “Lettere a Theo” sono un meraviglioso esempio di come non solo la scrittura abbia una valenza salvifica ed esorcizzante, ma anche di come l’amore salvi le nostre vite, in ogni sua forma, che si tratti di un fratello, di un figlio, di un compagno di vita, di un amico. E l’arte, che si nutre di cose belle, è specchio dell’amore.

La grandezza di Van Gogh

La grandezza di un artista è direttamente proporzionale ai suoi tormenti, questo è ciò che abbiamo imparato nel corso dei secoli, in tutti i campi della cultura. Anche Vincent Van Gogh soffrì molto, e lo possiamo dedurre non solo dalla sua vita, ma anche dalla profondità delle sue opere e dalle sue lettere.

In particolare, è la solitudine che ha accompagnato il pittore per tutta la vita «Uno ha un grande fuoco nell’anima e nessuno viene mai a scaldarsi, i passanti non scorgono che un po’ di fumo in cima al comignolo e se ne vanno per la loro strada» così scrisse al fratello, unico affetto sincero e destinatario delle “Lettere a Theo” che racchiudono l’anima e la sensibilità di Vincent Van Gogh.

Il pittore olandese lasciò Parigi nel 1888 e si recò ad Arles per trovare un po’ di pace da quell’angoscia che lo tormentava. I suoi tormenti furono proprio la sua condanna, i continui disagi che incontrava nel relazionarsi con le persone non davano modo di mostrare l’amore che nutriva nel suo cuore. Una sensibilità tramutata in sofferenza, a sua volta tramutata in arte.

Amore per le stesse persone che non riusciva a raggiungere, per quella vita che gli voltava le spalle per la natura che tanto lo consolava. Era un amore, quello di Van Gogh, incompreso e non ascoltato che finì per bruciarlo. «Se si ha del fuoco nelle vene e un’anima non si possono nascondere, ed è meglio bruciarsi che soffocare. Perché quel che è dentro di noi deve venir fuori».

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