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“L’etica del viandante”, in libreria il nuovo saggio di Umberto Galimberti

Dal 5 settembre è in libreria "L'etica del viandante", il nuovo saggio di Umberto Galimberti dedicato al percorso dell'uomo contemporaneo e al suo essere "nomade".

Umberto Galimberti torna in libreria con “L’etica del viandante“, un interessante saggio rivolto a chiunque sia interessato all’universo etico e tecnico che ci circonda. Nel suo nuovo libro, il celebre intellettuale di Monza ci porta alla scoperta di una nuova concezione dell’essere umano, il “viandante”.

“L’etica del viandante”, la sinossi

L’Occidente ha due radici: il mondo greco e la tradizione giudaico-cristiana. Per quanto dischiudano orizzonti completamente diversi, entrambi descrivono un mondo dotato di ordine e stabilità. Ma noi viviamo nell’età della tecnica. È finito l’incanto del mondo tipico degli antichi. È finito anche il disincanto dei moderni, che ancora agivano secondo un orizzonte di senso e un fine.

La tecnica non tende a uno scopo, non apre scenari di salvezza, non svela la verità: la tecnica funziona. L’etica, come forma dell’agire in vista di fini, celebra la sua impotenza. Il mondo è ora regolato dal fare come pura produzione di risultati.

L’unica etica possibile, scrive Umberto Galimberti, è quella del viandante. A differenza del viaggiatore, il viandante non ha meta. Il suo percorso nomade, tutt’altro che un’anarchica erranza, si fa carico dell’assenza di uno scopo. Il viandante spinge avanti i suoi passi, ma non più con l’intenzione di trovare qualcosa, la casa, la patria, l’amore, la verità, la salvezza.

Cammina per non perdere le figure del paesaggio. E così scopre il vuoto della legge e il sonno della politica, ancora incuranti dell’unica condizione comune all’umanità: come l’Ulisse dantesco, tutti gli uomini sono uomini di frontiera.

Oggi l’uomo sa di non essere al centro. L’etica del viandante si oppone all’etica antropologica del dominio della Terra. Denuncia il nostro modello di civiltà e mette in evidenza che la sua diffusione in tutto il pianeta equivale alla fine della biosfera. L’umanesimo del dominio è un umanesimo senza futuro.

Il viandante percorre invece la terra senza possederla, perché sa che la vita appartiene alla natura. Così ci guida Galimberti: “L’etica del viandante avvia a questi pensieri. Sono pensieri ancora tutti da pensare, ma il paesaggio da essi dispiegato è già la nostra instabile, provvisoria e incompiuta dimora”.

Nell’età della tecnica non comprendiamo più il mondo a partire da un senso ultimo. La storia non è più inscritta in un fine. L’unica etica possibile è quella che si fa carico della pura processualità: senza meta, come il percorso del viandante.

L’epoca dell’uomo-viandante

Nell'”Etica del viandante”, Umberto Galimberti ci fa riscoprire le nostre radici per condurci verso l’acquisizione di una nuova consapevolezza: nell’epoca in cui tutto è fluido e nulla è certo fuorché la tecnica, l’essere umano non può né essere radicato a qualcosa, né costituire il modello del viaggiatore straniero, che parte da un luogo noto per giungere e fermarsi in uno nuovo. L’uomo è viandante. Il suo percorso è incompiuto e provvisorio, senza meta alcuna.

Eppure, spiega Galimberti con il suo “L’etica del viandante”, non per questo è senza scopo. Oggi, l’uomo sa di non essere al centro dell’universo, sa che non ci sono strade sicure da intraprendere, però sa. E questa consapevolezza è ciò che lo salva da un’erranza priva di finalità alcuna.

Umberto Galimberti

Nato il 2 maggio 1942 a Monza, Umberto Galimberti è un filosofo, accademico e psicoanalista italiano, nonché giornalista di La Repubblica. Esponente della psichiatria fenomenologica, oltre ad aver rivisitato e reinterpretato, in maniera originale e con taglio interdisciplinare, autori, momenti e aspetti del pensiero filosofico e della cultura in generale, il suo maggior contributo riguarda lo studio del pensiero simbolico inteso come la base primeva e più autentica della psiche umana, a cui seguirà poi quello logico-metafisico e razionale.

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