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Leardini, ”Falcone ha tracciato la via per eliminare lo stretto legame tra economia e mafia”

Ora che il credito per le imprese è congelato, per molti imprenditori ricorrere ai prestiti a strozzo è l'ultima risorsa prima di chiudere, e questo alimenta il giro di capitali non trasparenti. A ciò si aggiunge che in un mercato aperto come il nostro, il controllo dei flussi di denaro, provenienti anche dall'estero, è sempre più difficile. Questo emerge dall'analisi di Federico Leardini, giornalista finanziario di Sky TG24...
Nell’anniversario della morte del grande magistrato, il giornalista finanziario di Sky TG24 spiega come sia cambiato rispetto ai tempi del Maxiprocesso e come si alimenti oggi il giro di affari delle mafie

MILANO – Ora che il credito per le imprese è congelato, per molti imprenditori ricorrere ai prestiti a strozzo è l’ultima risorsa prima di chiudere, e questo alimenta il giro di capitali non trasparenti. A ciò si aggiunge che in un mercato aperto come il nostro, il controllo dei flussi di denaro, provenienti anche dall’estero, è sempre più difficile. Questo emerge dall’analisi di Federico Leardini, giornalista di Sky TG24, che nell’anniversario della strage di Capaci ricorda Giovanni Falcone come un grande esempio per l’Italia.

Quanto vale economicamente il giro di affari delle mafie e quanto pesa sull’economia italiana?
I dati più attendibili sono quelli pubblicati dall’osservatorio di SoS  Impresa, l’associazione Confesercenti nata per difendere gli imprenditori, che evidenziano come nel 2013 sia cresciuto con la crisi il ricorso delle imprese a prestiti che non derivano dai canali tradizionali. Questo è il secondo momento di credit crunch, ovvero il secondo momento in cui il credito per le imprese viene congelato da parte delle banche, in cinque anni. Per le imprese è difficile accedere al prestito bancario, e ciò le porta naturalmente – è sottolineato in tutti i rendiconti annuali di SoS  Impresa –a cercare di finanziarsi attraverso altri canali, in altre parole attraverso il ricorso a prestiti a strozzo. In questo ambiente rientra il giro di affari delle mafie, che registra una crescita considerevole. [Secondo il XIII Rapporto di Sos Impresa la mafia muove un fatturato attorno ai 140 miliardi di euro, con un utile superiore ai 100 miliardi. N.d.R.] Sul versante opposto c’è tutto il lavoro di Confindustria contro la mafia. Chiunque venisse scoperto a trattare con intermediari mafiosi verrebbe immediatamente radiato da Confindustria. Si tratta di misure anche efficaci, ma è evidente che sono insufficienti. Di fatto, per alcuni imprenditori, il ricorso ai prestiti a strozzo è l’ultima risorsa prima di essere costretti a chiudere.

C’è un coinvolgimento delle banche nella gestione di flussi di denaro poco trasparenti?
A questo proposito è interessante analizzare un altro aspetto, anche se non è emerso direttamente in relazione alla mafia italiana – ma tutte le mafie si muovono sostanzialmente attraverso le stesse direttrici. Un esposto presentato al senato americano dai repubblicani la scorsa estate evidenziava come i grandi leader del narcotraffico messicano si siano serviti di banche residenti e operanti negli Stati Uniti per riciclare il loro denaro. Su questo argomento c’è un articolo interessante dell’Observer del giugno scorso, che citava come banca direttamente coinvolta la HSBC, di proprietà per il 50% inglese e per il 50% cinese. Sicuramente però, mi viene da dire, non è l’unica, e credo anzi che si tratti di una pratica abbastanza abituale.  Non trovo neppure che abbia senso fare nomi: in un momento in cui non ci sono a livello internazionale delle regole antiriciclaggio efficaci, che blocchino flussi di capitali di dubbia provenienza, qualsiasi banca può arrivare a gestire quel denaro senza che per questo si possa denunciare, a mio avviso, una sua corresponsabilità.

Nel mercato finanziario, qual è il peso di questi capitali di dubbia provenienza?
Potrebbe risultare interessante, ma non ci sono al momento evidenze di questo tipo dalla Consob, analizzare come i capitali viziosi possano essere entrati nel mercato delle società italiane quotate in borsa, acquistando partecipazioni attraverso conti finanziari creati ad hoc. In un momento in cui moltissime aziende italiane hanno prezzi molto bassi e cercano potenziali acquirenti, chi ha grossi capitali può rastrellare le azioni. E chi dispone di grossi capitali? Chi gestisce flussi non convenzionali di denaro. Questo però, ripeto, è solo un mio ragionamento. Per ora la Consob non ha evidenziato nulla, qualora lo facesse sarebbe assolutamente interessante andare a vedere quali società finanziarie agiscono in questo modo.

Come si potrebbe rimediare a questa situazione?

Una soluzione potrebbe essere premere per lo sblocco dei crediti per le imprese da parte della pubblica amministrazione. Ma se non è ancora stata adottata, evidentemente non è una soluzione così immediata e semplice da raggiungere.  

Com’è cambiata la situazione dai tempi del Maxiprocesso di Palermo a oggi?
C’è un mercato molto più aperto, sicché c’è una maggiore difficoltà a gestire i flussi di capitale che possono provenire dall’estero, anche da mercati che fino a qualche anno fa erano secondari, come il Sudamerica e l’Estremo Oriente, che ora invece entrano con partecipazioni importanti nelle società internazionali – in quelle italiane ancora poco. Ciò impone la necessità di un monitoraggio molto maggiore di questi soggetti, ma non è un compito facile.
C’è tutto l’interesse adesso da parte dei governi a eliminare i paradisi fiscali, non solo perché ci sono grandi evasori, ma perché ci sono molti capitali non trasparenti qui gestiti. I flussi di denaro non trasparenti non transitano immediatamente nei mercati più regolari ma passano prima da qui. Anche questo però è un lavoro lungo e complesso.

Ricorre oggi l’anniversario della morte di Giovanni Falcone. Vuole dire qualche parola in ricordo del magistrato?

È la figura di riferimento per quello che è il primo vero obiettivo di lungo periodo dell’Italia, ossia affrancarsi dal rapporto parassitario della nostra economia e del nostro Stato con la mafia. Falcone ha tracciato la strada. È un personaggio difficile da ricordare, scomodo per alcuni, ma è senz’altro un eroe, romanticamente inteso. Ci sono pochi uomini come lui in Italia. Ma se anche solo un centinaio persone e una decina di associazioni cercassero di seguire la sua traccia, qualche risultato si potrebbe ottenere.

23 maggio 2013

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