“Le donne erediteranno la terra” torna in libreria

3 Dicembre 2025

Un saggio di Aldo Cazzullo che continua a raccontarci molto: “Le donne erediteranno la terra” in una nuova stampa per Oscar Mondadori, perfetta per Natale.

“Le donne erediteranno la terra” torna in libreria

Quando uscì nel 2016 per Mondadori, “Le donne erediteranno la terra” sembrò, più che un titolo, una sfida: l’ambizione — molto italiana e molto civile — di misurare il nostro presente con un’ipotesi concreta. Aldo Cazzullo ci chiede — e si chiede — se il XXI secolo sarà davvero “il secolo del sorpasso della donna sull’uomo”. Quanto siamo disposti a cambiare, nelle istituzioni e nella vita quotidiana?

Questo è un libro che ha continuato a camminare, a essere discusso nelle scuole, nei teatri, nei festival e, spesso, in prima persona dall’autore. Oggi ritorna con una nuova tiratura che conferma l’interesse a rimetterlo in mano a lettrici e lettori…

Di che cosa parla?

Non è un “manuale di empowerment” e non è un pamphlet

Cazzullo costruisce un mosaico: ritratti di donne famose e non, brevi viaggi nella storia italiana, appunti di costume, pagine intime sul lavoro, la famiglia, la scuola. Il tono oscilla fra cronaca e racconto, con l’orecchio del giornalista che da tre decenni frequenta Parlamento e strade, e con la volontà di far emergere un dato di realtà: la trasformazione del Paese passa — quando passa — quasi sempre dalle donne.

Lo dice sin da subito, con una frase che è diventata la più citata del libro: “Voi donne siete meglio di noi”; e la completa con l’idea che il “tempo in cui gli uomini si organizzavano per sottomettervi” sta finendo. Lo si spera: perlomeno alcuni. Non è un inchino cavalleresco; è un modo per riconoscere una sproporzione di responsabilità, e la fatica che quella sproporzione ha chiesto a generazioni di ragazze e di madri.

Perché un libro del 2016 ci riguarda ancora

A distanza di anni, i numeri dicono che la strada è lunga. Nei più recenti rapporti sul gender gap del World Economic Forum l’Italia resta in coda all’Europa — intorno all’80º posto su 146 Paesi nel 2024 — segno che istruzione e salute non bastano a compensare i ritardi su rappresentanza e lavoro. Non è un dettaglio statistico: descrive il punto preciso in cui la promessa di modernità s’inceppa.

Sul fronte della violenza di genere, le istituzioni ribadiscono che la misurazione è complessa, perché non tutto viene denunciato; ma l’ISTAT, nelle sue audizioni, parla di un fenomeno strutturale e di un sommerso ancora enorme, mentre osservatori civici aggiornano quotidianamente la mappa delle uccisioni, ricordandoci che dietro ogni numero c’è una relazione di potere degenerata, e spesso un allarme rimasto inascoltato. È dentro questo paesaggio che il libro continua a vibrare: non come bandiera, ma come serie di domande.

Storie, non astrazioni

La scelta più felice del libro è stata, fin da subito, il punto di vista. Cazzullo non teorizza: racconta. Va dalle scienziate alle magistrate, dalle “ragazze che fanno funzionare le aziende” alle maestre che tengono insieme scuole difficili, attraversa la storia d’Italia e rilegge figure femminili troppo spesso consegnate all’album di famiglia o alla nota a piè di pagina. È il metodo di un cronista che ha capito che le idee contano quando hanno un volto.

Da qui la forza divulgativa: leggere è come fare una passeggiata guidata, dove ogni incontro — reale o simbolico — fa saltare un pregiudizio e suggerisce un’ipotesi di futuro. Lo si è visto anche fuori dalla pagina, negli incontri pubblici e nelle serate teatrali in cui il libro è diventato racconto orale, con aneddoti, voci ospiti e un dialogo diretto con il pubblico.

Una lingua piana che cerca l’attrito col reale

Cazzullo usa una prosa limpida, giornalistica, ma non piatta. Evita il gergo accademico e non indulge alla didascalia moralistica. Il suo è un “tono di servizio” che chiama la realtà col proprio nome e — quando serve — la semplifica per renderla discutibile. L’effetto è quello di una conversazione continua: ogni capitolo è una tappa, ogni tappa lascia un compito.

È un modo di stare sulla pagina che ha favorito l’attraversamento del libro fuori dal perimetro degli “addetti ai lavori”: lo hanno letto lettrici che non si riconoscono nel femminismo militante e lettori che cercavano uno strumento per rimettere in questione la propria normalità domestica. La riuscita sta qui: nella capacità di essere inclusivo senza diventare innocuo.

Non una guerra dei sessi, ma una domanda sul presente

L’idea forte — quella che dà il titolo — non predica l’avvento di un matriarcato, e nemmeno una rivincita. L’eredità, nel senso del libro, non è un testamento che sposta proprietà dal maschile al femminile: è una responsabilità che ricade su chi oggi, più spesso, tiene in piedi le cose. La genealogia che Cazzullo propone è infatti fatta di cura, tenacia, durata; valore che pesa poco nei bilanci trimestrali ma regge la convivenza, la salute, l’educazione, le comunità.

L’autore chiede — con un misto di fiducia e severità — che la politica e l’economia imparino a misurarsi con questi parametri, cioè con la vita vissuta. Perché ormai si è visto cadere a picco questo senso di positivismo…

Il lavoro come frontiera

Nel libro il lavoro è il luogo dove i nodi vengono al pettine: deserti di welfare, carriere spezzate alla prima maternità, le terze giornate invisibili. Non sfugge che, nelle statistiche, l’occupazione femminile in Italia non ha mai raggiunto il passo dei Paesi più avanzati, e che l’ascensore sociale si inceppa proprio quando servirebbero più donne nei ruoli decisionali. Per questo il saggio insiste sull’educazione — delle figlie e dei figli — e sul patto fra i generi.

Il messaggio a un ragazzo è semplice: se la libertà di tua madre, della tua compagna, della tua collega cresce, cresce anche la tua. Se invece la tua realizzazione si regge sull’eterna disponibilità di qualcuna, quella realizzazione è fragile. Per questo si tratta di un libro non solo importante per un pubblico femminile, ma anche e soprattutto per un pubblico maschile.

La politica come cartina di tornasole

Cazzullo osserva l’Italia con il realismo di chi la abita professionalmente. Ricorda che non basta contare quante donne siedono al governo o guidano un’istituzione: conta la cultura del potere, cioè la qualità di ciò che si può dire e chiedere senza essere ridicolizzate o screditate. Allarga poi lo sguardo oltre confine, sottolineando che i sistemi in cui la democrazia tiene — quelli in cui la critica e la stampa sono libere — sono anche quelli dove le donne hanno più strumenti per avanzare.

Cambiare sguardo, non soltanto regole

Il libro si gioca su una promessa: quando si cambia sguardo, le regole arrivano. La vera riforma — sembra dire Cazzullo — comincia nella lingua che usiamo, nelle abitudini che smettiamo di dare per scontate, nei “bravi ragazzi” che imparano a riconoscere la violenza non solo quando è reato ma quando è cultura.

È un percorso che somiglia a una pedana d’atletica, con rincorsa lunga: si comincia a scuola; si continua nelle case; si consolida nei luoghi di lavoro. Qui “Le donne erediteranno la terra” lavora bene: non si accontenta di elencare obiettivi, prova a raccontare come si costruisce una postura diversa.

Un saggio che è diventato racconto pubblico

Un segno della sua persistenza è la facilità con cui è uscito dal recinto editoriale per diventare evento. Presentazioni, conversazioni, adattamenti scenici: dall’uscita in poi Cazzullo ha spesso portato il libro in teatri e piazze, trasformando la pagina in racconto orale. È un dettaglio che aiuta a capire la natura del progetto: non un testo “chiuso” ma un cantiere, che si alimenta di storie raccolte sul campo e di obiezioni. Anche realtà locali e teatri civili hanno ospitato negli anni incontri e serate intitolate al libro, a riprova di una vitalità che non riguarda solo il circuito delle novità.

La violenza che non si vede (e quella che si vede troppo tardi)

Nel libro la violenza non è solo quella che riempie le pagine di cronaca nera. È la trama sottile che attraversa molti gesti quotidiani: la battuta che riduce, la gelosia applaudita, l’educazione sentimentale delegata ai social, l’isolamento economico. Quando la cronaca arriva — e arriva — spesso è tardi. Per questo il saggio insiste sulla prevenzione sociale, culturale, scolastica, nella scia di un dibattito che, in questi anni, ha raggiunto anche i talk show e i giornali con una costanza maggiore del passato.

È qui che i dati, per quanto parziali, aiutano a misurare la realtà. L’ISTAT, nelle sue relazioni, ha spiegato come la rete di protezione funzioni a macchia di leopardo; gli osservatori civici mostrano che il fenomeno non è emergenza ma continuità. Quello che scarseggia — e il libro lo suggerisce con forza — è la capacità di leggere in tempo i segnali.

Un dialogo con i ragazzi

Una delle utilità più concrete del libro è nel modo in cui parla ai giovani uomini. Non li colpevolizza in blocco; chiede loro di cambiare stile. E lo fa con un argomento inequivocabile: la libertà femminile non sottrae spazio, lo crea. È un divorzio dall’idea che l’identità maschile consista in una somma di privilegi; è un invito a fondarla, invece, su responsabilità e alleanza. Non una “guerra dei sessi”, dunque, ma la proposta di stare dalla parte che costruisce.

Perché regalarlo a Natale

Perché è un libro che si legge in giorni, ma lavora per mesi. Perché offre storie, più che sentenze. Perché è adatto ai percorsi di orientamento nelle scuole, ai gruppi di lettura, alle aziende che vogliono ragionare — sul serio — di leadership. Perché non dà l’alibi del disincanto: invita a “fare la propria parte”, che è una locuzione abusata, sì, ma qui acquista un peso concreto. E perché — lo si vede dagli inviti che l’autore continua a ricevere — ha generato conversazioni pubbliche che non sono finite con la presentazione del giorno X.

Ciò che il libro fa e ciò che non può fare da solo

Un saggio non cambia un Paese, ma può cambiare il vocabolario con cui un Paese si guarda. Le donne erediteranno la terra ha avuto questa funzione: popolare la discussione di esempi, episodi, nomi propri, in modo che il tema non resti un’astrazione. Non basta ancora. I dati sul lavoro e sulla violenza, e le classifiche internazionali, ci dicono che il cammino è in salita. Ma la cultura si muove anche per risonanza: un libro che rimette in circolo storie efficaci, che può essere letto da chi non frequenta la saggistica di genere, è uno strumento. Non l’unico, non il definitivo. Utile.

Una nota sull’autore

Giornalista di lungo corso, a lungo inviato e oggi vicedirettore “ad personam” del Corriere della Sera, Cazzullo è abituato a “portare fuori” i suoi libri: progetti editoriali che diventano spettacoli, lezioni pubbliche, conversazioni teatrali. È successo anche con altri titoli, segno di una vocazione: far lavorare la storia (e l’attualità) davanti a un pubblico non specialistico.

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