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Le 10 parole latine che raccontano il mondo di oggi

Ad indicarcele Nicola Gardini, autore del libro “Le 10 parole latine che raccontano il nostro mondo” che valorizza la lingua latina, tesoro di significati che continuano a parlarci

MILANO – Ha una letteratura che viene ancora letta; ha un lessico che continua a funzionare in vari campi; è un sistema di valori, di metafore e di racconti. Sono questi i principali motivi per cui il latino è una lingua ancora viva ed utile da studiare e conoscere secondo Nicola Gardini, insegnante di letteratura italiana ad Oxford e recente autore del libro “Le 10 parole latine che raccontano il nostro mondo”, libro che rende merito alla lingua latina, descritta dall’autore come un tesoro di significati che continuano a parlarci e a renderci quel che siamo. Lo abbiamo intervistato e chiesto di indagare l’attualità attraverso proprio i termini latini.

 

Con quale criterio hai scelto le dieci parole che hanno formato il nostro tempo?

Le dieci parole si sono aggregate in gran parte spontaneamente, richiamandosi a vicenda. Ho cominciato dalla parola ARS, che dà ARTE in italiano. In latino questa parola indica abilità pratica, formazione, studio; qualunque tipo di preparazione per lo svolgimento di una certa attività, dal pilotaggio alla politica alla pittura. La sua storia è lunga e molto interessante. ARS ha poi attirato VIRTUS, la capacità personale, da intendersi come coraggio, sprezzo del pericolo, e poi alta qualità morale. È la stessa parola che dà poi, per varie svolte, VIRTUALE. Via via, obbedendo alle “simpatie” che andavano emergendo tra varie zone del vocabolario latino, ho costruito una costellazione di parole che descrivono il talento personale, la misura del pensiero, la creatività, la volontà di cambiamento – tutte idee che sono arrivate fino a noi e senza le quali non saremmo chi siamo né potremmo pensare a un futuro per tutti. Un esempio: VOLVO è il verbo che Virgilio utilizza per indicare il “volgersi” di uno sguardo, ma la sua radice ha dato anche ri-voluzione ed e-voluzione. VOLVO è perfino il nome di una marca automobilistica. È bello e illuminante vedere come le parole dialogano fra loro, ma è altrettanto bello e illuminante capire come, per rimanere con l’esempio di VOLVO, significati così diversi provengano da un’unica fonte; risalire dalla molteplicità all’unità.

 

Quali di queste 10 parole rappresenta meglio il nostro tempo, in particolare la situazione italiana attuale?

Un po’ tutte quelle che ho scelto, direi, da ARS a RETE. Tutte individuano da una parte certi valori – la competenza, la consapevolezza di quel che si fa e della storia, la profondità del pensiero  –, dall’altra suggeriscono che senza questi valori si precipita nel caos. Le parole che ho scelto sono tutte parole positive, parole costruttive. Noi viviamo in tempi negativi e distruttivi, dove la collaborazione e la convergenza di intenti non sono ricercate, e dove si vuol far piazza pulita di qualunque continuità. Suggerirei, tra le mie dieci parole, MEMORIA: è la parola dei computer e dell’elettronica, oramai. Se ne parla in megabytes. Ma dobbiamo sapere che è, anzitutto, il luogo della coscienza e della condivisione, come la retorica antica indicava: la memoria sì raccoglie in certi spazi, ma ci permette anche di pensare e di formare un mondo comune. La memoria è mente.

 

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E’ luogo comune etichettare il latino come una lingua morta, tu addirittura nel tuo libro definisci il latino “lingua futura”: ci puoi spiegare tale definizioni ed indicare almeno 3 motivi per cui la definizione di “lingua morta” è erronea?

In questo libro ho guardato al latino da una prospettiva inusuale: non l’ho considerato lingua di una civiltà passata, quella di Roma, ma lingua – in quanto vocabolario, lessico – di civiltà che saranno: la lingua delle lingue occidentali. Ogni capitolo del libro, dunque, racconta la vita di una parola anche rispetto agli esiti che darà dopo che il latino si sarà trasformato nelle lingue romanze: MODUS, per esempio, dopo aver fatto moltissimo in latino (come la letteratura in lingua latina è lì a dimostrare), ha dato parole come MODO, MODA e perfino MODEM, per non parlare dei numerosi derivati. Il latino è lingua futura per la sua straordinaria capacità di accogliere sempre nuovi significati, senza rimanere confinato negli scritti dei classici. Quella di lingua morta è una vecchia metafora, che sottolinea il carattere esclusivamente scritto del latino. È andata bene per decenni. Ora dà solo pane ai denti dei sabotatori. Il latino non è lingua morta perché:

  1. ha una letteratura, che continua a esser letta, interpretata e tradotta; che produce risposte; che invita alla replica, producendo pensieri e ragionamenti; è insomma lingua di un dialogo infinito;
  2. ha un lessico che non smette di funzionare neppure nel campo delle innovazioni tecnologiche: virtuale, modem, rete, memoria sono solo alcuni esempi della sua perdurante vitalità, come si vede nel mio libro.
  3. è un sistema di valori, di metafore e di racconti che formano e riformano ininterrottamente la nostra coscienza, le nostre abitudini mentali, la nostra cultura. Il latino – cioè la letteratura latina – è l’archivio dell’occidente: dalla politica all’amore, dalla storia alla retorica, dalla filosofia morale alla religione, tutto vi si è elaborato. Studiare il latino significa capire come viviamo e perché viviamo così.

 

Un’ultima domanda, che accomuna molti studenti: perché è importante studiare il latino nelle scuole?

È una domanda cui potrei rispondere con un’altra domanda: perché studiamo la matematica o la fisica o la chimica? La domanda del “perché” è posta da chi considera l’utilità pratica l’unico fine della formazione. Lo studio liceale – qualunque sia la materia – è, invece, studio delle strutture nascoste, delle forme del mondo, del modo in cui il pensiero crea la realtà. È studio interpretativo e speculativo prima che formazione pratica (una volta, fino a non molto tempo fa, si faceva una giusta distinzione tra licei e istituti tecnici). Il latino spiega il mondo alla luce della storia, delle trasformazioni linguistiche e della ricerca letteraria. Il latino ci porta nella “scienza della parola”, campo fondamentale del sapere e della vita sociale, di cui, purtroppo, i politici e le istituzioni culturali hanno sempre meno rispetto e consapevolezza. Alla fine lo studio del latino non fa niente di diverso da quello che fa lo studio della fisica: si occupa delle origini e di come le origini si sono propagate, sviluppando un universo.

 

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