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L’autore afghano Atiq Rahimi, “La scrittura è solitudine”

Dedica festival si è aperta a Pordenone con il suo protagonista, lo scrittore afghano Atiq Rahimi, al quale è intitolata la 24° edizione della manifestazione

MILANO – Dedica festival si è aperta a Pordenone con il suo protagonista, lo scrittore afghano Atiq Rahimi, al quale è intitolata la 24° edizione della manifestazione. Quale è stata la sua formazione? Atiq Rahimi arriva alla letteratura dalla poesia, la vera forma creativa dell’Oriente, ha raccontato Rahimi, che si oppone al romanzo, una creatura occidentale , i cui valori sono legati all’ individuo: “In Oriente apparteniamo a un clan, a una famiglia e poi siamo individui, perciò da noi il romanzo arriva tardi, negli anni Cinquanta. Io faccio parte della prima generazione di romanzieri, ma non posso scrollarmi di dosso la tradizione poetica che mi ha portato fin qui e che sta alle spalle della mia scrittura che vive un rapporto osmotico tra poesia e prosa”.

Lo schiaffo della letteratura

“L’artista senza ego non esiste – continua Rahimi – ma noi scrittori siamo calati nella società e viviamo la vita dei nostri personaggi: entriamo in loro, per me scrivere é un dialogo tra me e le mie radici. Il mondo é la materia viva dello scrittore, il modo in cui entrare e cercare di cambiare il mondo, ma anche il modo in cui prendere schiaffi perché la scrittura è solitudine”. Scrittore, ma anche cineasta: “La mia prima formazione é cinematografica, anche perché,  arrivato in Francia e non padroneggiando bene la lingua, ho dovuto cercare un altro linguaggio per esprimermi . Ora mi servo di tutti e due.  Il prodotto filmico é però collettivo una sorta di gioco che coccola il mio ego, dall’altra parte  c’è il lavoro individuale della scrittura , il trauma e lo schiaffo della pagina bianca”.

Le donne e i giovani salveranno l’Afghanistan

Non può mancare nell’incontro che apre la manifestazione il rapporto con il  suo paese natale: “Quello che si viene a sapere dell’ Afghanistan in Occidente é altra cosa rispetto a quello che succede effettivamente laggiù, dove sta emergendo la forza delle donne e dei giovani che mettono tutto in discussione, dalla fede religiosa alle abitudini sociali. Questo è l’Afghanistan che mi fa essere ottimista. I giovani si battono per i loro diritti e per la pace , molto lontana. Le guerre servono ai paesi per far girare l’economia e le due guerre in cui è coinvolto il mio paese – Iran e Arabia Saudita da una parte e India Pakistan dall’altra – servono proprio a questo.

I Millennials e i social media  esistono anche in Afghanistan?  “Mancavano le infrastrutture  dopo la guerra civile e mancava l’elettricità ed é arrivato il cellulare. Non sono l’idealtipo afghano in quanto sono già di una generazione superata, ma ho fiducia nei giovani che vogliono cambiare le oase e si trovano dentro un cambiamento epocale, una sorta di Rinascimento in cui siamo attori e vittime , ma loro, i giovani, sanno gestire il cambiamento meglio di noi” .

Il sogno dell’Occidente

L’Afghanistan , un paese martoriato . Molti emigrano e non sono più l’elite che combatteva l’Urss accolta a braccia aperte dall’ Occidente negli anni Ottanta , ma sono ,in Italia come a Parigi,  quelli che dormono sotto i ponti . “Scappano dalla povertà e dalla guerra – dice lo scrittore afghano- ma soprattutto vengono qui perché l’Occidente crea sogni . L’accoglienza  non é solo responsabilità dell’Europa, ma anche dell’Arabia Saudita che condivide la ricchezza e  non si prende la responsabilità di aiutare chi è in condizioni di povertà”-

Gli altri appuntamenti della manifestazione

Sono dieci gli appuntamenti della rassegna monografica, organizzata dall’Associazione Thesis, che condurranno il pubblico in un viaggio nel mondo di Rahimi con letture sceniche e teatrali, la proiezione del film “Come pietra paziente”, la presentazione del nuovo libro “Grammatica di un esilio” (Bottega Errante), la mostra fotografica “L’immagine del ritorno” e il concerto di Gnu Quartet. Con l’autore parleranno Fabio Gambaro, Angelo Bertani, Marie-Christine Jamet, Gabrielle Gamberini, Manlio Graziano, Cristiano Riva, Fausto Russo Alesi, Paolo Di Paolo, Riccardo Costantini, Alice Rahimi.
Quest’anno Dedica si concluderà a Pordenone il 21 marzo con l’incontro “Il rumore della speranza” con Malalai Joya, politica, attivista e scrittrice. Nel suo libro “A Woman against Warlords”, scritto con Derrick O’Keefe, in italiano “Finché avrò voce. La mia lotta contro i signori della guerra e l’oppressione delle donne afghane” (Piemme, 2010), Joya, che vive sotto scorta, racconta la sua esperienza da rifugiata nei campi profughi iraniani e pakistani a deputato nel Parlamento afghano.

 

Alessandra Pavan

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