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Il laboratorio di scrittura ideato per le tate di Brooklyn

Un ritovo artistico che ha riunito una decina di donne, accumunate dal desiderio di dar voce al loro status e ai loro sentimenti attraverso dei racconti fiabeschi

MILANO – Una sirena che cerca di ripulire l’oceano dai rifiuti e una capra polemica, sono alcuni dei personaggi che hanno preso vita dalla fantasia di alcune baby sitter, riunite nella biblioteca pubblica Brooklyn Heights. Un ritovo artistico che ha riunito una decina di donne, accumunate dal desiderio di dar voce al loro status e ai loro sentimenti attraverso dei racconti fiabeschi.

Come è nato il laboratorio

Il workshop senza scopo di lucro, nasce da un’idea di Jakab Orsos, vicepresidente delle arti e della cultura della biblioteca, che in precedenza ha creato un programma di scrittura creativa simile per i lavoratori domestici. “Quando sono stato assunto dalla biblioteca, ho notato tutte queste tate che si ritrovavano qui”, ha detto al New York Times, “e ho pensato che sarebbe stato interessante iniziare a lavorare con loro in questo modo”. I workshop sono condotti sia in spagnolo che in inglese. Quest’ultimo è guidato da Fadwa Abbas, uno scrittore e insegnante immigrato negli Stati Uniti all’età di 14 anni dal Sudan, dove suo padre era un prigioniero politico. L’idea è stata quella di dar voce alle baby sitter, facendole scrivere argomenti ingannevolmente leggeri ma che in realtà hanno dei significati più profondi. Fiabe che attraverso i loro personaggi nascondono qualcosa di intrinsecamente profondo, così da lasciare degli insegnamenti ai bambini.

Dare voce ai sentimenti

Le donne colgono dal laboratorio l’opportunità per lasciare andare i sentimenti complicati che hanno riguardo alla loro posizione. Accade occasionalemnte, infatti, che venga fuori qualche risentimento o frustrazione riguardo all’allevare i figli delle altre donne. Spesso questo viene ben reso evidente nelle storie delle bambinaie. Proprio per questo alcune delle bambinaie non rivelano la loro partecipazione ai laboratori ai loro datori di lavoro.  Questo perchè credono che il desiderio di istruzione, possa indurre i datori di lavoro a pensare che queste stiano cercando una via di fuga e che abbandoneranno la cura dei loro figli. A queste si uniscono anche altre donne che nel laboratorio hanno trovato un modo per prendersi momenti di pausa dalla famiglia e dal lavoro. A queste si unisce l’esempio di Riley Rennhack,  proviene da una piccola città conservatrice del Texas. “Non mi è mai stato permesso di guardare la TV, ma potevo leggere qualsiasi cosa”, racconta la donna. “Solo le persone davvero spaventose hanno paura dei libri. E la biblioteca era uno spazio che non era centrato sulla religione o la moralizzazione. Quando poi si è trasferita a Brooklyn e ha scoperto il laboratorio mentre si occupava di un bambino di 3 anni, ha scritto una storia sul concetto di casa e sul tentativo di vivere in un posto diverso dove tutto è nuovo e confuso. Per una tata è  difficile appartenere a una comunità.  Si lavora nella casa di qualcun altro e per quanto ci si senta parte della famiglia, non lo si sarà mai per davvero. Il laboratorio funziona perché c’è molta pazienza, saggezza ed empatia tra le donne che si riuniscono. Alla fine del “semestre”, molte delle tate hanno invitato i bambini a loro affidati e le loro famiglie, a una celebrazione presso la Biblioteca Centrale di Brooklyn nella Grand Army Plaza, dove hanno letto le storie che avevano scritto.

 

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