Figlio di un diplomatico e di un’insegnante, Khaled Hosseini è nato il 4 marzo del 1965 a Kabul e in seguito si è trasferito con la famiglia negli Stati Uniti, dove ha studiato medicina, esercitando per qualche anno la professione di medico. Ora è uno degli scrittori più letti e amati dell’ultimo decennio.
Suo padre era un diplomatico del ministero degli Esteri afghano e sua madre insegnava farsi e storia in una scuola superiore a Kabul. Nel 1976 la Farnesina trasferì la famiglia Hosseini a Parigi. Erano pronti a tornare a Kabul nel 1980, ma a quel punto la loro patria aveva assistito a un sanguinoso colpo di stato comunista e all’invasione dell’esercito sovietico. Gli Hosseini cercarono e ottennero asilo politico negli Stati Uniti e nel settembre 1980 si trasferirono a San Jose, in California, dove lo scrittore vive ancora oggi con la moglie e i due figli.
Oggi Hosseini è anche inviato dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e ha dato vita alla Khaled Hosseini Foundation. Vive con la moglie e i due figli a San José, in California.
Khaled Hosseini 5 libri da leggere importanti per conoscere l’autore
Con i suoi tre romanzi bestseller “Il cacciatore di aquiloni”, “Mille splendidi soli” e “E l’eco rispose” ha venduto 4 milioni di copie in Italia e 38 milioni in tutto il mondo. Scopriamo le principali opere dello scrittore afghano da leggere per apprezzarne la scrittura.
In questo libro, Khaled Hosseini ha raccontato le sfaccettature più dolorose dell’amore, analizzando come ci prendiamo cura gli uni degli altri e come le scelte che compiamo riecheggiano lungo le generazioni. Indagando le relazioni tra genitori e figli, fratelli e sorelle, Hosseini esplora i molti modi in cui i legami definiscono l’inizio della nostra esistenza, dando forma alle nostre vite e ripresentandosi, come sorprese inattese, nei momenti più importanti.
Attraverso generazioni e continenti, in un percorso che ci porta da Kabul a Parigi, da San Francisco all’isola greca di Tinos, Khaled Hosseini esplora con grande profondità i molti modi in cui le persone amano, si feriscono, si tradiscono e si sacrificano l’una per l’altra. Seguendo i suoi personaggi e le ramificazioni delle loro vite e delle loro scelte, la storia si snoda in un quadro sempre più ampio e carico di emozioni da cui il lettore resta totalmente catturato.
“Il cacciatore di aquiloni” è un piccolo capolavoro: commovente, denso di significati profondi in molteplici campi da quello personale a quello etnico-culturale, riassume mirabilmente la condizione di un Paese e, mentre è insieme romanzo di formazione e romanzo di denuncia, che riesce ad entrare nel cuore del lettore.
In questo romanzo, Khaled Hosseini narra una storia intensa e drammatica che si apre verso una prospettiva di salvezza e speranza. Un libro sull’amicizia, sulle ferite che scavano abissi e sulla possibilità di redenzione che attende ciascuno di noi.
La forza di denuncia di questo libro è efficace, tanto più se si considera la prima persona in cui è scritto. Un romanzo che esordisce con una grande smentita perché, sostiene l’autore per bocca di Amir, non è vero “che si può seppellire il passato” e un’altra frase ci introduce nel clima, una frase che RahimKhan ha detto prima di riattaccare, “quasi un ripensamento. Esiste un modo per tornare ad essere buoni”.
Mariam ha quindici anni. La sua mente sogna di poeti e di giardini meravigliosi, quelli di cui suo padre, un ricco uomo d’affari, le racconta quando le fa visita, dandole un assaggio di una vita che non avrà mai. Perché Mariam è una harami, una bastarda, e per sopravvivere dovrà imparare una sola cosa: la sopportazione.
Laila è nata a Kabul la notte in cui i russi hanno invaso la città. Suo padre ha voluto che lei andasse a scuola, perché, ripeteva, una società non può progredire se le sue donne sono ignoranti. Mariam e Laila non potrebbero essere più diverse, ma la guerra le farà incontrare in modo imprevedibile. Dall’intreccio di due destini, una storia indimenticabile, in una terra martoriata dove solo l’amore e l’amicizia possono ancora regalare un bagliore di speranza.
“Preghiera del mare” è la lettera di un padre a suo figlio, rimasti soli dopo la scomparsa della madre, scritta di getto dall’autore afghano dopo la morte di Alan Kurdi, il bambino siriano di tre anni che nel settembre 2015 è annegato nel Mar Mediterraneo e la cui foto ha fatto il giro del mondo.
Questa lettera è un grande atto d’amore e nelle parole che la compongono c’è la vita. Speranza e paura, felicità e dolore. Impossibile non riconoscersi, non pensare che al posto di quel padre e quel bambino potremmo esserci noi. Impossibile non sapere che tutto questo, comunque, ci riguarda.
Hosseini ha sempre avuto molto forte questa sensibilità nei confronti dei migranti. Lui stesso è un migrante; quando c’è stata l’invasione sovietica in Afghanistan, il padre diplomatico decise di trasferirsi con la famiglia in America. La scrittura di questa lettera è stata una reazione di getto dopo la morte di Alan Kurdi, il bambino siriano di tre anni che nel settembre 2015 è annegato nel Mar Mediterraneo e la cui foto ha fatto il giro del mondo.
Non si tratta di un romanzo come i suoi precedenti, ma di una lettera, che mantiene comunque al suo interno tutta la carica emotiva che abbiamo già trovato nei suoi libri pubblicati. Il tema dei migranti, e di chi li assiste, lo ritroviamo anche all’interno del libro “E l’eco rispose”.