Adesso in Italia il romanzo irlandese che ha commosso il “The Guardian”

23 Luglio 2025

Finalmente in Italia "Il ragazzo venuto dal mare" di Garrett Carr, tradotto da Neri Pozza, un libro adatto all'estate che ha commosso il The Guardian e tutta la stampa inglese

Adesso in Italia il romanzo irlandese che ha commosso il "The Guardian"

Neri Pozza ci stupisce con una storia che sembra uscita da un’antica leggenda irlandese, “Il ragazzo venuto dal mare” di Garrett Carr, tradotto da Mariagrazia Gini.

Arriva in Italia il romanzo che sembra una leggenda

Si tratta di un romanzo irlandese che si apre con una scena incredibile: un barile blu da pesca, di quelli usati per il pesce salato, si arena sulla spiaggia di Killybegs, un piccolo villaggio sulla costa nordoccidentale dell’Irlanda… ma dentro non c’è del pesce e neppure è vuoto. Un neonato, vivo. Una creatura misteriosa e perfetta che arriva dal nulla e che cambierà per sempre gli equilibri di tutta la comunità del posto.

Un tempo sospeso

Ci troviamo nei primi anni Settanta, ma a Killybegs il tempo si muove più lentamente — come un po’ accade in tutti i paesini. Sono gli uomini il vero motore della modernità, le macchine in continuo movimento sulle barche.

È in questo clima che la famiglia Bonnar, composta da Christine, Ambrose e il piccolo Declan, accoglie quel bambino come un dono, un segno, un imprevisto a cui non si può dire di no.

Lo chiamano Brendan, come il santo navigatore d’Irlanda, e gli offrono ciò che hanno: un tetto, amore e una nuova identità.

La realtà di paese, la realtà del mare

Carr non racconta una fiaba. Il suo è un romanzo quanto più veritiero possibile, sebbene le premesse siano curiose e simili alle sponde del Nilo cui si è avvicinato Mosè. E la storia di Brendan risulta dalle prime pagine una tragedia annunciata.

Declan Bonnar, infatti, non può che percepire Brendan come una minaccia. Lui, che crescendo al fianco di un ragazzo amato da tutti — carismatico, forte, ispirato — vedrà sorrisi rivolti solo al fratello, si sentirà sempre in secondo piano.

Il fulcro del romanzo è proprio qui, nella lenta, inesorabile trasformazione di Declan, da bambino geloso a uomo spezzato, fino a diventare narratore della propria disfatta.

La stampa è entusiasta

The Guardian ha definito “The Boy from the Sea” (titolo originale) “una sorpresa, tenero e caloroso”, sottolineando il modo in cui Carr riesce a trattare temi duri con una delicatezza inaspettata. “Un romanzo che è un regalo gentile per la primavera”, scrive il giornalista John Self, lodando l’atmosfera sognante ma ancorata alla realtà.

Anche The Irish Times ha colto l’anima del romanzo: “sottile, malinconico, riflessivo, fa ciò che solo l’arte può fare”. Una dichiarazione che suona come un sigillo: Carr non cerca il realismo crudo, né l’allegoria pura, ma una terza via più complessa, che mette in scena l’umano nei suoi risvolti più fragili e autentici.

Ancora più entusiasta The Sunday Times, che ha scritto: “Warm, funny, full of lightly worn wisdom and wit. In short, it is a joy.” Una frase che coglie l’essenza del romanzo: “Il ragazzo venuto dal mare” è una storia luminosa e dolorosa, scritta con leggerezza e profondità insieme.

Il ragazzo venuto dal mare, un mix d’eccezione

La scrittura di Garrett Carr è raffinata, quasi ipnotica. L’autore riesce a mescolare il quotidiano con l’epico, la malinconia con l’ironia, senza mai scadere nel sentimentalismo. Le voci dei personaggi si alternano in una narrazione corale che restituisce tutto il peso della comunità: a Killybegs quello che succede a una famiglia succede a tutti. È il paese stesso a raccontare la storia, come un coro greco che osserva, commenta, giudica.

Non sorprende, allora, che la stampa anglosassone abbia accolto il romanzo con entusiasmo.

Il vero miracolo, però, è la costruzione dei personaggi, che Carr tratteggia come figure a tutto tondo.

Christine, la madre adottiva, è un personaggio dolce e solido, che accoglie Brendan senza riserve, con una forza silenziosa che sa di terra, di pioggia, di mani screpolate.

Ambrose, il padre, è un uomo schiacciato dalle responsabilità, incapace di vedere i figli al di là del bisogno e della fatica.

E poi c’è Declan, il cuore nero e pulsante del romanzo, il bambino che cresce nel cono d’ombra, che diventa adulto nutrendosi di silenzi e confronti taciuti.

Carr non ci dice mai apertamente se Brendan sia davvero “speciale”. Non c’è magia esplicita nel libro, ma l’ombra del mito si insinua ovunque. Il nome Brendan evoca il santo navigatore che, secondo la leggenda, approdò nell’America secoli prima di Colombo.

Il bambino arrivato dal mare è un segno, forse un profeta, forse solo un’illusione. Sono stati degli uomini a dargli quel nome, dopotutto.

Eppure, quella dimensione simbolica permea tutta la storia, offrendo ai lettori più strati di lettura: il sociale, il familiare, il spirituale. Con “Il ragazzo venuto dal mare”, Garrett Carr si inserisce a pieno titolo nella nuova ondata di scrittori irlandesi capaci di fondere racconto comunitario e psicologia individuale. Per chi ha amato Donal Ryan, Claire Keegan o Seamus Heaney, questo libro è un approdo naturale.

Un libro giusto per l’estate

In Italia, l’edizione Neri Pozza arriva nel periodo giusto: d’estate, quando si ha il tempo di lasciarsi trasportare da una storia lenta, piena di silenzi e maree interiori.

È una lettura che non chiede, ma ottiene attenzione. E che, come spesso accade con i romanzi migliori, resta anche dopo l’ultima pagina.

Garrett Carr ha fatto centro. E la stampa internazionale non ha esitato a riconoscerlo.

“A joy.” (The Sunday Times)

“Surprising, tender and warm-hearted.” (The Guardian)

“Does something only art can do.” (The Irish Times)

E questo, in fondo, è tutto ciò che possiamo chiedere a un libro.

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