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Io che desideravo essere Jo March di ”Piccole donne”…

Quando le lettere dell'alfabeto non furono piรน figure aliene che si succedevano una dopo lโ€™altra, come strette in piccoli vagoni separati da spazi bianchi, in un treno che giungeva a destinazione dopo un lungo, sovente lunghissimo, viaggio, uno dei primi libri che mi regalarono fu ''Piccole Donne''...

Piccole donne crescono

Piccole donne amano

Piccole donne piangono

Piccole donne aiutano

Piccole donne aspettano

Piccole donne vivono”.

Roberto Vecchioni, Piccole Donne crescono.

 

Quando le lettere dell’alfabeto non furono più figure aliene che si succedevano una dopo l’altra, come strette in piccoli vagoni separati da spazi bianchi, in un treno che giungeva a destinazione dopo un lungo, sovente lunghissimo, viaggio, uno dei primi libri che mi regalarono fu ‘Piccole Donne‘.

Ed ecco, in quel momento topico, avuto accesso al magico codice, i simboli, posti in avvicendamento sulla carta, lentamente si disvelavano, e la storia aveva inizio. La storia narrata nel romanzo, ma anche la storia di una fanciulla di neppure sei anni, che diventava una lettrice. Una svolta epocale, in un’umana vita sottoposta alla contingenza.

 

Ho amato le sorelle March, tutte, come sorelle di sangue, come amiche con cui ricordare corse sui prati, come creature libere dai vincoli delle pagine, in grado di muoversi e offrire personali opinioni.

La bellezza intramontabile dell’opera di Louisa May Alcott sta, infatti, proprio nell’aver dato vita a esseri pensanti, dotati di peculiari pregi e difetti, che osservano lo svolgersi delle medesime vicende tramite il filtro di una personale prospettiva.

Tuttavia, per Jo avevo una predilezione. Una ragazza dal carattere ribelle e impulsivo, ma con un grande cuore, capace di inventare storie per intrattenere la famiglia, anche quando l’eco della guerra diventa assordante, anche quando l’ombra della morte cala impietosa, e di credere nel suo sogno, con tenacia e anticonformismo, fino a diventare una celebre scrittrice.

Come non adorarla?

 

Jo era molto occupata in soffitta, perché le giornate di ottobre cominciavano a farsi fresche e i pomeriggi erano corti. In quelle due o tre ore, durante le quali il sole si attardava con il suo calore sull’alta finestra, Jo, seduta sul vecchio divano, scriveva rapidamente, con le sue carte sparse sopra un baule”.

 

Non sono, però, un cosiddetto “maschiaccio”, né lo sono mai stata. Sono estremamente femminile nel pormi e, soprattutto, nel pensarmi. Ma, proprio perché Donna, detesto le costrizioni sociali che imponevano alle figure femminili, soprattutto nell’epoca in cui il libro è ambientato, ossia nella seconda metà del XIX secolo, un’atteggiamento di sottomissione e ostentata fragilità.

Io sono una combattente, un’eroina armata di penna e di una valigia di libri, che percorre, in prima linea, le strade della Vita e della Storia.

Volevo essere Jo, da bambina. Non sono diventata Jo, ma me stessa, la quinta sorella March, come lo sono tutte coloro che hanno letto con passione il libro, un’opera che offre molti messaggi su cui riflettere, anche per chi è, ancora, una piccola donna, se pur dell’era contemporanea, e deve apprendere l’immenso fascino celato nell’intimo segreto delle “piccole cose”.

 

Dividete il vostro tempo fra il lavoro e lo svago e fate in modo che ogni giornata sia utile e piacevole per dimostrare, impiegando bene il vostro tempo, che ne capite il valore. Così la vostra gioventù sarà bella, la vecchiaia non vi porterà troppi rimpianti e la vostra vita sarà un bel successo”.

 

Emma Fenu

 

Foto: Tania Brassesco & Lazlo Passi Norberto

12 giugno 2014
 
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