Sei qui: Home » Libri » “Insegnami la tempesta”, l’intervista alla scrittrice Emanuela Canepa

“Insegnami la tempesta”, l’intervista alla scrittrice Emanuela Canepa

Immergersi nelle pagine di “Insegnami la tempesta”, l’ultimo libro di Emanuela Canepa, pubblicato da Einaudi, significa iniziare a navigare a vista nelle onde dei sentimenti. A cura di Maria Pia Romano

Il fascino magnetico dell’ immagine di copertina, opera della fotografa olandese Mirjan van der Meer, lascia presagire l’incanto di una narrazione potente. Immergersi nelle pagine di “Insegnami la tempesta”, l’ultimo libro di Emanuela Canepa, pubblicato da Einaudi, significa iniziare a navigare a vista nelle onde dei sentimenti. Scivolare dentro i gorghi profondi dell’animo e cercare risposte a domande che attanagliano il presente. Eppure il grimaldello per sollevare la saracinesca del cuore non esiste. Si può solo imparare la lezione muta dell’amore.

 

Ci sono una madre e una figlia, che si rincorrono e si sfuggono. Una presenza ingombrante da cui staccarsi, le distanze incomprensibili e necessarie, la temperatura di un’emozione che diventa colore su una tela, la bellezza intravista nel conforto di una sintonia inattesa. C’è una suora che in passato è stata la migliore amica della madre e poi è scomparsa ritirandosi in clausura, senza salutare. Il peso del rancore, il lungo distacco, il dubbio che s’insinua e logora, per poi svanire quando la vita decide di spiegare.
E poi il dono della maternità inattesa, che per uno strano gioco del destino ha sconvolto la vita di Emma diciottenne e ora è vissuto dalla figlia Matilde. Fiere di essere donne, ciascuna a suo modo, Emma, Matilde e Irene, dimostrano coraggio, caparbietà e tenacia. Nelle loro irresistibili fragilità, con i loro caratteri a volte spigolosi e introversi, queste tre donne sembrano dirci che vale sempre la pena di scegliere la rotta e andare. Le barche che restano ferme al porto sono quelle dei delusi. L’amore appartiene ai vivi, che sfidano il ruggito del tempo.

L’intervista a Emanuela Canepa

Tu che rapporto hai col silenzio? Pensi che il brusio delle nostre vite, in qualche modo, ci distolga dalla concentrazione?

Ne sono certa. Posso dire che la mia vita consiste soprattutto nel tentativo di sottrarmi al rumore. Quello esterno ma soprattutto quello interiore, dei pensieri ricorsivi, delle elucubrazioni. Mi piacerebbe dire che so farlo bene, ma mentirei. In questo campo ho ancora molto da imparare.

Gli uomini sembrano rimanere sullo sfondo del romanzo, eppure Fausto è capace di una dichiarazione d’amore commovente.

Senza dubbio sono sullo sfondo, ma non è una scelta di campo. Ho amato molto gli uomini di questo romanzo, Fausto e Eugenio. Sono creature di spessore e di grande dignità. Sanno essere presenti quando serve, ma senza mai imporsi, e senza il bisogno di dimostrazioni muscolari. Per me l’amore in fondo è questo: do per scontato che tu sappia andare sulle tue gambe, ma se inciampi, sono qui per sostenerti.

Matilde che taglia i capelli all’improvviso. Matilde “vulnerabile per la gravidanza, determinata per il suo talento”. Matilde sprezzante dei consigli materni. Una ragazza di madreperla che sembra già adulta?

Verissimo. Matilde è una di quelle ragazze nate già grandi, perfino con qualcosa dell’austerità della vecchiaia. Non è il genere di persona che puoi pensare di manipolare o di instradare. Per una madre come Emma, Matilde può solo essere motivo di infinita frustrazione.

“La libertà di essere totale. La libertà di non coincidere con niente, di non venire definita da nulla”. Si può provare all’improvviso una libertà simile o è frutto di un sofferto cammino di maturazione?

Immagino che siano possibili entrambe le cose. Alcune illuminazioni arrivano come un premio, anche quando non abbiamo fatto nulla per meritarle. Altre stanno alla fine di un cammino accidentato. Come dice il vangelo di Giovanni, noi possiamo solo prenderne atto, perché il vento sorge dal deserto e non sai di dove viene o dove va. Nulla di quello che facciamo può modificarne il corso.

“Le creature che hanno urgenza di noi non sono mai quelle che scegliamo. Ne vorremmo altre, che invece sfuggono come se traessero energia dalla nostra volontà di renderci insostituibili. Il bisogno è una dinamica squilibrata”. Il senso della vita, forse, è tutto qui?

Non so se mi sbilancerei a dire che è una frase che riassume davvero il senso della vita, ma di certo è un’esperienza che facciamo quasi tutti, prima o poi.

“Può esserci amore nella furia. Può esserci amore nella distanza.”: è una cosa che in tempi di pandemia siamo stati costretti ad imparare. Cosa diresti ai giovani innamorati in questo tempo surreale?

Di resistere, sapendo che è quasi impossibile. L’amore è una verità che appartiene al corpo tanto quanto allo spirito. Privarsi del contatto è come tagliare un arto alla propria relazione. Ma quando non ci sono alternative, come in questo caso, bisogna trovare il modo per farlo sopravvivere.

Agli aspiranti scrittori che trovano intrigante provare ad addentrarsi nei complessi scenari introspettivi, cosa consiglieresti?

Per qualsiasi tipo di scrittura, a qualsiasi età, c’è un solo consiglio: leggere come gli affamati e gli assetati. Leggere sempre. Leggere ancora.

 

Di Maria Pia Romano

© Riproduzione Riservata