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“Imperfezioni” di Claudia Marin, storia di una violenza domestica e psicologica

Il 10 luglio è stato presentato il secondo romanzo della giornalista Claudia Marin, "Imperfezioni", edito da Rubettino editore. Protagonista è la violenza psicologica domestica, illustrataci attraverso lo sguardo di una giovane donna che è caduta fra le braccia dell’uomo sbagliato.

Spesso l’essenza di quel che si nasconde dietro a una apparente vita perfetta è molto diversa da come appare: nel romanzo “Imperfezioni” di Claudia Marin si intuiscono fin dall’inizio i sentimenti contrastanti vissuto dalla protagonista, Azzurra.

L’autrice, in una intervista esclusiva rilasciata a Libreriamo e che riportiamo integralmente, ci ha spiegato questa storia di sopraffazione che, però, ha un finale forte e inaspettato.

Le metafore delle imperfezioni

L’autrice di “Imperfezioni” narra una quotidianità in cui la perfezione mostrata al mondo è inquinata da imperfezioni, un tempo caratterizzato da ansia, rabbia, paura.

Ogni pensiero che attraversa la mente di Azzurra viene mostrato e analizzato scrupolosamente affinché il lettore possa vivere in prima persona la paura che la accompagna costantemente. Ogni scelta, ogni parola, ogni gesto nascondono un preciso intento che sfugge a coloro che vivono accanto alla coppia infelice, ma non al lettore.

La bambina, Azzurra

Fra tutte, la metafora che regna in “Imperfezioni” è quella della bambina. Andrea paragona la moglie a una bambina viziata incapace di vivere lontano dai genitori. Pian piano quest’idea entra nella mente di Azzurra come la realtà dei fatti che non può cambiare: lei è consapevole di essere una bambina esclusa da una riunione per soli adulti perché l’ha fatta grossa. Quando analizza i suoi gesti, riconosce che è semplicemente una bambina, come dimostra la sua stessa voce.

Gli spettatori ciechi

La protagonista di “Imperfezioni” è succube del marito e in quanto tale è bravissima a celare il proprio malessere agli occhi di un mondo che non ha intenzione di essere disturbato da una scomoda verità. La vita della famiglia è ricca di feste di compleanno e giornate trascorse in spiaggia. Durante questi momenti, Azzurra non è felice, ma è contenta e questo le basta.

Ad Azzurra basta sgattaiolare a casa di un’amica; le basta giocare con i figli in spiaggia. Questi sono i piccoli momenti che offrono ad Azzurra una piccola fuga da se stessa e dal marito.

Elisa, unica spettatrice dei soliloqui di Azzurra

Quando Azzurra apre gli occhi, grazie a un gesto innocuo e puro, e si accorge che ha il dovere e il diritto di scappare dall’abbraccio asfissiante di Andrea, si rivolge a Elisa, l’amica psicologa. Azzurra trasporta il lettore in lunghi soliloqui, che si snodano in diversi capitoli del romanzo, durante i quali ripercorre la propria storia, rileggendo eventi e dinamiche con lo sguardo di donna che, finalmente, è consapevole di sé e della trappola in cui era stata incastrata da Andrea.

Elisa è silenziosa spettatrice che pronuncia pochissime parole, volte semplicemente ad aiutare la protagonista del romanzo a leggere meglio ciò di cui è stata vittima. Ai più, i soliloqui potrebbero apparire una scelta malsana per la protagonista, ma in realtà la lettura minuziosa di se stessa è per Azzurra la porta che la condurrà alla riconquista della propria autostima, mentre il lettore di “Imperfezioni” unisce i pezzi del puzzle. Quando questo sarà terminato, egli osserverà il mondo con un occhio più consapevole.

L’intervista a Claudia Marin

D. “Imperfezioni” è incentrato su un tema profondamente attuale: la violenza psicologica domestica che si nasconde dietro le belle e perfette famiglie borghesi. La protagonista femminile riesce a compiere un cammino, di sofferenza e di maturazione di ciò che sta vivendo, che la porterà all’autonomia. Ritieni che la donna, oggi, sia ancora costretta a subire queste angherie? C’è, nella nostra società, un cammino di liberazione verso l’indipendenza o è soltanto un’utopia?

“Imperfezioni” racconta una storia di sopraffazione che si realizza anzitutto attraverso una forma di violenza psicologica. Azzurra, la protagonista, è una giovane donna apparentemente felice e fortunata ma nasconde invece, agli occhi anche delle persone più vicine, una profonda sofferenza: suo marito, un uomo che ha sposato nell’entusiasmo dei vent’anni o poco più, si è rivelato un persecutore.

Giorno per giorno, senza mai perderne uno, la denigra e la mortifica, poco o tanto a seconda dell’umore, attraverso una costante demolizione psicologica. Per dirla semplicemente, qualsiasi cosa lei faccia non va bene. Dalle piccole cose, il suo modo di camminare, alle grandi, le sue aspirazioni lavorative, passando per il suo modo di stare insieme ai suoi tre bambini, di giocare con loro, di educarli: tutto viene passato al setaccio di un iper criticismo spietato e sadico, che logora goccia a goccia l’autostima di lei.

Timida e sensibile fin da piccola, Azzurra è forse la preda ideale per questo genere di sopraffazione. Fatto sta che si ritrova in pochi anni radicalmente trasformata: da ragazza bella e intelligente di una famiglia agiata, modello “vincente” del suo contesto sociale e familiare, diventa una moglie e madre triste e perennemente insoddisfatta, piena di sensi di colpa del tutto infondati e convinta di essere una nullità, anzi un fallimento, come le ripete Andrea.

Lei arriva a convincersene al punto paradossale da compatire il marito, il quale meriterebbe una donna migliore, di successo, molto più brava di lei non si sa bene a fare che cosa, tanto è il lavaggio del cervello che subisce di continuo. Andrea in realtà vuole che Azzurra resti esattamente come è, paralizzata nel suo non divenire; non divenire una professionista, una donna indipendente economicamente, una persona che sceglie e vive appieno. È quella la veste che gli permette di dominarla.

E così fa di tutto per bloccarla: se cerca di inserirsi nel lavoro, lui la fa sentire in colpa di trascurare la famiglia e di fare comunque sacrifici inutili perché lei non sarà mai come quelle persone che la sfruttano, i suoi superiori. Non ne ha le qualità. Se invece non lavora, è una buona a nulla, viziata e superficiale. Se accudisce i bambini è immancabilmente inadeguata anche lì: troppo buona, li vizia, non ha polso, non ha carattere.

Penso che “Imperfezioni” sia un romanzo forte per le situazioni che descrive. Che però sono purtroppo verosimili. Il cammino delle donne verso l’autonomia è un sentiero che bisogna percorrere continuamente per non rischiare che da un momento all’altro si ritrovi sepolto dalla polvere, la polvere dei passi dati per scontati.

Oggi le situazioni di sottomissione come quella vissuta da Azzurra sono naturalmente molte di meno che cinquant’anni fa o solo venti. Ma troppe volte accadono lo stesso e se anche ne fosse rimasta una soltanto penso che valga la pena scriverne, parlarne, rifletterci.

D. Andrea è un uomo violento. Nella società contemporanea, spesso, dietro a questi atteggiamenti si nascondono profondi disagi mentali non riconosciuti: parlo di disturbi di personalità a vari livelli. Quanto può aiutare, secondo te, un percorso psicologico con un professionista per migliorare le sorti della propria vita e di quella dei propri familiari?

Andrea è certamente un uomo violento, e, come vedremo nella storia, non si limita, si fa per dire, alle parole e alla dominazione psicologica, ma metterà anche in pericolo la stessa vita di Azzurra e di tutta la famiglia. Certamente quindi non è in equilibrio. Quelli della psicologia o psicoterapia o psichiatria non sono campi che mi competono.

Mi sono quindi limitata a raccontare una storia senza pormi il problema da quei punti di vista. Penso anche che una donna maltrattata, e anche ovviamente se si trattasse di un uomo, in ogni caso una vittima di maltrattamenti non possa e non debba porsi il problema della vera o presunta malattia di chi perseguita, di chi mortifica, di chi limita la libertà dell’altro, fino a privarlo della gioia di vivere.

Detto questo, penso che “curarsi” nella psiche sia un importante passo che la società sta compiendo in modo sempre più consapevole anche nel nostro Paese, dove persistono freni culturali di vario tipo.

D. “Imperfezioni” riporta molto al pensiero di “imperfezioni psicologiche”, una sorta di immaturità che si nasconde dietro al raggiungimento economico e professionale, ma che, invece, si incaglia e si blocca per quanto concerne la crescita sentimentale e di rapporto. Quanto è colpevole la società di questi blocchi continui?

Nel caso di Azzurra, l’accanimento che subisce perché non è una donna “di successo” è un fatto pretestuoso che suo marito strumentalizza, tanto che lui stesso fa di tutto per incatenare qualsiasi proposito di inserimento professionale di lei. Salvo poi mortificarla perché non guadagna e tiranneggiarla anche economicamente.

Le Imperfezioni però, oltre a riguardare i difetti di volta in volta invocati da Andrea, sono anche i “nei” di un contesto, quello della buona e sacra borghesia, per certi versi ancora profondamente ipocrita e misogino. Azzurra sta male, ma la famiglia e gli amici si fermano alla soglia del suo dolore, si limitano a raccomandazioni di comune buon senso.

“Non sciuparti”, “Sorridi un po’ di più”, “Che penseranno gli altri se sei sempre con questo muso lungo?” Nessuno pare voler approfondire, indagare, tenderle una mano per aiutarla a emergere dal burrone in cui si trova. Perché prendere consapevolezza della realtà non conviene a nessuno. Meglio derubricare le incomprensioni di Azzurra e Andrea a normale dialettica coniugale e farsi gli affari propri.

D. Azzurra sembra condannata a subire. Ma…

Ma per la salvezza non sempre esistono logiche, tempi massimi, previsioni. Azzurra troverà il modo di rialzarsi. E lo farà grazie alla sua migliore amica, grazie alla sua passione e vocazione di artista, grazie ai suoi bambini ma non solo.

Forse, tutto quel male che l’aveva travolta non era riuscito davvero a impossessarsi di lei. Forse non si era mai davvero convinta di essere una nullità. Azzurra a un certo punto intraprende il suo percorso di rinascita, un lungo difficile ma univoco cammino verso una vita completamente nuova.

D. Alla fine, l’incapacità di rapporto è un’incapacità di esprimersi nelle proprie singolarità. La società ci impone di essere perfetti, ma siamo tutti imperfetti. Cosa pensi di questo?

È uno dei temi del mio primo romanzo, “Figlie uniche”, in cui la protagonista, Costanza, è schiava del suo perfezionismo al punto da sentirsi inadeguata a quasi tutto, pur essendo totalmente conforme agli schemi della società. È bella, è colta, è un bravo medico. Ma soffre di crisi di panico.

Si domanda quasi sempre come conformarsi alle aspettative delle persone che la circondano e quasi mai che cosa può renderla felice o, almeno, un po’ contenta. Penso che siamo tutti in qualche modo schiavi di un astratto perfezionismo e di sensi di colpa conseguenti, anch’essi spesso privi di fondamento.

Ed è forse scontato ma inevitabile aggiungere che i social hanno peggiorato le cose creando per ognuno una seconda vita che si snoda quotidianamente a colpi di “dirette”, racconti entusiastici di vite straordinarie e immagini conseguenti, create ad arte e dove naturalmente tutti sono bellissimi.

D. Parlando invece del tuo percorso di autrice… Sei giornalista, quindi sarebbe banale chiederti se ti piace scrivere. Ma qual è stata la molla che ti ha fatto decidere di mettere nero su bianco i tuoi pensieri e di farli vivere in un libro?

Per me la scrittura creativa è una vera seconda vita, nel senso che è sempre stata una dimensione a me congeniale e che mi permette di esprimermi e a volte anche di capirmi e accettarmi meglio. Fin da bambina ho coltivato la narrativa scrivendo piccole storie che riguardavano mondi e pianeti immaginari.

Dove accadevano le cose che più mi piacevano insieme con quelle che mi facevano più paura. Per me la narrativa è una dimensione ulteriore rispetto al mestiere di giornalista, che considero comunque un lavoro bellissimo e che ho tanto desiderato fare; ma è comunque un lavoro, mentre scrivere romanzi è per me un’esigenza, una strada che si fa largo da qualche parte nell’anima.

D. La copertina di “Imperfezioni” è molto forte, d’impatto. Sa passare l’idea della fragilità unità alla caparbietà di non mollare. Ci racconti l’iter che ha portato te e l’editore a scegliere questa immagine?

Al momento di scegliere la copertina di “Imperfezioni”, ho visionato molte immagini trovandone alcune davvero belle ma c’era sempre qualcosa che mi pareva mancasse. Quando ho trovato questa mi è parsa subito perfetta. La sagoma di una donna che si intravede oltre un vetro, o un velo, o del fumo. Viene spontaneo tenderle una mano, rompere quel vetro, aiutarla a uscire. E, visto che appare così misteriosa, raccontarne la storia

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