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“Il cammino per Waterloo”, il libro di guerra che invita tutti a riflettere

La recensione del libro "Il cammino per Waterloo" da parte della nostra collaboratrice e amante della lettura Paola Cingolani

IL CAMMINO PER WATERLOO – Guida a luoghi e fatti dell’ultima campagna di Napoleone.” Del colonnello Paolo Capitini – Edizioni “LA LIBRERIA MILITARE”

Questa recensione è – per me – un lavoro particolare: non difficile, dal punto di vista letterario, ma diversa dalle solite per il metodo innovativo col quale l’autore indaga la storia.
Posso conoscere alcune “strategie della comunicazione” ma a scrivere di “strategie militari” è un esperto eccellente.

L’autore del libro, infatti, è il Colonnello Paolo Capitini: impossibile metterlo in discussione sulla sua competenza professionale, sebbene dobbiamo parlare dell’opera letteraria, tanto che il libro del comandante – oggi – è da considerarsi uno dei testi storici fra i più rivoluzionari.
Dalle prime pagine è immediato il coinvolgimento per il lettore: ci sono scienza, preparazione, documentazione; vi sono immagini, cartine e riferimenti, c’è la descrizione di come – in soli quindici minuti – sia cambiato l’assetto geo-politico europeo dall’epoca di Napoleone fino ai giorni nostri.
L’autore non ha lasciato indietro nulla, neppure delle fotografie molto belle che – come le mappe – ha fatto egli stesso.

Voglio dirlo. Paolo Capitini tocca le capacità emozionali di chi lo legge anche se costui non è un soldato: la sua abilità ci tira dentro ad un mondo che – ad oggi – è stato riservato solo ad una nicchia ristretta.
Cominciando a leggerlo – avendone ascoltato anche una presentazione riuscita ottimamente – la prima cosa che mi è balenata in testa è stata questa poesia:

“La storia non si snoda come una catena di anelli ininterrotta.
In ogni caso
molti anelli non tengono.
La storia non contiene il prima e il dopo,
nulla che in lei borbotti lento fuoco.
La storia non è prodotta da chi la pensa e neppure da chi l’ignora.
La storia non si fa strada, si ostina, detesta il poco al poco, non procede né recede, si sposta di binario e la sua direzione non è nell’orario.
La storia non giustifica e non deplora, la storia non è intrinseca perché è fuori.
La storia non somministra carezze o colpi di frusta.
La storia non è magistra di niente che ci riguardi. Accorgersene non serve a farla più vera e più giusta.
La storia non è poi la devastante ruspa che si dice. Lascia sottopassaggi, cripte, buche e nascondigli. C’è chi sopravvive.
La storia è anche benevola: distrugge quanto più può; se esagerasse, certo sarebbe meglio, ma la storia è a corto di notizie, non compie tutte le sue vendette.
La storia gratta il fondo come una rete a strascico con qualche strappo e più di un pesce sfugge.
Qualche volta s’incontra l’ectoplasma d’uno scampato e non sembra particolarmente felice. Ignora di essere fuori, nessuno glie n’ha parlato. Gli altri, nel sacco, si credono più liberi di lui.

(Eugenio Montale, Nobel Prize)

Capitini – indubbiamente – ha reso assai più avvincente il concetto di storia che, ad oggi, tutti noi avevamo concepito.
Un po’ come ha fatto – dissacrandola – Montale con questa sua lirica. “La Storia” – una poesia controversa e poco nota – è uno dei gioielli raccolti in “Satura”. Scritta nel 1971, critica ed analitica, smonta categoricamente alcuni valori arcaici servendosi magistralmente di due figure retoriche: litote ed anafora.
Se il poeta si serve delle figure retoriche, il colonnello Capitini non ne ha bisogno: è limpido, abile, arriva diretto, ha grande capacità di sintesi. Racconta le idee e le sensazioni di un Napoleone, imperatore che si sente comunque militare, dei suoi collaboratori, dei soldati tutti e del popolo. Ci riesce con poco più di duecento pagine, dando chiara voce ad interi eserciti.
La retorica con cui Montale spiega ciò che“La storia non è”, rappresenta lo strumento poetico volto a distruggere significati e visioni arcaiche, concezioni surclassate, inutili. Ci porta anche a guardarla con un certo pessimismo: non è maestra, non abbiamo imparato niente.

Della presentazione mi sono rimaste impresse molte cose – come la descrizione di quello che può provare un soldato che teme colpi d’artiglieria – ma credo che, per quanto abile, io non riuscirei mai a renderne l’idea. Solo invito tutti a riflettere: quanto può essere lungo un secondo, anche un solo secondo, mentre si attende col timore di saltare in aria trasformati in brandelli?

Per l’occasione, dopo aver asserito come “Per capire i sentimenti di chi è nella storia serva umiltà”, l’autore ha citato alcuni versi di Ungaretti. Amando l’opera omnia di Ungaretti, potrei discutere a lungo sulla forza della parola – come il poeta ci ha insegnato – ma l’impatto della sua poetica va ben oltre, ci vorrebbe una silloge solo per il padre dell’ermetismo.

Veglia

Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore

Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita.
(“L’Allegria” di Giuseppe Ungaretti)

Riflettiamo insieme: – “Non sono mai stato / tanto / attaccato alla vita.” – non è forse ciò che ci diciamo ogni volta che perdiamo un affetto caro, anche per ragioni indipendenti dalla guerra? Io, per ogni perdita (con “perdita” non intendo solo quella estrema), mi ribello e sento forte il desiderio di stringere i miei riferimenti. Vorrei porvi rimedio poiché – se non posso cambiare l’irrecuperabile – là dove mi è possibile sento che devo tentare. Credo sia necessario battersi con tutta la propria energia per non finire a distanza siderale, gli uni dagli altri. E sono solo una donna, una persona civile.
Dunque, come ragiona un militare?
Ho cercato di concentrarmi su quello che stavo ascoltando, ho preso appunti, così da comprendere meglio anche se un militare può avere la stessa facilità, lo stesso ragionamento di un uomo completamente avulso dai meccanismi strategici. Anche con tutta l’umiltà e col dovuto rispetto, nel mondo civile è difficile concepire tatticismi, certo, ma è altrettanto difficile un ritorno al mondo civile se si è vissuta una strage.
Il libro del colonnello Capitini è frutto di una dettagliata raccolta documentale di biglietti e dispacci militari dei soldati stessi che combatterono quella battaglia: di alcuni c’è il nome e l’incarico, le sensazioni e quanto d’altro visse, tutto perfettamente contestualizzato.

Questa è l’arma con la quale Paolo Capitini è già consapevole d’essere vincente ed avvincente anche sui lettori che, come me, amano più il genere poetico e letterario rispetto a quello storico. Egli consegna alla curiosità di ognuno di noi qualcosa di prezioso, ci permette di vedere dal di dentro un pezzo di storia: leggere di questi soldati non è noioso come leggere un testo scolastico stile Brancati (uno dei migliori) ma diventa coinvolgente. Ci suscita empatia. Questa è la sua grande leva: stimolarci, attrarci così tanto da seguirlo nonostante il prodotto sia di nicchia. E, devo dirlo, ci riesce egregiamente: il libro – uscito a dicembre 2018 – ha avuto subito un successo notevole di vendite, tanto da diventare bestseller. Edito da “La libreria militare” (Milano), ha esordito con una pole position che – ad oggi – mantiene.
Ben nove mesi e “Il cammino per Waterloo” svetta al primo posto su I.B.S. Italia. Questi dati sono incontrovertibili, li ho seguiti io stessa, ed è così che interesserà tanti altri lettori.

“La lezione più difficile da imparare per un soldato è ubbidire agli ordini che ritiene sbagliati.” (Suzanne Collins, “Gregor 1 – La prima profezia”)

Aprile 2019 – HISTORY (BBC MAGAZINE) – Prodotto di nicchia per letteratura storica, segnala il libro quale degno di nota fra altre edizioni a livello internazionale.

Maggio 2019 – San Marino Game Convention – Ospite per parlare del suo libro (il video è disponibile su YOUTUBE) il Colonnello Capitini viene intervistato e ci elargisce generosamente la sua esperienza, proprio come l’ho visto fare nella cornice anconetana del Lazzaretto, in quel 19 gennaio 2019, alla presenza di oltre un centinaio di persone, attente e mai annoiate. Per un militare di oggi, ripercorrere le battaglie del passato significa valutarne aspetti tecnici, decisionali, organizzativi, è illuminante e di accrescimento.

Gli eserciti non decidono la guerra ma la combattono: i militari – dice il Colonnello Capitini – sono un mondo a parte, una sorta di Club, di tribù che vive seguendo le proprie regole (qui si riferisce a Sir John Keegan e lo cita).
Loro fanno piani – dicevamo – ma un buon piano resiste al massimo 5 minuti e ciò nonostante continuano a farne considerando ogni alternativa strategicamente possibile.

Perché Waterloo? Perché è una delle più conosciute – apparentemente – e perché il campo di battaglia, oggi, è rimasto come allora. L’autore, neanche a dirlo, lo ha studiato bene. Terra umida, fangosa, pesante, un territorio dove – in pochi minuti – è cambiata la storia e si è delineato l’asseto europeo attuale.

Molto eloquente la digressione del colonnello sul nostro modo di vedere quella battaglia: fossimo inglesi, dicendo “è stata una Waterloo” diremmo “è stato un trionfo”. Il 18 giugno del 1815, l’evento decisivo, li ha visti vincere perché favoriti da un dosso di fango che li ha protetti. La Francia coi suoi alleati, per dei calcoli sbagliati, si è trovata semplicemente dal versante meno favorevole. Ma lascerei la storia a voi: credete, è un libro entusiasmante e costituisce una pietra miliare.
Il colonnello Capitini ci riesce nonostante una terminologia tecnica, accurata, precisa (le sole cose che cambierei sono un paio di punti e virgola e – ma questa non è stata una scelta dell’autore – i caratteri di una dimensione veramente minuta).
Acquistate quest’opera e anche leggetela più avanti ma – credetemi sulla parola – è un libro da possedere, godere per poi rileggere.

L’autore, da vero comandante, discute coi suoi lettori l’intero sistema che sottende lo sviluppo di un’operazione e di quella battaglia portandoci con lui dentro alla trama e – non esistono libri di storia così. Non poteva che essere un bestseller.
Certo, aspettare che possa asciugarsi il fango in Belgio, è stata un’attesa tanto vana quanto assurda ma si è portata la guerra fuori casa. Calcoli apparentemente giusti hanno rappresentato, al contrario, scelte sbagliate perché anche gli eroi, a volte, possono confondersi. Siamo tutti imperfetti, infondo. Dovremmo ricordarlo più spesso.

«Homo sum, humani nihil a me alienum puto» «Nulla che sia umano mi è estraneo»

(Publio Terenzio Afro, “Heautontimorùmenos – Il punitore di sé stesso – del 165 a.C.)

Naturalmente, leggendo, scoprirete tradimenti eccelsi. “Di quelli che architettano nell’ombra qualcosa, l’animo, benché nascosto, anzitempo suole tradirsi.”
(Sofocle)

Penetrandone bene ogni spaccatura mi accorgo che non avrebbe potuto andare in modo differente. Il colonnello è un militare esperto, ha guidato vertici Interforce della N.A.T.O. e insegna all’università della Tuscia. Può vedere solo analiticamente tutto quanto non era mai stato scritto sino ad ora e farcene dono. Questo è il valore del libro: una narrativa storica spiegata da chi la vive e consegnataci con generosità.
Grazie a voi tutti per essere sempre con noi di Libreriamo e grazie infinite al colonnello Paolo Capitini per avermi concesso l’opportunità di recensire un bestseller di tale portata.

Paola Cingolani

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