Per troppo tempo il corpo delle donne è stato raccontato come qualcosa da correggere, normalizzare, contenere. Ciclo mestruale, gravidanza, post partum, perimenopausa e menopausa sono stati ridotti a “fasi problematiche”, spesso liquidate con frasi come “è solo stress” o “è l’età”. “Il bello degli ormoni” nasce proprio per smontare questa narrazione e sostituirla con un’altra: più scientifica, più consapevole, ma soprattutto più umana.
Il libro, firmato da Monica Germani, nutrizionista, e Chiara Amati, giornalista, è una guida che unisce rigore endocrinologico e linguaggio empatico. Non un manuale prescrittivo, ma un percorso di riconnessione: dal corpo che “subiamo” al corpo che scegliamo di abitare. Alimentazione, ritmo circadiano, movimento, emozioni e ascolto diventano strumenti di dialogo con un sistema ormonale complesso e dinamico, che risponde al tempo, alla storia personale e alla vita reale.
“Il bello degli ormoni”: Le autrici, il libro e l’intervista
Monica Germani lavora da anni sul fronte della nutrizione funzionale e della salute ormonale femminile, portando nella pratica clinica un approccio che integra metabolismo, sistema nervoso ed emozioni.
Chiara Amati, giornalista e autrice, ha dato al progetto una forma narrativa capace di accogliere le esperienze delle donne senza semplificarle né medicalizzarle.
Insieme hanno costruito un libro che parla con le lettrici, non alle lettrici, restituendo dignità a ciò che per troppo tempo è stato vissuto in solitudine o con vergogna.
“Il bello degli ormoni” è un testo che riesce in un’impresa rara: spiegare la complessità endocrina senza renderla distante. Attraverso esempi concreti, esercizi quotidiani, miti alimentari smontati e routine semplici, il libro accompagna la lettrice in un processo di consapevolezza progressiva. Non promette trasformazioni miracolose, ma propone un cambio di sguardo radicale: il corpo non è un nemico, è un alleato che comunica.
Il punto di forza del volume è l’idea di “cibo come amico”, non come strumento di controllo, e la centralità del ritmo, biologico, emotivo, stagionale, come chiave per ritrovare equilibrio e leggerezza. Un libro pratico, ma anche politico, perché restituisce alle donne il diritto di sentirsi “giuste” in ogni fase della vita.
“Il bello degli ormoni”: Parlare di ormoni senza semplificare: una scelta etica
Intervista a Monica Germani
1.
Come può l’alimentazione diventare un’alleata nelle diverse fasi ormonali della vita di una donna?
«Ogni fase della vita di una donna corrisponde a un diverso assetto ormonale, e l’alimentazione è il modo più immediato per dialogare con questo cambiamento. In età fertile abbiamo un ciclo in cui estrogeni e progesterone si alternano. Nella prima fase (follicolare) l’estrogeno sale: ci sentiamo più energiche, tolleriamo meglio i carboidrati, il metabolismo è più “ordinato”
Nella fase premestruale, invece, il progesterone aumenta: si riduce leggermente la sensibilità insulinica, cresce la fame, aumenta la richiesta di magnesio e vitamina B6. Ecco perché una donna, in quei giorni, sente davvero il bisogno di carboidrati più complessi e pasti più rassicuranti. In gravidanza, l’organismo deve sostenere due metabolismi contemporaneamente. L’insulina cambia comportamento, il corpo chiede continuità energetica e acidi grassi essenziali.
È una fase in cui l’alimentazione diventa quasi un “faro biologico”. In perimenopausa e menopausa, gli estrogeni oscillano e poi calano, modificando il rapporto tra massa grassa e massa magra, la risposta dell’insulina, la termoregolazione e persino l’umore. Qui l’alimentazione diventa un vero supporto ormonale: più proteine per preservare il muscolo, fibre per modulare la glicemia, omega-3 per la risposta infiammatoria, una distribuzione più attenta dei carboidrati. Quando capiamo questo, il cibo smette di essere un nemico: diventa un modo per dire al corpo: so cosa stai attraversando, e ti accompagno.»
2.
Uno dei punti forti del libro è la trasformazione da “corpo che subiamo” a “corpo che scegliamo di abitare”. Quali sono i primi gesti pratici che possiamo adottare quotidianamente per iniziare questo cambiamento?
Dal “corpo che subiamo” al “corpo che scegliamo di abitare”: gesti pratici e concreti
Il corpo femminile cambia in base agli ormoni, e spesso questi cambiamenti vengono vissuti come qualcosa da correggere o da contenere. In realtà sono segnali preziosi. E il passaggio dal “subire il corpo” al “scegliere di abitarlo” davvero inizia con tre gesti semplicissimi, alla portata di tutte.
Il primo gesto è imparare ad osservare. E non nel senso di analizzarci troppo, ma di registrare ogni giorno quattro parametri: energia, fame, sonno e umore. Questi piccoli indizi ci dicono già moltissimo: ci mostrano come stanno rispondendo il cortisolo, l’insulina e i neuro-trasmettitori che regolano equilibrio emotivo e fame nervosa. Per molte donne è la prima volta in cui si mettono davvero al centro, non per giudicarsi, ma per capire. Per modulare, non per contrastare. Quando riconosci il motivo per cui il tuo corpo reagisce in un certo modo, smetti di viverlo come un ostacolo e inizi a collaborare con lui.
Il secondo gesto è dedicare almeno un pasto alla consapevolezza. Può sembrare banale, ma due respiri profondi prima di mangiare cambiano letteralmente la risposta del sistema neuroendocrino. Se entriamo nel pasto in “tensione”, il corpo si comporta come se fosse inallarme: digerisce peggio, assorbe peggio, e tende a cercare zuccheri subito dopo. Se invece attiviamo il sistema parasimpatico, il sistema della calma, la digestione diventa più efficiente, la sazietà arriva prima e la glicemia resta stabile. È una piccola pausa, ma ha un effetto enorme su fame, gonfiore e stress alimentare.
Il terzo gesto è introdurre un piccolo movimento metabolico. Una camminata di dieci minuti dopo i pasti o cinque minuti di mobilità al mattino possono sembrare dettagli, ma hanno un impatto sorprendente.
Il movimento leggero aumenta la dopamina, che migliora la motivazione e riduce la fame emotiva, e allo stesso tempo stabilizza la glicemia, riducendo quell’effetto “montagne russe” che porta a cercare continuamente zuccheri.
È il modo più semplice per evitare la fame da stress, che spesso non nasce nello stomaco ma nel cervello, quando la glicemia crolla e il cortisolo sale. Sono tre abitudini minuscole, ma cambiano la percezione di sé. Fanno sentire la donna parte attiva del proprio equilibrio, non spettatrice passiva. E da qui comincia la vera trasformazione: quando il corpo smette di essere qualcosa da controllare e torna a diventare un luogo da abitare
3.
Come si inserisce la consapevolezza del ritmo circadiano nella gestione del metabolismo e delle fluttuazioni ormonali?
«Oggi sappiamo con certezza che il ritmo circadiano coordina metabolismo, ormoni e cervello. Non è un concetto “olistico”: è endocrinologia applicata. Il cortisolo dovrebbe avere il suo picco al mattino, l’insulina funziona meglio nelle prime ore del giorno, la melatonina prepara la notte per la rigenerazione cellulare. Quando viviamo fuori ritmo con pasti irregolari, sonno scarso, luce blu serale, l’intero sistema perde coordinazione.
Nella pratica clinica vedo che tre interventi cambiano molto: esporsi alla luce del mattino entro un’ora dal risveglio, anticipare i pasti principali, così da lavorare con la fisiologia dell’insulina e non contro, andare a dormire a orari simili, perché la stabilità circadiana riduce infiammazione, fame emotiva e cortisolo notturno. Non parliamo di perfezione: parliamo di rimettersi in un ritmo che il nostro organismo riconosce da millenni.»
4.
Spesso la dieta viene vista come un sacrificio. Nel vostro libro invece parlate di “cibo come amico”. Come possiamo educarci a questa visione più armoniosa e meno punitiva?
Come possiamo educarci a questa visione più armoniosa e meno punitiva? Il problema non è mai stato il cibo. Il problema è la storia che abbiamo costruito intorno al cibo: regole rigide, sensi di colpa, convinzioni sbagliate sul metabolismo.
Per tante donne, mangiare è diventato quasi un esame da superare, non un gesto biologico. Eppure, quando torniamo alla fisiologia, la narrazione cambia completamente.Cosa accade davvero nel corpo. Il nostro cervello e i nostri ormoni rispondono a tre elementi chiave: L’energia disponibile. Quando mangiamo troppo poco o in modo irregolare, il corpo va in allerta: il cortisolo aumenta, la leptina (l’ormone della sazietà) si abbassa, la grelina (l’ormone della fame) sale. Il risultato? Più fame, meno lucidità nelle scelte, più infiammazione.
La qualità del sonno. Dormire poco e/o male altera la sensibilità all’insulina e amplifica il desiderio di dolci. Non è questione di “forza di volontà”: è biochimica.
La fase ormonale: Nella fase luteale del ciclo, la sensibilità insulinica si riduce. Tradotto: il corpochiede più carboidrati. Se non li introduciamo in forma intelligente, li cercherà in forma compulsiva.
Quando una donna capisce che tutto questo è fisiologico, e non caratteriale, la relazione con il cibo si alleggerisce. Non è più un campo di battaglia: diventa un dialogo. Sfatiamo i miti alimentari più radicati: I carboidrati fanno ingrassare.
Non è il carboidrato in sé a creare problemi, ma come e quando lo mangiamo. Diventano difficili da gestire quando sono: ad assorbimento rapido (pane bianco, dolci) in momenti di stress o sonno scarso, consumati da soli, senza fibra o proteine, concentrati la sera dopo aver quasi saltato la giornata. In realtà i carboidrati servono:
alla serotonina → per l’umore,
alla tiroide → per il metabolismo,
alla fase luteale → per stabilizzare il progesterone.
Il problema non è il carboidrato: è l’abbinamento sbagliato.
“Il digiuno è la soluzione a tutto.” Il digiuno può essere utile, ma non per tutte e non in ogni momento. In molte donne, soprattutto stressate, stanche o già in carenza calorica, il digiuno: aumenta il cortisolo, peggiora la fame serale, sballa il ciclo, rallenta la termogenesi.
Se a un digiuno aggiungiamo una vita frenetica, poco sonno e poche calorie, il corpo entra in modalità risparmio energetico. Risultato: il metabolismo rallenta, la fame aumenta, la ritenzione compare.
“Per dimagrire bisogna mangiare meno e allenarsi di più.” È uno dei miti più dannosi. Allenamenti intensi sommati a poche calorie portano a un’unica conseguenza: cortisolo cronicamente alto. Il cortisolo troppo alto: blocca la perdita di peso, aumenta il desiderio di zuccheri, altera la risposta agli ormoni tiroidei, riduce la massa muscolare, favorisce infiammazione e gonfiore. La verità è che molte donne non dimagriscono perché fanno troppo, non perché fanno poco. Il corpo non resta in deficit per sempre: a un certo punto si difende. La soluzione: come ritrovare un rapporto più armonioso con il cibo
«La vera svolta arriva quando si capisce che il cibo non è un test da superare, ma una forma di comunicazione con il nostro sistema neuroendocrino.» Di seguito tre strategie da attuare subito:
Mangiare in modo regolare, non perfetto. Stabilizzare i pasti significa stabilizzare cortisolo e glicemia. Il corpo lavora in sicurezza, non in emergenza. E quando è tranquillo, risponde meglio. Inserire carboidrati intelligenti. Carboidrati complessi, sempre abbinati a proteine e fibre, e variati in base alla fase ormonale. Nella fase premestruale o in perimenopausa questo approccio può cambiare completamente la fame, l’umore e il senso di stabilità.
Rispettare i segnali del corpo. Il corpo non ti boicotta: ti informa. Fame improvvisa? Spesso è un pasto troppo lontano. Desiderio di dolci? Può essere serotonina o tiroide. Gonfiore serale? Cortisolo alto + gestione sbagliata dei carboidrati.Quando comprendi il messaggio, non scatta il panico e si risponde in modo più adatto, non con restrizioni. Quando una donna capisce che i suoi bisogni non sono capricci, ma fisiologia, allora tutto si ricentra. Il cibo non è più un nemico, non è un sacrificio: è un alleato che sostiene energia, umore, sonno e stabilità emotiva. Da questa consapevolezza nasce una libertà nuova, molto più profonda della semplice “dieta”.
5.
Alcune routine proposte nel libro sono molto semplici, eppure efficaci. Qual è, secondo la tua esperienza clinica, la più sottovalutata ma rivoluzionaria?
Secondo la tua esperienza clinica, la più sottovalutata ma rivoluzionaria? Quando parliamo di equilibrio ormonale, non è questione di fare ore di allenamento o rivoluzioni alimentari. Spesso sono i gesti più piccoli ad avere l’effetto più profondo. Un esempio semplice è la camminata breve, uno dei modulatori più potenti di glicemia e cortisolo. Non parliamo di un allenamento di un’ora, ma di dieci o quindici minuti di movimento leggero dopo i pasti: anche due passi sotto casa o dentro l’ufficio.
Se dopo un pasto ricco di carboidrati restiamo sedute, la curva glicemica tende a salire rapidamente per poi crollare altrettanto velocemente: è quel crollo che genera la fame nervosa e la ricerca immediata di zuccheri. Se invece ci muoviamo per dieci minuti, i muscoli utilizzano parte del glucosio in circolo e la curva diventa più dolce e stabile. Risultato: meno fame da stress, meno picchi, meno gonfiore e una mente più lucida.
Un altro strumento sottovalutato è la respirazione. Bastano due respiri lenti e profondi prima di iniziare a mangiare per spostare il corpo dalla modalità di “allerta” alla modalità “calma”. In pratica, attiviamo il sistema parasimpatico, che migliora la digestione, riduce la risposta insulinica e facilita la sensazione di sazietà. Mangiare in tensione, invece, attiva il cortisolo e rende tutto più difficile: dalla digestione al controllo della fame.
Sono dettagli apparentemente semplici, ma che cambiano la qualità delle giornate. Non chiedono sforzo, ma presenza: qualche respiro, una breve camminata, un po’ di attenzione all’intestino. E da lì, spesso, il rapporto con il cibo e con il corpo inizia a trasformarsi davvero.
Intervista a Chiara Amati
1.
Il libro unisce l’approccio scientifico con uno stile narrativo accogliente e accessibile. Come hai lavorato per costruire un linguaggio empatico che non banalizzasse la complessità?
Ho cercato un equilibrio che, poi, è diventato una postura etica: parlare con il lettore, non al lettore. La sfida mi è stata chiara da subito: raccontare il mondo degli ormoni, con tutta la sua intricatissima architettura, senza cedere alla freddezza del tecnicismo né alla leggerezza della banalizzazione. Per costruire un linguaggio empatico, insieme alla dottoressa Germani abbiamo lavorato su tre piani. Anzitutto l’ascolto: di noi stesse, delle donne che ci circondano, delle nostre oscillazioni di peso, delle stanchezze inspiegate, degli sbalzi d’umore che troppo spesso si portano dietro frustrazione o vergogna.
Volevamo che chi legge si sentisse accolto fin dalle prime righe, riconoscendo in queste sensazioni non stranezze da correggere, ma punti di partenza legittimi. L’empatia, dopotutto, nasce dal riconoscimento dell’altro. Poi la scelta della forma. Abbiamo reso fruibile la scienza, riportata magistralmente da Monica, mantenendo l’autorevolezza.
E lo abbiamo fatto attraverso analogie, immagini concrete, piccoli frammenti di vita per rendere accessibili concetti complessi senza togliere loro profondità. La complessità non è un ostacolo: è un paesaggio che merita di essere raccontato con onestà. Infine il ritmo. Abbiamo alternato spiegazioni a momenti narrativi, a esercizi, tabelle, routine, consigli con l’obiettivo di tenere alto il coinvolgimento. Un lettore coinvolto non ha bisogno che gli si semplifichi il mondo: chiede piuttosto una guida che lo accompagni con rispetto.
2.
In che modo la scrittura di questo libro ti ha trasformata, come donna e come autrice? Hai avuto momenti di rivelazione scrivendolo?
Scrivere “Il bello degli ormoni” mi ha permesso di rileggere il corpo con maggiore indulgenza e consapevolezza. Da co-autrice ho trovato una voce più autentica, capace di unire rigore e intimità. Momenti di rivelazione? Diversi: quando ho riconosciuto, ad esempio, quanto le oscillazioni ormonali che spiegavo agli altri fossero anche parte della mia storia. È stato come mettere a fuoco un mosaico che avevo sempre visto e vissuto a pezzi.
Ma, soprattutto, questo libro mi ha dato qualcosa che non mi aspettavo: motivazione e forza. Sono convinta che comprendere il nostro corpo siaun atto di emancipazione. E quella stessa energia che volevo trasmettere al lettore ha finito per ricadere anche su di me, restituendomi una spinta nuova: nel lavoro e nella vita.
3.
Si avverte una forte volontà di rompere il tabù sul corpo femminile e sulla salute ormonale. Qual è stata la tua motivazione più profonda nel voler affrontare questi temi?
Da donna, e anche mamma, quindi educatrice, volevo restituire al corpo femminile ciò che per troppo tempo gli è stato negato: parole chiare, dignità e diritto di esistere senza pudore. Ancora oggi il tabù sulla salute ormonale ci lascia spesso sole, incomprese. Il libro nasce proprio da qui: dal desiderio di illuminare ciò che è stato taciuto, di trasformare la complessità in consapevolezza e di dire, finalmente, che non c’è nulla di sbagliato in noi. C’è solo tanto che non è stato ancora raccontato.
4.
Molte donne leggendo il libro si sentiranno viste e comprese. Hai ricevuto storie personali da lettrici durante o dopo la pubblicazione che ti hanno colpita?
Sì. Una amica mi ha confidato che il libro l’ha spinta achiedere un secondo parere medico, scoprendo finalmente la causa dei suoi sintomi che le erano stati dati per “questioni di età. Passerà, stia tranquilla”. No! Noi donne abbiamo il diritto di vivere la nostra natura in equilibrio, in qualunque fase della nostra esistenza. Convivere con il disagio è frustrante. Mi ha fatto molto piacere la testimonianza di un’altra amica che sta leggendo il libro con sua figlia adolescente.
“Mi piace l’idea di trasformare anni di imbarazzo in un dialogo nuovo e libero”, ha scritto. Il messaggio più spiazzante, in senso positivo, è però di un conoscente: “Da uomo mi sono accorto di quanto poco sappiamo e di quanto poco ci venga insegnato della complessità del mondo ormonale femminile.
Leggendo il libro ho avuto la sensazione di entrare in un territorio che non mi apparteneva, ma che avrei dovuto conoscere: quello delle esperienze quotidiane di voi donne, dei vostri cicli, delle energie che cambiano, delle vulnerabilità e della vostra forza biologica. Quando una donna si sente vista, cambia il modo in cui si prende cura del proprio corpo. Quando un uomo vede una donna nella meraviglia della sua natura, capisce che potrebbe e dovrebbe prendersi cura dell’intera società”.
5.
Se potessi riassumere il cuore del libro in una frase rivolta a una donna che si sente “fuori fase”, quale sarebbe?
Non parlerei mai a una donna che si sente fuori fase perché una donna, nella sua fisiologia, non è mai fuori fase. Casomai in trasformazione. Le direi: mettiti in ascolto. Il tuo corpo ha molto da dire. E no, non ti mette alla prova. Impara la sua lingua, scoprirai una potenza che era già tua.
