Se si vuole tentare di decifrare la complessa architettura mentale di Elon Musk, non bisogna guardare ai grafici di Wall Street o ai brevetti ingegneristici, ma ai romanzi di Iain Banks. Lo scrittore scozzese non è stato semplicemente un autore di fantascienza di culto, ma è l’architetto ombra che ha disegnato la mappa su cui si muove oggi l’uomo più ricco del pianeta.
Ogni volta che un razzo Falcon 9 di SpaceX rientra dall’orbita per atterrare su una piattaforma nell’oceano, o quando Neuralink promette di connettere il cervello umano all’intelligenza artificiale, si assiste a un tentativo, titanico e ossessivo, di trasformare in realtà la “Cultura”: l’utopia interstellare descritta da Banks nel suo celebre ciclo di romanzi. Musk non ne ha mai fatto mistero della sua ispirazione, cita le opere dello scrittore come testi sacri, battezza le sue navi con i nomi delle astronavi dei libri e si è definito pubblicamente, in un tweet del 2018, un “anarchico utopista” nello stile di Banks.
Tuttavia, questa storia di ammirazione nasconde un malinteso colossale, forse il più grande paradosso culturale della Silicon Valley odierna. Perché Iain Banks, morto nel 2013, non era un guru del tecno-capitalismo liberista. Era un socialista militante, un uomo che ha strappato il suo passaporto per protesta contro l’imperialismo occidentale e che considerava l’accumulo di ricchezza privata come un sintomo di barbarie morale.
Il magnate sta costruendo l’hardware del futuro immaginato da Iain Banks, le navi spaziali, i satelliti, l’IA, ma sembra averne dimenticato, o volutamente ignorato, il sistema operativo etico.
L’uomo dietro la “M”. Chi è Iain Banks, lo scrittore socialista che amava il whisky
Per capire perché tutto questo sia così ironico, bisogna prima capire l’uomo che ha creato quell’universo. E Iain Banks era una figura che sfuggiva a qualsiasi categorizzazione semplice, proprio come i mondi che costruiva.
Nato nel 1954 nel Fife, una regione industriale della Scozia, Banks non è mai stato il tipico intellettuale da torre d’avorio. Era un bon viveur scozzese con una risata tonante, un amore dichiarato per le auto veloci (possedeva diverse Porsche e Land Rover, una contraddizione che ammetteva con autoironia rispetto al suo ambientalismo) e una passione enciclopedica per il whisky, a cui dedicò persino un libro-viaggio, Raw Spirit.
La doppia vita letteraria La sua genialità risiedeva in una scissione quasi clinica della sua identità artistica. Per il pubblico generalista, era Iain Banks, l’autore di best-seller mainstream. Debuttò nel 1984 con La fabbrica delle vespe (The Wasp Factory), un romanzo gotico e disturbante su un adolescente psicopatico che scioccò la critica britannica (un recensore disse che il libro faceva “venire voglia di farsi una doccia”).
Ma quando voleva guardare alle stelle, aggiungeva una lettera. Diventava Iain M. Banks (la M sta per Menzies, il suo secondo nome). Questa “M” era il segnale per i lettori, nel senso che si stava per lasciare la realtà per entrare nella “Cultura”. Non considerava la fantascienza un genere di serie B, ma l’unico palcoscenico abbastanza vasto per testare le sue idee politiche più radicali.
Se Elon Musk è l’icona del capitalismo liberista americano, Banks era l’incarnazione della “Old Labour” britannica, ovvero un socialista democratico, laico e fieramente anti-imperialista.
La politica non era un sottofondo nei suoi libri, era il motore. Banks disprezzava l’idea che il mercato fosse la soluzione ai problemi umani. Per lui, una civiltà avanzata era quella che superava il capitalismo, non quella che lo perfezionava. Il suo impegno era viscerale. Nel 2003, quando il Regno Unito decise di appoggiare l’invasione americana dell’Iraq, Banks prese il suo passaporto, lo tagliò a pezzi e ne spedì i resti al numero 10 di Downing Street, direttamente al Primo Ministro Tony Blair.
L’ultimo saluto
L’integrità di Banks si vide fino alla fine. Nel 2013, gli fu diagnosticato un cancro alla cistifellea in stadio terminale. Invece di ritirarsi nel silenzio, affrontò la morte con lo stesso humour nero dei suoi libri. Pubblicò un post sul suo sito intitolato semplicemente “A personal statement”, in cui annunciava: “Sono ufficialmente Molto Malato” (I am officially Very Poorly). Chiese alla sua compagna di sposarlo (“Mi farà l’onore di diventare la mia vedova”) e passò gli ultimi mesi a rispondere alle lettere dei fan.
Morì a 59 anni, lasciando un vuoto incolmabile nella letteratura speculativa. Non fece in tempo a vedere l’ascesa definitiva dei miliardari della Silicon Valley che oggi citano i suoi libri come bibbie aziendali. E forse è stato un bene, perché Iain Banks aveva un termine specifico per i ricchi potenti che accumulavano risorse mentre altri soffrivano: li chiamava “greedy twats” (avidi idioti).
È questo l’uomo che Elon Musk chiama la sua “ispirazione”. Un socialista scozzese che amava il malto torbato, odiava la guerra e sognava un universo dove nessuno possedesse nulla, perché tutti avevano tutto.
l “Ciclo della Cultura”: Il vangelo secondo la fantascienza
Se Iain Banks era il profeta, i dieci romanzi del Ciclo della Cultura (pubblicati tra il 1987 e il 2012) sono le sacre scritture della Silicon Valley. Ma cosa c’è scritto esattamente in queste pagine che ha catturato l’immaginazione di Musk al punto da modellare le sue aziende su di esse?
La “Cultura” è un esperimento mentale radicale: una civiltà post-scarsità che vive su giganteschi anelli artificiali nello spazio (gli “Orbitali”). Grazie a macchine capaci di manipolare la materia, tutto è gratis, il denaro è obsoleto e il lavoro è solo un hobby. Ecco i tre libri fondamentali per capire la connessione con le il piano di sviluppo delle aziende di Musk:
1. Pensa a Fleba (Consider Phlebas, 1987)
È il primo libro della serie e quello che getta le basi del conflitto. Racconta la guerra tra la “Cultura” (anarchica, gestita dalle macchine, atea) e gli “Idirani” (una razza di tripodi religiosi e fanatici). In questo libro il legame con Musk sta nell’interpretazione che l’umanità (o meglio, le specie biologiche) è caotica e irrazionale, mentre le macchine sono l’unica speranza di ordine. È la base della filosofia di Musk sull’IA, se non puoi batterle, unisciti a loro.
2. L’impero di Azad (The Player of Games, 1988)
Probabilmente il romanzo più accessibile e amato. Segue un campione di giochi da tavolo della “Cultura” che viene inviato a visitare un impero brutale e gerarchico, dove il posto di ogni cittadino è deciso da un complesso gioco di strategia. È da questo libro (e dai successivi) che emerge la personalità delle astronavi, che Musk utilizza per le sue navi spaziali. Nella “Cultura”, le navi non sono oggetti, sono “Menti” (“Minds”), intelligenze artificiali con personalità eccentriche, che scelgono i propri nomi. L’umorismo dissacrante di queste navi è visibile anche nelle chiatte spaziali dell’uomo più ricco del mondo.
3. Dettagli in superficie (Surface Detail, 2010)
Questo è il testo sacro per Neuralink.
La trama ruota attorno a realtà virtuali e coscienze digitalizzate, ma soprattutto descrive nel dettaglio il “Neural Lace” (“Merletto Neurale”). È una rete ultra-sottile che viene iniettata nel cervello e cresce insieme ai neuroni, permettendo all’utente di salvare la propria coscienza, comunicare telepaticamente con le macchine e potenziare l’intelligenza. Quando Musk ha fondato Neuralink, ha dichiarato esplicitamente che l’obiettivo era creare un “Neural Lace” reale.
Le vere protagoniste: le “Menti” (“The Minds”)
C’è un ultimo elemento dei libri che spiega l’ossessione di Musk più di ogni altra cosa: il governo. Nella “Cultura” non ci sono presidenti, parlamenti o re. A prendere le decisioni importanti, come spostare un asteroide o gestire l’economia di un sistema solare, sono le “Menti”.
Queste super-IA sono miliardi di volte più intelligenti di qualsiasi umano. Sono dei benevoli dittatori (o “tutori”, come li chiamava Banks) che trattano gli esseri biologici come amati animali domestici: “ci tengono al sicuro, ci nutrono, ci lasciano giocare, ma non ci permettono di toccare i comandi che contano davvero”.
Per un uomo come Musk, che teme l’IA fuori controllo ma che al tempo stesso vuole essere l’architetto del futuro, le “Menti” rappresentano il sogno definitivo, un potere assoluto, razionale e tecnologico, libero dalle lungaggini della democrazia umana.
Il grande malinteso: l’analisi dei critici internazionali
È proprio qui, nell’applicazione pratica di queste idee, che l’ammirazione di Musk mostra le sue crepe filosofiche. Come notato dalla critica internazionale, Musk sembra amare i “giocattoli” della “Cultura”, detestandone però i valori fondanti.
Il paradosso del denaro
Nella “Cultura”, il denaro è obsoleto. Come sottolinea Tobias Carroll su Literary Hub, Musk sembra ignorare che la società che venera ha abolito proprio ciò che gli conferisce potere: il capitale. In un romanzo intitolato Un dono dalla Cultura, Banks scrive una frase che suona come una condanna per l’attuale status del miliardario: “Il denaro è segno di povertà”. Musk vuole costruire l’utopia di Banks, ma lo fa accumulando la più grande fortuna privata della storia, un comportamento che la “Cultura” considererebbe primitivo.
La questione del genere e della libertà
La dissonanza si acuisce sui temi sociali. La “Cultura” è una società radicalmente progressista in cui un numero significativo di abitanti è genderfluid. Nel romanzo Matter (2008), Banks descrive con naturalezza personaggi che cambiano sesso: “Jerle Batra era nato maschio. Come era consuetudine nella “Cultura”, aveva cambiato sesso per un certo periodo e aveva avuto un figlio”. Per Banks, la capacità di cambiare genere rende le persone “amanti migliori e più premurosi”. Questa fluidità strutturale stride violentemente con le recenti posizioni di Musk, che ha abbracciato una retorica sempre più conservatrice e ostile alle tematiche di genere.
L’equivoco dell’Anarchia e le “Menti”
C’è poi l’aspetto politico. Musk si definisce “anarchico utopista”, ma come ha notato Stuart Kelly sul Guardian, la “Cultura” non è una vera anarchia: è un’egemonia delle macchine. Le “Menti” decidono tutto, trattano gli umani come animali domestici amati e possiedono persino una divisione segreta, “Circostanze Speciali”, che compie omicidi e manipolazioni per imporre i propri valori. Kelly osserva che è preoccupante che un imprenditore tech veda un “monolite totalitario e interventista” come un ideale di libertà.
Una curiosa coincidenza mal interpretata
Resta sul tavolo una questione affascinante che va oltre la semplice critica politica. Elon Musk sta indubbiamente realizzando l’aspetto ingegneristico della visione di Ian M. Banks: i razzi riutilizzabili, i satelliti per la connessione globale e le interfacce neurali sono passi concreti verso quel futuro tecnologico. Sta costruendo, pezzo dopo pezzo, l’hardware della “Cultura”.
Tuttavia, c’è una curiosità letteraria che i critici, come Tobias Carroll, non hanno potuto fare a meno di notare e che aggiunge un livello di complessità a questa storia. Nel romanzo Dettagli in superficie, Banks ha inserito un personaggio, Joiler Veppers, che sembra quasi una profezia involontaria. Veppers è descritto come un brillante industriale spaziale, immensamente ricco e potente, convinto che il suo genio gli dia il diritto di operare al di sopra delle regole comuni.
Nel romanzo, Veppers è l’antagonista che la “Cultura” combatte. La grande ironia sta nell’osservare il paradosso di un uomo che si ispira profondamente a un’opera letteraria, pur incarnando caratteristiche che l’autore di quell’opera ha attribuito alla “parte avversa”.
Forse la domanda più interessante che lascia in eredità lo scrittore scozzese è se sia possibile separare la tecnologia di Banks dalla sua etica. Musk riuscirà a costruire la “Cultura” senza il socialismo e l’anarchia che ne erano il motore? O stiamo assistendo alla nascita di qualcosa di completamente diverso, che ha solo preso in prestito i nomi delle astronavi da un vecchio scrittore scozzese?
Come ha scritto Stuart Kelly, resta il dubbio su cosa ne penserebbe oggi Banks, l’uomo che amava il whisky e detestava il potere, vedendo i suoi sogni realizzati all’estremo opposto del suo spettro ideologico.
