Un’antica leggenda continua a mietere vittime nella Val Ghiaccia e due nuovi protagonisti sono chiamati a indagare… Il vincitore del Premio Bancarella Matteo Strukul, arriva in libreria “I sette corvi“. Si tratta di un thriller ambientato nel piccolo villaggio di Rauch, nella Val Ghiaccia delle Alpi Venete, dove si indaga sull’omicidio di un insegnante. Un libro che trae ispirazione, come ammesso dallo stesso Strukul, da maestri del gotico e del thriller come Edgar Allan Poe e Stephen King.
“I sette corvi” un libro da leggere
Sinossi del libro
Gennaio 1995. A Rauch, minuscolo paese della Val Ghiaccia, gola sperduta in una delle più remote lande delle Alpi Venete, quasi al confine con il Friuli, viene ritrovato il cadavere della giovane insegnante Nicla Rossi. Il volto, escoriato, è stato privato degli occhi, come se qualcuno glieli avesse strappati. La polizia di Belluno incarica l’ispettrice Zoe Tormen e il medico legale Alvise Stella di recarsi sul luogo, poiché le dinamiche dell’omicidio fanno pensare a un potenziale serial killer.
I due non potrebbero essere più diversi: Zoe ha trent’anni, è figlia della montagna e sembra uscita dalla copertina di un disco di musica grunge; Alvise, invece, è un uomo di città, ama i completi, la musica classica e gli scacchi. Anche se i loro mondi sembrano destinati a collidere, dovranno unire le forze, perché nella morte di Nicla niente è come sembra. A Rauch si annida un male profondo che neanche la neve è riuscita a spazzare via; un male che affonda le sue radici nella sete di giustizia e in un’antica leggenda. Il passato è diventato presente e forse non è un caso che proprio Zoe sia giunta a Rauch…
Intervista a Matteo Strukul
Autore della saga bestseller I Medici, oltre 1 milione di copie vendute, le opere di Matteo Strukul sono in corso di pubblicazione in 40 Paesi e opzionate per il cinema. Abbiamo intervistato l’autore de “I 7 corvi” per parlare della sua nuova opera.
Come nasce questo tuo nuovo thriller? Quali sono le principali novità rispetto ai tuoi precedenti lavori?
Anzitutto è un romanzo ambientato negli anni ’90 quindi non si tratta di letteratura storica, quella che caratterizza molti dei miei precedenti lavori. Desideravo scrivere qualcosa di diverso, quasi contemporaneo. Mi piaceva l’idea di esplorare la grande scrittura dell’inquietudine, quella che proprio in tempi recenti ha avuto un ritorno prepotente, penso al Michael McDowell di Blackwater o al Jason Rekulak di Teddy.
A chi ti sei ispirato per questo romanzo?
Ho scelto atmosfere gotiche nel segno di Edgar Allan Poe, Washington Irving, Nathaniel Hawthorne, Daphne Du Maurier, per arrivare poi a Stephen King e James O’barr. Del grande autore di Baltimora, avevo recentemente scritto, in occasione di una mia prefazione all’opera integrale pubblicata a fine 2023 da Newton Compton.
Il gotico è il lato oscuro del romanticismo e la mia letteratura, la mia visione autoriale si è nutrita di opere come I Masnadieri di Friedrich Schiller, Michael Koolhaas di Heinrich von Kleist, gli Inni alla Notte di Novalis, Gli elisir del diavolo di E.T.A. Hoffmann, fra le tante che potrei citare. Parlo di autentiche pietre angolari del Romanticismo Tedesco che è alla base di quello Inglese e del Gotico Americano se è vero che proprio Edgar Allan Poe studiò a fondo Hoffmann.
Per la realizzazione di questo libro hai vissuto a pieno contatto con la natura presso i boschi e le montagne bellunesi: perché è in che modo ha influito nella stesura dell’opera?
Adoro le Alpi e in particolare la zona estrema del Bellunese, quella che confina con il Friuli. Ho una vecchia fattoria, sperduta fra i monti, e amo andare per boschi fin da quando mio nonno mi portava, prima da bambino e poi da adolescente, a funghi. Da allora non ho più smesso e il bosco è diventato per me un ambiente di pace e tranquillità.
Lo cerco ogni volta che posso. Ho osservato i corvi in inverno, fra la neve, partendo dalle belle monografie di Bernd Heinrich. E poi la visione delle montagne, del paesaggio invernale, il silenzio: tutto questo è diventato un vero e proprio personaggio nel corso della mia storia.
La protagonista, l’investigatrice Zoe Tormen, ama la musica. Che valore ha la musica in quest’opera?
Fondamentale. Non è solo la colonna sonora ma scandisce i tempi del romanzo, ne detta le pause e dilata le sensazioni. Zoe è immersa nel grunge degli anni 90, incarna la generazione X, quella cresciuta con i Nirvana di Kurt Cobain e i The Black Crowes dei fratelli Robinson. Perciò si veste con camicie a quadri e jeans, parka e scarponi. Marco, l’altro piccolo co-protagonista de I sette corvi è stregato dalla musica dark dei The Cure o da Siouxsie and the Banshees.
Nei tuoi precedenti lavori hai sempre unito fiction a storia vera, valorizzando in particolare le opere d’arte italiane. Lo hai fatto anche in questo tuo ultimo lavoro?
In questo caso ho unito la fiction al folklore, al racconto popolare, alla leggenda, alla tradizione orale, per tale ragione credo di poter dire che questo mio romanzo rappresenta un buon esempio di gotico alpino o di folk horror, da questo punto di vista c’è qualcosa di Algernon Blackwood, penso ad esempio al racconto The Wendigo o ancora a The Only Good Indians di Stephen Graham Jones e ancora al Dino Buzzati de Le notti difficili, grande autore italiano, bellunese.
Ecco perché mi rendo conto che certe catalogazioni, comprensibili in termini editoriali, lasciano alla fine il tempo che trovano. Non ho mai scritto romanzi di genere ma letteratura d’avventura e dell’inquietudine, romanticismo oscuro, storie dal ritmo incalzante, venate di atmosfere gotiche. Spero che I sette corvi riaccenda le riflessioni letterarie su queste storie che tanto successo hanno avuto in passato presso lettrici e lettori.