“I falsari”, un metaromanzo di André Gide

21 Novembre 2025

Come "I falsari" di Gide smonta il romanzo e interroga verità, falsificazione e identità. Uno dei primi metaromanzi del '900. Scopri di più nell'articolo.

“I falsari”, un metaromanzo di André Gide

Nel 1925 Gide manda in frantumi l’idea ottocentesca di romanzo (quella lineare) e affida a un manipolo di adolescenti, a un autore che sta scrivendo un romanzo chiamato “I falsari” e a un diario di lavorazione l’atto pratico del sabotaggio. A distanza di anni, quell’esperimento resta ancora vivo, perché parla di autenticità e falsificazione — della moneta, dei sentimenti e delle identità dietro le quali ancora continuiamo a celarci.

Un romanzo che si costruisce da sé

I falsari” è strutturalmente un metaromanzo. Dentro la trama troviamo Édouard, uno scrittore che sta progettando un libro intitolato, guarda caso, “I falsari”, e accanto al romanzo un secondo testo, il Journal des Faux-Monnayeurs, un diario di bottega in cui Gide ragiona a voce alta su scene (scelte di voce, limiti e possibilità del genere).

Non è un paratesto marginale: è la chiave per capire lo scarto tra “ciò che la storia racconta” e “come sceglie di raccontarlo”.

La critica vede in questo doppio registro uno dei primi esempi moderni di narrativa che espone i propri ingranaggi e interroga il lettore sul patto di verità della letteratura.

Il romanzo nel romanzo

Seguire Édouard significa sorvegliare il lavoro dell’autore dall’interno: appunti, tentativi, deviazioni, una pagina che prende forma, poi si ritrae, poi cambia punto di vista. Gide sposta continuamente l’angolo d’osservazione e moltiplica i fuochi narrativi (Bernard, Olivier, Vincent, Laura, Passavant etc), lasciando al lettore la responsabilità di intrecciare.

Questa scelta non nasce come esercizio di stile: è il modo più coerente per rappresentare l’ambiguità delle vite raccontate — i loro “doppi fondi”, le zone grigie in cui identità e desideri non combaciano mai fino in fondo. La sintesi migliore l’ha data Britannica, che considera “I falsari” come “il suo romanzo più complesso” e ne sottolinea l’architettura sperimentale.

L’innesco è uno scarto di realtà

Bernard scopre di essere figlio illegittimo, fugge da casa e si addentra in una Parigi di salotti letterari, scuole, pensioni e appartamenti dove si incrociano ambizioni artistiche, erotismi non detti e trame di manipolazione.

Attorno a lui gravitano Olivier (amico, quasi fratello), Édouard (lo zio-scrittore), Laura (l’asse sentimentale più opaco), Robert de Passavant (scrittore rivale e grande regista di maschere), Vincent (l’avventura “realistica” che sposta l’orizzonte morale).

Il filo rosso è la falsificazione: banconote false che circolano davvero e, più in profondità, vite che tentano autenticità pur vivendo di ruoli.

Nel costruire questo reticolo Gide incrocia il romanzo di formazione e il romanzo d’idee, e lascia che siano gli urti tra i personaggi a fare avanzare la riflessione su verità e menzogna. Per un quadro agile dei nuclei tematici e del dispositivo narrativo, un’utile sintesi viene dal profilo enciclopedico EBSCO (Research Starters), che insiste su identità, amore e ambiguità morale come assi del libro.

Adolescenze come laboratorio dell’autenticità

Gide non “santifica” i giovani: li usa come banchi di prova. Perché nell’adolescenza la negoziazione tra chi siamo e chi ci chiedono di essere è più esplicita, più rumorosa. Bernard scappa, Olivier oscilla tra fascinazioni opposte, altri personaggi interiorizzano la falsità come strategia di sopravvivenza. La loro vulnerabilità è materiale drammatico, non una cornice romantica. È in questi percorsi che I falsari assomiglia di più al nostro presente, dove la costruzione di sé avviene in pubblico e sotto forma di narrazioni concorrenti.

Falso, vero, verosimile: una poetica

Il titolo indica un programma: non è solo la questione penale (le monete fasulle), ma il nodo etico ed estetico che attraversa tutto. Che cos’è l’autenticità in arte? E nella vita? Gide rifiuta la risposta confortante del “vero” come trasparenza: preferisce una verità ricavata — fatta di prospettive, scarti, contraddizioni che non si annullano ma si illuminano a vicenda. L’architettura a pannelli, la presenza del Journal, la competizione tra Édouard e Passavant dicono proprio questo: non basta “dire” la verità, bisogna mostrare come la si fabbrica.

La pagina della British Library che inquadra The Counterfeiters ne mette in evidenza la natura metafinzionale e l’interazione costante con il Journal come “diario di realizzazione” che dialoga con il testo narrativo.

Morale e desiderio

Dentro il laboratorio formale corre una discussione morale che non si chiude con una morale. Famiglia, scuola, religione, relazioni: Gide mostra sistemi che chiedono adesione e individui che si misurano con le loro regole. Il desiderio non è mai un incidente: è materia di conflitto, soprattutto quando non coincide con ciò che l’ambiente mette a disposizione.

Come fu accolto

All’uscita il libro divise. Una parte della critica intuì l’importanza della scommessa formale, un’altra si irrigidì davanti alla struttura non lineare e all’ambiguità morale. Nel tempo, tuttavia, “I falsari” è diventato l’opera di riferimento di Gide. Il profilo di Britannica ricorda che il romanzo è considerato il suo lavoro più complesso; e riporta due voci autorevoli della prima ricezione: Louis Kronenberger, sul New York Times, lo definì “il più soddisfacente dei romanzi” di Gide, mentre E. M. Forster lo indicò come un’opera in cui la forma dice il senso — cioè un libro in cui l’invenzione della macchina narrativa è il contenuto.

Sono osservazioni che oggi ascoltiamo con attenzione speciale, perché ci dicono che la “difficoltà” di “I falsari” non è un vezzo: è la via necessaria per raccontare onestamente la complessità.

“Il più soddisfacente dei romanzi di Gide” (Louis Kronenberger, New York Times).

Ricezione

Oggi “I falsari” vive stabilmente nel canone novecentesco, anche perché molti dei percorsi successivi della narrativa europea (dal Nouveau Roman alla riflessione meta di Calvino, Kundera, Perec) passano da qui: rendere visibile il laboratorio della finzione. La stessa voce del Nobel ricorda l’“amore intrepido per la verità” e “il vigore psicologico” come assi portanti della poetica di Gide — gli stessi che danno al libro la sua durevolezza.

Gide, un autore che ha fatto della prova una forma

Nato a Parigi il 22 novembre 1869, André Gide attraversa mezzo secolo di letteratura francese tenendo insieme tre linee: la sperimentazione formale, l’attenzione alle vite marginali e un’idea di verità che non si accontenta delle versioni ufficiali. Nel 1947 riceve il Premio Nobel per la Letteratura “per i suoi scritti artistici di grande respiro, in cui i problemi umani sono presentati con un amore coraggioso per la verità e con sottile penetrazione psicologica”.

È una formula che descrive bene la posizione dello scrittore: sempre un passo in avanti rispetto alle aspettative del suo tempo, pronto a correggere le proprie adesioni (anche politiche) quando l’esperienza ne smentisce le promesse.

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