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Gli smartphone stanno cambiando la nostra capacità di leggere

Leggere sugli smartphone sta cambiando la nostra capacità di leggere, sostiene Maryanne Wolf neuroscienziata autrice del libro "Lettore vieni a casa"

MILANO – Sfatiamo un mito: non è vero che da quando abbiamo gli smartphone leggiamo di meno. È proprio il contrario, leggiamo molto di più. Nell’arco di una giornata visioniamo sui nostri schermi milioni di parole scritte, l’equivalente di un romanzo breve al giorno. Quello che cambia però è il come.

Non siamo fatti per leggere

Maryanne Wolfe è una neuroscienziata cognitivista americana, docente all’University of Los Angeles. Attualmente è una degli studiosi più autorevoli nei termini di lettura e cogntivismo, e nel suo ultimo libro Lettore, vieni a casa racconta quali sono i pericoli che l’uso smodato degli smartphone possono avere sul nostro cervello.

Lettore vieni a casa, Maryanne Wolf
Lettore, vieni a casa, Maryanne Wolf

La lettura, dice la Wolf, è un’attività relativamente recente nella storia dell’uomo, ed è solo da pochi decenni che è diventato semplice accedere alla lettura e all’alfabetizzazione. A differenza di altre attività, come vedere, muoversi, pensare, parlare, la lettura non è ancora una capacità radicata nel profondo del nostro cervello, e dipende strettamente dalla modalità in cui leggiamo. In altre parole, potrebbe trattarsi di una capacità fragile, soggetta a cambiamenti potenzialmente consistenti nel tempo.

Cosa significa?

Innanzitutto dobbiamo capire che cosa succede nel nostro cervello quando leggiamo, a livello cognitivo. Nel giro dei pochi secondi in cui i nostri occhi decodifichiamo la parola scritta e comprendiamo il senso di ciò che leggiamo accadono numerose cose: «Quando siamo davvero immersi in quello che leggiamo, attiviamo una serie di processi che coinvolgono tutto il cervello. Leggendo partiamo da ciò che sappiamo. Ma il detective nel nostro cervello, come Sherlock Holmes, deduce qualcosa che va oltre quanto è detto. Leggere in profondità significa elaborare l’informazione, per costituire conoscenza».  spiega Maryanne Wolfe in un’intervista a IL. «Leggere fa entrare nella prospettiva e nei pensieri di un’altra persona. Questo processo cognitivo è l’inizio dell’empatia. E della compassione».

Leggiamo di più ma peggio

Non è vero che da quando abbiamo gli smartphone leggiamo di meno. Anzi, semmai è vero il contrario. La quantità di informazioni scritte che leggiamo quotidianamente è incommensurabilmente superiore: in media, ogni individuo legge ogni giorno sullo smartphone – tra messaggi, post, articoli, chat – l’equivalente di circa 100mila parole, in pratica un romanzo lungo. La massa di informazioni però sta rischiando di compromettere la capacità del nostro cervello di assimilare e processare informazioni complesse, che richiedono una soglia di attenzione elevata e soprattutto continuativa. In altre parole, non siamo più capaci della cosiddetta “lettura profonda”. Ci manca la pazienza di affrontare letture lunghe e difficili, e di conseguenza perdiamo l’abitudine a familiarizzare con concetti complessi. In sostanza, la velocità con cui riceviamo e consumiamo informazioni al giorno d’oggi non è “gratis”, ma ha un prezzo molto alto, che paghiamo in termini di sviluppo cognitivo.

Non si torna indietro

«Di una storia letta su uno schermo ricordiamo meno dettagli, e anche la comprensione è inferiore. Benché, come mostrano alcune ricerche, si abbia magari la sensazione di sapere di più. Il peggio per la comprensione è lo schermo del computer o dello smartphone, il meglio la pagina stampata, gli e-book stanno in mezzo». Quello che è certo è che non si torna indietro. Ormai la rete funziona così, i contenuti sono creati in questo modo, e non avrebbe senso auspicare un ritorno al passato. Quello che occorre è prendere consapevolezza della nuova situazione e cercare di non perdere le capacità cognitive che derivano dalla lettura attenta e approfondita: «È impossibile tornare indietro, ma forse c’è il tempo di una pausa per prendere consapevolezza di dove stiamo andando, di che cosa stiamo facendo con la tecnologia, e di che cosa la tecnologia fa a noi», ammonisce.

Leggiamo quello che vogliamo sentirci dire

È ormai sempre più frequente che i giovani facciano fatica a concentrarsi su letture complesse e profonde, ma non è un problema che tocca solo i giovani. Anche gli adulti cominciano a non essere più abituati a leggere frasi complesse e strutturate, e il risultato è che ci si abitua a contenuti di basso livello: «La cosa più tremenda è che non abbiamo più tempo per riflettere sul valore di verità di quello che leggiamo. Leggiamo le cose comode, che si conformano a quello che già pensiamo, che rinforzano, invece di sfidare, le nostre prospettive. Alla fine diamo retta a chi ci dice quello che vogliamo sentire».

Via IlSole24ore

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