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Giovanni Falcone, l’omaggio dell’editore Crispino Di Girolamo

L’anniversario, il ventunesimo, della strage di Capaci cade quest’anno in un momento particolare. Due giorni dopo a Palermo, in una cerimonia al Foro Italico, verrà beatificato il parroco di Brancaccio don Pino Puglisi...

L’anniversario, il ventunesimo, della strage di Capaci cade quest’anno in un momento particolare. Due giorni dopo a Palermo, in una cerimonia al Foro Italico, verrà beatificato il parroco di Brancaccio don Pino Puglisi ucciso dalla mafia il 15 settembre del 1993: quasi vent’anni fa.

 

Per quanto le due figure siano diverse per scelte di vita e campo d’impegno per noi siciliani il magistrato isolato e il parroco anche lui incompreso, un antipersonaggio che non ha mai reclamato una superiorità morale per la sua attività pastorale che con semplicità ma anche con determinazione ha scosso gli equilibri di un quartiere mettendo in allarme Cosa Nostra, sono uomini vicinissimi, espressione della parte migliore del nostro paese e dunque le due ricorrenze sembrano correre sullo stesso filo e suscitare le stesse emozioni.

 

Se Palermo e la Sicilia sono le capitali della mafia –si ripete – è vero anche che sono le capitali dell’antimafia. A don Pino Puglisi, il primo “martire di mafia” abbiamo dedicato ben sei pubblicazioni espressione della polifonica eredità del parroco ucciso dalla mafia. Due, uniche nel mercato editoriale italiano, sono dedicate ai bambini e ai ragazzi: a loro d’altra parte, don Puglisi ha dedicato la sua vita.

 

Quest’anno, inoltre, il nostro impegno editoriale, che si è espresso proprio in questi giorni con le presentazioni di alcune novità al Salone internazionale del Libro, di Torino è stato dedicato anche ad alcuni approfondimenti che riguardano alcune figure esemplari che hanno vissuto il loro impegno contro le mafie lontane dai grandi riflettori dei media e per questo, nonostante abbiano dato la vita per questo, rischiano l’oblio.

 

In particolare un magistrato e un ambulante: il primo Giacomo Ciaccio Montalto, sostituto procuratore ucciso a Trapani nel 1983 e precursore del metodo “Falcone” nella lotta alla mafia; il secondo Federico Del Prete, un ambulante che ha creato un sindacato per difendere i diritti dei suoi colleghi, che ha denunciato il silenzio delle istituzioni, un uomo senza titoli di studio altisonanti capace di mettersi di traverso rispetto alla camorra e per questo trucidato.

 

L’impegno culturale contro la mafia non deve conoscere soste né accontentarsi mai di facili scorciatoie o di parole che rischiano di divenire vuote a furia di ripeterle senza farle seguire da comportamenti e gesti conseguenti se non addirittura discordanti. Come diceva Giovanni Falcone: “possiamo sempre fare qualcosa” e l’impegno culturale serio che rifugga da un’antimafia retorica e di facciata è ancora oggi lo strumento più efficace.

 

Crispino Di Girolamo

 

23 maggio 2013

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