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Gioele Dix, “Leggere è una necessità, anche se non lo sembra”

Il celebre attore è autore del libro “Dix Libris”, nel quale racconta la sua storia sentimentale della letteratura attraverso i 20 libri che più lo hanno appassionato

MILANO – Un mezzo per avere interessanti conferme su intuizioni ed esperienze che si hanno, e che magari non si è in grado di comprendere fino in fondo. E’ questa la personale definizione di libro secondo Gioele Dix. Attore, comico, regista teatrale, doppiatore e scrittore italiano, Gioele Dix è soprattutto un grande lettore, tanto da dedicare a questa sua passione un libro “Dix Libris”, nel quale racconta la sua storia sentimentale della letteratura attraverso i 20 libri che più lo hanno appassionato.

 

Come e quando è nata la tua passione per i libri?

Per mia fortuna, e per merito dei miei genitori, è nata molto presto. I libri sono sempre stati presenti in casa, hanno sempre fatto parte dell’arredamento, ma non come oggetti inermi: sono sempre stati molto amati. Ho cominciato molto presto leggendo libri di avventure come Conrad, con Dickens, passando a poi col tempo a libri più raffinati. Il primo “ umorista” che ho letto, grazie a mio padre, è stato Achille Campanile.

 

C’è un libro che ha segnato la sua vita, anche dal punto di vista professionale?

Nel libro cito i 20 libri importanti che mi hanno tutti in qualche modo indirizzato, tra questi citerei senz’altro “Tingeltangen” di Karl Valentine, una raccolta dei monologhi di questo comico tedesco degli anni ’30 sconosciuto in Italia ma molto popolare nella Germania di allora ed amato da intellettuali come Hermann Hesse e Berthold Brecht, un comico surreale, intelligente, raffinato, impassibile alle sue stesse battute. Leggendo lui, mi sono convinto che le idee che avevo sarebbero potute diventare qualcosa di più. Il mio primo provino importante, con Carlo Parenti, lo feci con un monologo di Valentine.

 

Non tutti hanno questo “rapporto sentimentale” legato alla lettura come il tuo, soprattutto in Italia. Come te lo spieghi e cosa secondo te si può fare per invertire la tendenza dei pochi lettori in Italia?

Temo si possa fare ben poco, se non disperarsi! Purtroppo il nostro è un Paese in cui si è sempre letto poco, ancor meno oggi che le forme di svago ed intrattenimento sono aumentate. Molto può fare la scuola: nel corso delle letture pubbliche e delle presentazioni che svolgo in giro, vedo sempre una nutrita presenza di ragazzi accompagnati dai loro insegnanti, quegli “eroi” che cercano di far intendere i libri non come oggetti noiosi, ma come opportunità per conoscere di più, approfondire, ed anche divertirsi.

 

In base a ciò che hai detto all’interno del tuo libro, ed al contenuto di questa intervista, puoi darci una definizione della parola libro?

Rubando una frase, citata nel libro, che disse il mio amato professore di Italiano, che diceva “i libri non danno risposte, danno più che altro conferme”, potrei dire che il libro può essere considerato come “un mezzo per avere interessanti conferme su intuizioni ed esperienze che si hanno, e che magari non si è in grado di comprendere fino in fondo”, e quindi il libro può essere considerato come mezzo per capire meglio quello che ci succede.

 

Infine, uno slogan sulla lettura. Perché è importante leggere?

Solitamente si dice “dimmi che cosa hai letto e ti dirò chi sei”, partendo dal presupposto che leggere è sicuramente una cosa utile, una necessità. Quindi lo slogan è “Leggere è una necessità, anche se non sempre sembra necessario”.

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