Giallo in spiaggia 5 libri novità da leggere assolutamente

26 Giugno 2025

Scopri 5 novità imperdibili da leggere in spiaggia: libri avvincenti che esplorano il genere Giallo.

Giallo in spiaggia 5 libri novità da leggere assolutamente

Il sole brucia, il mare chiama… ma niente rende una giornata in spiaggia più avvincente di un buon giallo tra le mani. E non parliamo dei soliti intrighi da ombrellone: le novità di quest’estate promettono delitti insoliti, detective fuori dagli schemi e misteri che sanno di sabbia, mojito e colpi di scena. Che tu sia sotto l’ombrellone o in una baita tra i monti, questi cinque gialli recentissimi sono i compagni ideali per tenerti sveglio fino all’ultima pagina. Preparati a inseguire l’assassino… con le infradito ai piedi.

Giallo da leggere: 5 Libri Gialli da leggere sotto l’ombrellone molto promettenti

Intriganti, scattanti, adrenalinici: questi nuovi gialli dell’estate 2025 sono il mix perfetto tra suspense e leggerezza, ideali per chi vuole evadere dalla routine e tuffarsi in una storia da brividi. Tra indagini sotto il sole e crimini che si consumano all’ombra dei pini marittimi, non ti resta che scegliere il tuo colpevole preferito… e segnare il libro in valigia. Perché quest’anno, il mistero non va in vacanza.

 

Il Barman del Ritz di Philippe Collin

C’è un luogo a Parigi dove il tempo si è fermato, anche mentre la Storia corre a precipizio. Un luogo di cristalli, velluti e alcol d’importazione, dove le uniformi cambiano ma il ghiaccio continua a tintinnare nei bicchieri.

È il bar del Ritz, ed è lì, dietro al bancone lucidato ogni giorno come fosse un altare, che Philippe Collin ci invita a osservare la guerra con lo sguardo di chi non può permettersi di scegliere, almeno non del tutto. Con Al bar del Ritz, lo scrittore e giornalista francese ci consegna un romanzo storico teso, raffinato, ambiguo come un sorriso malcelato, capace di illuminare un angolo della Parigi occupata che è stato spesso raccontato in ombra: quello dei luoghi di lusso, di chi non combatte al fronte ma tra le righe, tra le pause, tra le bottiglie.

Protagonista del romanzo è Frank Meier, elegante barman del Ritz, ebreo di origini viennesi, inventore di cocktail indimenticabili e testimone muto, ma non passivo, di un’epoca in bilico. È lui l’anima del salotto più esclusivo d’Europa, quello in cui passano scrittori come Hemingway e Fitzgerald, nobili decadenti, spie, divi e diplomatici. Un uomo che ha fatto della perfezione del gesto, dell’ascolto attento e dell’arte della maschera una forma di sopravvivenza.

Ma nel giugno del 1940, quando i nazisti entrano a Parigi, tutto cambia. I clienti ora portano la svastica cucita addosso, e Meier, con il suo nome ebraico e la sua storia, si ritrova imprigionato in una routine che può salvarlo o condannarlo, a seconda di ogni mossa. Collin non fa di Frank Meier un eroe classico.

Anzi: lo costruisce con tutte le ambiguità e le esitazioni di un uomo comune intrappolato nella Storia. Il bar diventa il suo campo di battaglia, fatto di gesti misurati, sorrisi dosati, silenzi che valgono più di mille dichiarazioni. Ogni scelta è ambigua, ogni parola può essere fraintesa o sorvegliata. Cosa significa resistere quando si è nel cuore del potere? Fino a che punto si può fingere di servire, per salvare se stessi e chi si ama? Meier si muove tra queste domande come un equilibrista sul filo, e il lettore con lui, incerto fino all’ultimo se stia tradendo o semplicemente provando a sopravvivere.

Intorno a lui si muove una galleria di personaggi indimenticabili: c’è l’assistente fidato, che incarna il nuovo sguardo sull’orrore imminente; c’è Blanche Auzello, l’iconica e irrequieta padrona dell’hotel, con la sua bellezza pericolosa e il suo desiderio di vivere nonostante tutto. E poi ci sono i veri padroni del momento: gli ufficiali tedeschi, i collaborazionisti, i burattinai e le vittime invisibili.

Il Ritz, in questa narrazione, è specchio e metafora della Francia occupata: un microcosmo in cui il potere cambia volto, ma resta feroce; in cui tutto continua a scorrere in apparenza, ma il fondo è avvelenato. È un palcoscenico dove il fascino e la crudeltà si fondono, tra lustrini e informatori.

Lo stile di Philippe Collin è elegante e misurato, proprio come il suo protagonista. Nulla è mai esagerato, nemmeno quando la tensione cresce o l’emozione si fa bruciante. C’è una cura quasi maniacale per i dettagli storici, per gli oggetti, i gesti, gli ambienti, che restituisce un’atmosfera tangibile e cinematografica.

Leggere Al bar del Ritz è come entrare davvero in quell’hotel, respirarne il lusso e la paura, sentirne il profumo di cuoio e cognac. Ma ciò che rende questo libro davvero potente è il modo in cui trasforma una vicenda individuale in emblema collettivo. Frank Meier è l’emblema di una generazione che ha vissuto la guerra da dentro, tra compromessi e silenzi, e che non ha avuto il privilegio della scelta eroica. È un antieroe complesso, reale, che non giudica ma agisce, sbaglia, si salva come può. Al bar del Ritz è un romanzo raffinato e struggente, che racconta la guerra da una prospettiva inedita e profondamente umana.

È il ritratto di un uomo costretto a diventare spettatore e attore di una tragedia, nel teatro dorato di uno degli hotel più iconici del mondo. Un libro che ci ricorda che la resistenza può avere anche il volto di un barman impeccabile, che serve cocktail ai carnefici mentre nasconde verità e protezione dietro una cravatta nera. Per chi ama la narrativa storica, i romanzi d’atmosfera e le biografie romanzate, ma anche per chi cerca storie di resistenza silenziosa, tra ambiguità morali e decisioni impossibili.

 

Terapia di gruppo per Serial Killer di Saratoga Schaefer

Quanto sei disposta a perdere di te stessa per ottenere giustizia? È questa la domanda che pulsa sotto ogni pagina di questo thriller brillante, disturbante e feroce, che unisce suspense, ironia e critica sociale in un cocktail velenoso e irresistibile. Protagonista è Cyra Griffin, una giovane donna ferita e lucida, che non può, e non vuole, rassegnarsi alla morte della sorella minore Mira. Quando scopre l’esistenza di un gruppo di sostegno per serial killer, segreto e maschile, dove i mostri si scambiano dritte e storie tra biscotti e tè come in una puntata di Fight Club versione true crime, Cyra decide di infiltrarsi. Nasce così Mistletoe, il suo alter ego freddo e letale.

Nel cuore di New York, mentre la polizia arranca, si muove un circolo grottesco e assurdo: Python, il gigante moderatore; Pea Crab, goffo e incapace di gestire le conseguenze dei suoi crimini; Cuckoo, predatore seriale senza rimorso; e Lamprey, affascinante e calcolatore, che sembra uscito da un incubo patinato e seducente.

Sono uomini che si raccontano, si vantano, si correggono. Un club per predatori, dove Cyra-Mistletoe diventa l’anomalia, ma anche l’arma più affilata. Quello che inizia come un piano per scoprire la verità sulla morte di Mira, si trasforma presto in una discesa vertiginosa nell’ombra: Cyra comincia a sentire il fascino del ruolo che interpreta, la libertà di immaginare l’impensabile, di non avere più paura, di non dover più chiedere permesso. La vendetta diventa scoperta, la giustizia si sporca le mani.

E il lettore, incollato alla pagina, si chiede fino a dove si può arrivare prima di diventare ciò che si sta cercando di distruggere. Questo romanzo è molto più di un thriller: è un ritratto feroce e spregiudicato del maschile tossico, dell’impunità sistemica, della fragilità delle istituzioni. Ma è anche una storia di metamorfosi, in cui la protagonista ruba il linguaggio e le armi del nemico per sovvertirne le dinamiche. Cyra non è l’eroina pura e senza macchia: è rabbiosa, impulsiva, intelligente.

E soprattutto è reale. Il tono del libro oscilla con maestria tra satira e tensione, alternando momenti disturbanti ad altri quasi grotteschi. Si ride amaramente, si trema, si riflette. Perché la vera forza del romanzo è questa: ti trascina nel buio e poi ti costringe a guardarti allo specchio. Senza anticipare nulla, si può dire che il finale non offre redenzioni facili né soluzioni semplici.

Come nei migliori noir, la giustizia è una linea sfocata, e il bene e il male sono solo due lati dello stesso istinto: sopravvivere. Se amate i thriller con protagoniste forti ma imperfette, le trame che giocano con la moralità e gli scenari da incubo immersi nel quotidiano, questo romanzo vi catturerà.

È una lettura che intrattiene e inquieta, che diverte e punge, e che lascia un messaggio chiaro: non tutti i mostri hanno denti aguzzi. Alcuni portano cravatte. Altri, un volto familiare. Perfetto per chi ha apprezzato Gone Girl, Killing Eve o i romanzi di Tori Telfer e Gillian Flynn, ma con un taglio ancora più moderno e femminista.

 

Gli omicidi di Rillington Place di Kate summerscale

20 marzo 1953, Notting Hill. Un uomo, una mensola da fissare, un angolo di carta da parati che si solleva. E sotto, l’abisso: una schiena umana nel buio. È così che si apre Gli omicidi di Rillington Place, opera inquietante e raffinatamente costruita da Kate Summerscale, che torna a indagare la storia britannica con lo sguardo della grande narratrice e della cronista lucida, scavando in una delle vicende più disturbanti del Novecento.

Quello che all’apparenza potrebbe sembrare l’inizio di un classico giallo da salotto diventa invece un viaggio nel cuore oscuro dell’Inghilterra postbellica, dove la quiete borghese cela orrori impensabili e gli assassini non portano maschere: portano occhiali, parlano a bassa voce, hanno servito in guerra e lavorato per la polizia. John Reginald Halliday Christie, “Reg” è un uomo qualunque.

O almeno così pare. Dietro quell’apparenza dimessa e quasi patetica, si cela invece uno dei serial killer più agghiaccianti della storia britannica, capace non solo di uccidere, ma anche di manipolare la giustizia, portando un altro uomo innocente al patibolo. Summerscale esplora il suo personaggio con un senso del tempo e della tensione impeccabile, raccontandoci non solo chi fosse Christie, ma perché abbiamo voluto non vederlo. Il libro non è solo un true crime, ma una dissezione sociale e mediatica: il quartiere di Notting Hill, allora degradato e lontano dalla patina glamour odierna; la stampa, che si getta con foga morbosa sul caso; l’opinione pubblica, che assiste ai dettagli più raccapriccianti come a un rito collettivo di espiazione e curiosità.

Summerscale costruisce la narrazione intrecciando quattro fili narrativi, quattro personaggi che ruotano intorno al buco maledetto al 10 di Rillington Place: Harry Procter, reporter d’assalto che aveva già incontrato Christie anni prima, quando lo stesso aveva testimoniato contro Timothy Evans, condannato (forse ingiustamente) per un crimine di cui Christie potrebbe essere il vero autore.

Fryn Tennyson Jesse, scrittrice decaduta, tossicodipendente e geniale, che cerca nel caso una via per rinascere, tentando di capire la psicologia del mostro.

Rosalind Wilkinson, sociologa alle prime armi, che si muove tra i bordelli e le case delle ragazze scomparse, intuendo che c’è un filo che unisce prostituzione, povertà e impunità.

E infine Christie stesso, che rimane inafferrabile, silenzioso eppure onnipresente, spettro che aleggia sulla città e sulla pagina.

Ciò che rende Gli omicidi di Rillington Place un libro straordinario non è solo la ricostruzione meticolosa del caso, ma la scrittura di Summerscale, capace di coniugare tensione narrativa, rigore storico e un senso del gotico urbano che richiama Dickens, Wilkie Collins e Daphne du Maurier.

La sua penna affonda tra i registri dell’archivio e le pieghe della mente umana, trasformando i documenti in dramma, le inchieste in tragedia. Ogni pagina è attraversata da una domanda cruciale: che cosa rende visibile un crimine? E, soprattutto, chi decide cosa guardare e cosa ignorare? In un tempo in cui i true crime dominano podcast e piattaforme streaming, Gli omicidi di Rillington Place ci ricorda che la fascinazione per l’assassino è antica quanto la narrazione stessa, ma non priva di implicazioni morali. Summerscale non giudica, ma illumina: mostra come i media costruiscono l’immagine del male, come la giustizia può fallire, e come la società preferisca chiudere gli occhi piuttosto che accettare che il mostro, spesso, è già tra noi.

Un libro imperdibile per chi ama il true crime, ma anche per chi cerca una lettura che interroghi, che disturbi e che faccia pensare. Summerscale riesce a trasformare un fatto di cronaca in un romanzo nero della realtà, dove il vero protagonista è il buco nel muro: non solo quello da cui esce l’orrore, ma quello che ci costringe a guardare. “Gli omicidi di Rillington Place” è il racconto di un crimine, sì. Ma è anche la storia di tutte le volte in cui abbiamo preferito non vedere.

 

Il mago di Edogawa Ranpo 

Un assassinio efferato, una testa che scompare nel nulla, dei diamanti misteriosi, amori contesi e illusioni che si sovrappongono alla realtà. Di notte è uno dei romanzi più affascinanti e stratificati di Edogawa Ranpo, il grande maestro del giallo giapponese, il cui nome stesso è un omaggio fonetico a Edgar Allan Poe.

Con questo romanzo, l’autore trascina il lettore nel cuore pulsante dell’immaginario noir nipponico, dove i misteri non si limitano ai crimini ma si estendono ai sentimenti, agli affetti, al confine tra verità e inganno.

Protagonista indiscusso è Akechi Kogorō, l’investigatore gentiluomo e visionario, erede spirituale tanto di Sherlock Holmes quanto dei grandi detectives dell’epoca Taishō. In questa vicenda, il suo fiuto e la sua logica vengono messi a dura prova da una serie di enigmi sempre più intricati: biglietti anonimi che appaiono ogni notte, un omicidio che sconvolge la quiete apparente della buona società giapponese, un cadavere mutilato, e una sparizione che sembra sfidare le leggi della fisica. Ma come in ogni buon romanzo di Ranpo, il mistero non si limita al giallo: è il cuore umano ad essere il vero labirinto, ed è lì che l’autore ci costringe a entrare.

Accanto all’indagine, si snoda infatti un filo narrativo più sottile e perturbante: quello sentimentale. Akechi è innamorato di Taeko, la nipote della vittima, ma durante la sua prigionia entra in contatto con Fumiyo, la figlia di uno dei delinquenti, creatura ambigua e affascinante, che potrebbe sapere molto più di quanto lasci intendere.

L’oscillazione emotiva di Akechi, che si trova invischiato in una rete di emozioni e desideri contraddittori, rende il racconto ancora più teso: si può davvero cercare la verità quando si è coinvolti fino al cuore? Ranpo costruisce la sua narrazione come un gioco di specchi. Non ci sono solo furfanti e criminali, ma veri e propri illusionisti del male, capaci di manipolare la scena del delitto come un palcoscenico.

La componente del fantastico, sempre in bilico tra credibile e soprannaturale, rende il romanzo un’esperienza sospesa: si legge con la sensazione costante che qualcosa sfugga, che la realtà sia un trucco ben orchestrato. Ed è proprio qui che risiede la forza di Ranpo: nel rendere la verosimiglianza un’opinione, e la verità una performance.

La scrittura è elegante, cesellata, capace di passare con agilità dal dramma al lirismo, dal macabro alla poesia. Il romanzo non è mai solo un racconto d’intrattenimento, ma un’indagine sulla natura stessa dell’inganno e del desiderio umano, ambientata in un Giappone crepuscolare e affascinante, tra ville eleganti, giardini bui e messaggi lasciati nella notte. Edogawa Ranpo conferma il suo ruolo di precursore del noir psicologico giapponese, capace di combinare orrore e raffinatezza, ragione e passione. Un romanzo dove ogni personaggio indossa una maschera, ogni pista conduce a un nuovo enigma, e l’unica certezza è che la verità, come l’amore, è una creatura difficile da addomesticare. Per gli amanti del mistero d’autore, del brivido sottile e delle storie che mettono alla prova i sensi, questo libro è un piccolo gioiello nero.

 

Sally Diamond La strana di Liz Nugent 

C’è un momento preciso in cui capiamo che Sally Diamond non sarà il solito thriller. È quando la protagonista, una donna adulta che vive in isolamento da sempre, decide di fare quello che suo padre le ha sempre detto: “Quando muoio, buttami nella spazzatura”.

Sally esegue alla lettera. Il corpo del padre finisce nei rifiuti, la polizia arriva, i giornali si scatenano, e la vita della donna cambia radicalmente. Ma non è la sua stranezza il cuore del romanzo.

È la nostra reazione a quella stranezza. Sally Diamond non è pazza, né criminale, né mostruosa. È una sopravvissuta. Una donna cresciuta in una casa piena di silenzi, senza strumenti per decifrare la realtà, che ora si trova costretta ad affrontarla tutta in una volta: i vicini impiccioni, la stampa morbosa, il sistema sociale, ma soprattutto i segreti agghiaccianti della propria infanzia.

Con una scrittura secca e tagliente, Liz Nugent, già celebrata da autori come Harlan Coben e Paula Hawkins, costruisce un romanzo disturbante e profondo, in cui il mistero si intreccia con la tragedia psicologica. Non ci sono semplici colpi di scena, ma rivelazioni che arrivano come pugni allo stomaco e ci costringono a rileggere tutto da capo, con occhi diversi.

La suspense è costante, ma è il cuore emotivo di Sally, la sua voce limpida, infantile, ostinata, che ci tiene inchiodati. Attraverso di lei, Nugent porta il lettore a interrogarsi su temi complessi e scomodi: cosa significa crescere nel buio? È possibile amare senza sapere come si fa? Quando una persona diventa “mostro”, e quanto ne è responsabile? I capitoli si alternano tra il presente, con Sally che tenta, faticosamente, di comprendere e vivere la sua nuova libertà, e il passato, che riemerge a poco a poco, come un lago che nasconde scheletri sul fondo. Il ritmo è serrato, i dialoghi brillano di un’ironia amara, e la tensione cresce fino a diventare quasi insostenibile.

Ma ciò che rende Sally Diamond un romanzo unico nel panorama attuale è la capacità di farci provare empatia. Là dove altri scrittori avrebbero cercato lo shock, Liz Nugent cerca il dolore. Là dove ci aspetteremmo un’eroina classica o una vittima da salvare, ci troviamo davanti a una donna che ci spiazza: Sally è ruvida, diretta, ingenua e tagliente.

Non sa mentire. Non sa sorridere per convenzione. Non sa, semplicemente, vivere nel mondo. Ma non per questo smette di volerlo. Le lettere anonime che iniziano ad arrivare, firmate da uno sfuggente “S.”, aprono un secondo livello della narrazione: un’indagine psicologica che diventa specchio per i nostri pregiudizi.

Chi è davvero il colpevole? Cosa c’è dietro un passato cancellato? Quanto possiamo sopportare della verità? Nugent ci accompagna senza pietà in un viaggio tra traumi, abusi e resilienza, senza mai scadere nel patetico o nel compiacimento. Ogni personaggio, anche i secondari, è cesellato con attenzione, e persino i “cattivi” portano dentro una storia che li ha modellati.

Nessuno nasce carnefice, ma qualcuno lo diventa. E non è detto che siano i personaggi più inquietanti quelli da cui guardarsi di più. Sullo sfondo, l’Irlanda rurale si trasforma da rifugio silenzioso a teatro dell’orrore, specchio di una società che rimuove ciò che è scomodo, che preferisce ignorare piuttosto che affrontare. La protagonista, con i suoi comportamenti fuori norma, con la sua sincerità disarmante, mette a nudo le ipocrisie di chi la circonda molto più di quanto il thriller in sé potrebbe mai fare.

“Sally Diamond” non è solo un thriller. È un’esperienza. È un romanzo che si legge in apnea, con il cuore stretto e gli occhi lucidi, sospesi tra orrore e tenerezza. Liz Nugent ci consegna una protagonista memorabile, destinata a restare, a farci compagnia nei pensieri molto dopo l’ultima pagina. E ci lascia con una domanda inquietante: se fossimo cresciuti come Sally, saremmo stati diversi? Un libro da consigliare a chi ama storie potenti, complesse, ma soprattutto umane. Un romanzo che, tra rivelazioni scabrose e indagini interiori, ci ricorda che la verità non è mai solo una. E che il trauma, quando finalmente ha voce, può diventare luce.

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