Sei qui: Home » Libri » “Generazione 68”, il libro che racconta una rivoluzione non ancora finita

“Generazione 68”, il libro che racconta una rivoluzione non ancora finita

A raccontarci cosa rende particolare il 1968 è Domenico Megali nel libro "Generazione 68". Lo abbiamo intervistato per parlarci più nel dettaglio dell'opera.

Quella del ’68 è stata una vera rivoluzione ma non quella delle barricate e delle occupazioni. E’ stata soprattutto una rivoluzione delle relazioni. Tra genitori e figli, tra professori e studenti e tra femmine e maschi. Una rivoluzione non ancora finita. A raccontarci cosa rende particolare il 1968 è Domenico Megali nel libro “Generazione 68“. Lo abbiamo intervistato per parlarci più nel dettaglio dell’opera.

Generazione 68, intervista all’autore Domenico Megali

Come hai scelto le storie protagoniste di questo libro?

Nel 2018 ho iniziato a raccogliere 33 brevi storie di persone che nel 1968 avevano un’età compresa tra i 14 e i 25 anni. In quell’anno c’era chi come me usciva dalla terza media e non aveva ancora deciso da che parte indirizzare i propri studi, e chi andava a cercare lavoro in Germania. Chi faceva la guerra in Vietnam, chi aderiva ad Azione Cattolica e chi prendeva la tessera del Partito Comunista Italiano. All’inizio del 2018 ho iniziato a percepire una certa insofferenza e disgusto verso la retorica utilizzata dai mass media per celebrare il 1968 dopo 50 anni. Per cui mi sono chiesto: ma al di là della cronaca quali sono stati gli eventi che mi ricordavo di più di quell’anno? La risposta è stata semplice: il mio primo ‘vero’ bacio a una mia coetanea e le chiavi di casa che mia madre mi affidava. Una testimonianza di completa fiducia. Avevo 14 anni.

Qual è il filo conduttore che accomuna le diverse storie?

Le trentatré testimonianze raccolte hanno evidenziato l’acquisizione di una maggiore consapevolezza del proprio sé. La precisa percezione tra un prima e un dopo. La trasformazione del proprio pensiero e del modo di guardare ed essere visto dal mondo.

C’è stato uno spartiacque che ha ridisegnato nuovi confini personali, oltre che sociali. La domanda di fondo che ho rivolto ai miei interlocutori è stata semplice ma allo stesso tempo complessa: ma per te il 1968 che cosa ha rappresentato davvero, quali differenze hai affrontato, come sono cambiati i rapporti interpersonali? Scoperchiando la pentola dei ricordi personali, qualcuno non ce l’ha fatta e ha abbandonato. Interrompendo l’intervista per il troppo dolore che ritornare su quelle ambizioni, sogni e obiettivi mancati, producevano.

Perché a tuo parere quel particolare anno ha trasformato il futuro sia di chi ha vissuto quegli anni sia delle generazioni future?

Leggendo le storie si capisce come stesse emergendo l’esigenza di uscire da vecchi schemi sociali e di relazione interpersonale e istituzionale. Il cambiamento di paradigma nella relazione tra l’individuo e il potere e tra individuo e individuo, ha attraversato e coinvolto le piazze, le comunità, la scuola, la fabbrica con la stessa forza con cui ha attraversato le nostre relazioni. A iniziare dalla famiglia.

Credi che nella storia recente oppure oggi ci sia stata o sia possibile una rivoluzione così forte? E perché?

La rivoluzione abbozzata in quegli anni ha influenzato le relazioni sociali e di potere tra lavoratori e datori di lavoro, tra studenti e istituzioni scolastiche. Ma alla fine quella rivoluzione si è concretizzata con un cambiamento personale di ciascuno di noi. E questo resta il vero valore aggiunto che quegli anni hanno prodotto. Oggi conosciamo di più noi stessi, chi siamo, come siamo fatti, perché reagiamo in un modo o in un altro. Di conseguenza siamo in grado di accettare di più e comprendere il senso della compassione con la C maiuscola. Compassione per noi stessi e compassione per chi ci sta accanto. Abbiamo capito che siamo tutti uguali e alla fine abbiamo tutti gli stessi bisogni. Amare ed essere amati.

Cosa dovremmo prendere come esempio di quel periodo oggi?

Quegli anni sono stati anche anni di paura, perché il Potere sotto qualunque formula si manifestasse, dalla politica alla religione, ha ostacolato con tutti i mezzi la trasformazione verso cui eravamo e siamo ancora destinati. Oggi abbiamo compreso che per fare una vera rivoluzione sociale è necessario prima realizzare una rivoluzione personale. L’individuo resta il fulcro di ogni rivoluzione che abbia un senso e produca trasformazioni positive per tutti.

© Riproduzione Riservata