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Gabriel Garcia Marquez, le frasi e gli aforismi celebri

Lo scrittore colombiano Marquez, autore del capolavoro ''Cent'anni di solitudine'', ha segnato con le sue opere il Novecento letterario  

MILANO – Gabriel García Márquez è il padre del realismo magico – genere che nelle sue opere raggiunge vette di inesplorata bellezza -, che con il suo talento ha contribuito ad attirare l’attenzione mondiale sulla letteratura latinoamericana, influenzando scrittori come Isabel Allende e Paulo Coelho. Per ricordare lo scrittore attraverso la sua arte, vi proponiamo una selezione delle sue frasi più celebri. 

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  • Non può piovere per tutta la vita.
    (da Cent’anni di solitudine)

 

  • La prima volta che si videro da soli […] lui la trascinò senza misericordia ad uno stato animale che la lasciò estenuata. Ci mise un po’ di tempo ad accorgersi che anche quella era una forma di dolcezza, e fu allora che perse la pace, e non viveva altro che per lui…
    (da Cent’anni di solitudine)

 

  • La necessità di sentirsi triste si andava trasformando in lei in un vizio a mano a mano che la devastavano gli anni. Si umanizzò nella solitudine.
    (da Cent’anni di solitudine)

 

  • Doveva insegnarle a pensare all’amore come a uno stato di grazia che non era un mezzo per nulla, bensì un’origine e un fine in sé.”
    (da L’amore ai tempi del colera)

 

  • Un uomo sa quando sta diventando vecchio perché comincia ad assomigliare a suo padre.
    (da L’amore ai tempi del colera)

 

  • Nel corso degli anni entrambi arrivarono, seguendo vie diverse, alla conclusione saggia che non era possibile vivere altrimenti, né amarsi altrimenti: nulla a questo mondo era più difficile dell’amore.
    (da L’amore ai tempi del colera)

 

  • Il sesso è la consolazione che si ha quando l’amore non basta.
    (da Memorie delle mie puttane tristi)

 

  • A partire da allora cominciai a misurare la vita non per anni ma per decenni. Quello dei cinquanta era stato decisivo perché avevo preso coscienza che quasi tutti erano più giovani di me. Quello dei sessanta era stato il più intenso per il sospetto che non avessi più tempo per sbagliarmi. Quello dei settanta era stato temibile per una certa eventualità che fosse l’ultimo.
    (da Memoria delle mie puttane tristi)

 

 

 

 

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