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“Santuario” di William Faulkner, storia di un capolavoro ripudiato dal suo autore

Il 6 luglio 1962 ci lasciava William Faulkner. Per ricordarlo, scopriamo "Santuario", uno dei suoi massimi capolavori nonché delle sue opere più discusse.

Il libro che scopriamo oggi è uno dei massimi capolavori della letteratura americana: “Santuario“, di William Faulkner ha segnato la storia della narrativa mondiale ed è stato uno dei libri più controversi del suo autore, di cui oggi ricordiamo l’anniversario della scomparsa, avvenuta il 6 luglio 1962. Scopriamo insieme i motivi di tanto successo e, soprattutto, del ripudio di un’opera tanto celebrata ed amata.

“Santuario”, la sinossi

Siamo tra Mississippi e Missouri, nel pieno della Grande Depressione e del proibizionismo. Una casa “buia, desolata e meditabonda” persa tra boschetti di cedri e prati inselvatichiti, nasconde una distilleria clandestina gestita da una banda di magnaccia e sbandati. Qui un pomeriggio, con un accompagnatore già ubriaco, irrompe come un’aliena Temple Drake, studentessa diciassettenne “non più proprio bambina, non ancora donna”.

“Dritta come una freccia nel vestitino succinto”, il cappellino spinto all’indietro a sprigionare “quel che di licenzioso”, Temple innescherà un tragico domino di perversione e di morte. Momento fatale sarà l’incontro tra i suoi occhi “tutti pupilla” e quelli, simili a “due grumi di gomma”, del capobanda Popeye, dal volto perennemente contratto nella smorfia supplice di chi si accende una sigaretta dietro l’altra – un volto corrotto che porta incisa la perdita dell’innocenza di un intero Paese.

Dopo aver freddato un suo scagnozzo e deflorato la ragazza tra le mura sventrate del fienile, Popeye riuscirà a segregarla in un bordello di Memphis e a far incolpare del delitto uno dei suoi uomini; ma un beffardo contrappasso si abbatterà su di lui, lasciando il lettore scosso e attonito perché “forse è nell’istante in cui ci rendiamo conto, in cui ammettiamo che nel male vi è un disegno logico, è allora che moriamo”.

“Santuario”, amore ed odio di un’opera magistrale

Sin dalla prima uscita, “Santuario” riscuote un successo inaudito. Tutti parlano del nuovo libro di Faulkner, di ciò che ha voluto raccontare e di come l’ha saputo raccontare. Ma ciò che colpisce di più è, senza alcun dubbio, quello che l’autore riferisce a proposito dell’opera che passerà alla storia come uno dei suoi massimi capolavori: “L’ho scritto solo per soldi”. Come se, in certo senso, Faulkner volesse evitare di essere identificato con “Santuario” e con il suo contenuto. Come se non ne andasse affatto fiero ed anzi, lo ripudiasse.

In verità, in “Santuario”, che vi consigliamo caldamente di inserire nella vostra libreria ideale per gustarlo almeno una volta nella vita, coesistono tutti i tratti distintivi dell’opera di Faulkner, dallo stile assolutamente peculiare al contenuto che, strizzando l’occhio al mondo della criminalità e del delitto, comunica molto di più, e veicola una descrizione critica e pensata della società americana degli anni Trenta.

 

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