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Ermanno Rea, ”La lettura è rapimento interiore verso i luoghi dell’anima sommersi, sensibili, presenti”

Un luogo esiste di per sé, ma quando lo si raggiunge esiste almeno due volte: per la gente che lo abita e per il visitatore che lo incontra per la prima volta. Ciò è accaduto con lo scrittore e giornalista Ermanno Rea...

Lo scrittore e giornalista italiano torna in libreria con “Il sorriso di Don Giovanni” edito da Feltrinelli

MILANO – Un luogo esiste di per sé, ma quando lo si raggiunge esiste almeno due volte: per la gente che lo abita e per il visitatore che lo incontra per la prima volta. Ciò è accaduto con lo scrittore e giornalista Ermanno Rea, per un incontro informale sui temi del suo nuovo libro : “Il sorriso di Don Giovanni” edito da Feltrinelli. Per chi ha partecipato alla conferenza, curata da Antonio Capitano, ha vissuto un’esperienza unica, quasi un “diadico” con l’autore che ciascun intervenuto ha instaurato seppure in un contesto collettivo.

AMORE PER I LIBRI – Si è condiviso sia il ricordo personale del proprio approccio alla lettura, sia l’esperienza del leggere che ci accompagna per tutta la vita da quando ci viene insegnato a leggere. Questa è la riflessione che si genera dalla lettura dell’ultimo libro di Ermanno Rea, quasi un “esegesi” romanzata sull’amore della lettura per chi si dedica a questa attività come fosse una parte integrante della propria esistenza, tutta interiore, tutta dell’essere, tutta per se stessi. Leggere è questa dimensione: un rapimento interiore verso i luoghi dell’anima sommersi, sensibili, presenti.

LA FIGURA DI ADELE – Nel corso della presentazione Antonio Capitano ha voluto farsi interprete proprio di questa dimensione della lettura che appartiene ad Adele, protagonista del romanzo di Rea, ma in fondo anche a noi lettori, come lei, appassionati della lettura intesa come spazio non fisico in cui ci si ritrova, nei panni di un altro, in un’ epoca diversa, in un incontro in cui si raccolgono i fili di molte trame dell’essere, del divenire e delle narrazioni altre. Si ritrova dentro alle pagine de “Il sorriso di Don Giovanni” la Lettera a Calvino , una ipotetica lettera che Adele, come ogni lettore appassionato, finisce per desiderare di scrivere, in un moto improvviso verso l’avvicinamento all’autore, come a volerlo raggiungere e dirgli a tu per tu, cosa ha generato nel nostro animo la lettura dei suoi scritti, delle vicissitudini e delle sue creazioni tanto verosimili da essere tangibili, tanto fantastiche da innescare speranza, desiderio, volontà. 

IL LIBRO FERMA GLI ATTIMI – Come sta procedendo questa facoltà del leggere? Dove sta andando la parola scritta? In quale direzione? Qual è il futuro della carta stampata, del libro? Le pagine raccolgono e conservano una realtà che si svolge in un arco di tempo brevissimo, avvitato su stesso o lunghissimo come tutta la vita di un uomo o della stessa esistenza mentre la realtà in cui un autore è immerso si svolge a pieno ritmo, con un dentro e un fuori nel tempo che è possibile percepire o che rimane ignoto ai più. Il libro ferma gli attimi, li accende per la mente, li racchiude in un tempo riflesso, li esamina, li riavvolge e li dipana come una matassa di informazioni e narrazioni a piacimento del lettore. 

TRA NARRAZIONE ORALE E SPAZIO FISICO – L’incontro con Ermanno Rea e la sua protagonista Adele, lettrice appassionata, a Montecelio, ha fermato il tempo che ci ha sorriso con lo sguardo di Don Giovanni, un sorriso ammiccante, fascinoso, emozionante, quello di un libro come era inteso una volta a metà tra narrazione orale e spazio fisico delle pagine che leggiamo per noi stessi o che possiamo leggere ad altri come nel caso della protagonista Adele, in una lettura che diventa dimensione affettiva, emozionale. E’ stato un risalire a ritroso anche ripercorrendo gli anni di un’Italia diversa fatta , non solo di storia metropolitana, ma anche di vita provinciale e di costume, un costume dismesso quello ad esempio degli anni settanta del novecento, anni in cui è ambientato il romanzo, che pure ci è appartenuto, ormai separato dalle cose e da noi stessi. Lasciando l’incontro, Rea si è soffermato ad osservare da lontano la piazza illuminata dai lampioni in un borgo all’imbrunire in cui si raccoglie ancora la gente, radunandosi non in gruppi virtuali separati e distanti, ma con quella fisicità reale che appartiene alla identità e alla memoria di tutti e senza la quale non ci sarebbe stata storia.

Marianna Scibetta

4 aprile 2014

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