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Ecco perché in Italia non si legge

A Tempo di Libri è stata presentata un'indagine che ha messo in luce come la causa principale della non lettura in Italia è data dalla mancanza di tempo

MILANO – Perché in Italia si legge così poco? La causa principale è, secondo un’indagine del’Istat presentata oggi a Tempo di Libri, la mancanza di tempo. Il 30% dei non lettori italiani non legge; in particolar modo il 31,8% del dato riguarda gli uomini e il  27,7% delle donne. Questi sono i primi dati dell’indagine sulle ragioni che spingono a non prendere in mano i libri e che Istat ha presentato oggi a Tempo di Libri, Fiera internazionale dell’Editoria in programma fino al 12 marzo a fieramilanocity a Milano.Il 23,7% di chi non legge preferisce altri svaghi rispetto ai libri, il 15,9% ha motivi di salute che allontanano dalla lettura (“non ci vedo bene, età anziana”) e il 9,1% è troppo stanco dopo aver svolto altre attività. Il motivo economico (“i libri costano troppo”) è scelto dall’8,5% dei non lettori. Televisione, radio, pc, cinema hanno la prevalenza sui libri per il 6,5% dei non lettori.Oltre alle motivazioni, la ricerca delinea anche l’identikit delle persone che non leggono.

 

Chi sono i non lettori?

Oltre 22 milioni di italiani non ha letto libri nel 2015. Si tratta per la precisione del 39,3% di persone con più di 6 anni che non hanno letto (per motivi non strettamente scolastici o professionali). Una percentuale in aumento rispetto al 37% registrato nel 2006 e al 36,7% del 2010. Il calo è più forte tra gli uomini. Nel 2015 i non lettori maschi sono il 45,2%, con percentuali di distacco dalla lettura in aumento rispetto al 41,6% del 2006 e il 41,5% del 2000. Le non lettrici donne sono il 33,7% nel 2015 (erano il 32,7% nel 2006 e il 32,2% nel 2000).

 

La non lettura in rapporto all’età

Tra gli 11-14enni i non lettori sono il 25,7% degli ragazzi e il 17,7% delle ragazze, percentuali che salgono tra i 45-54 anni al 44,2% degli uomini e il 29,4% delle donne, tra i 60-64 anni toccano il 45,7% per i maschi e il 31,4% per le donne. La scarsa propensione alla lettura è legata anche al livello di istruzione: indici di non lettura più alti si trovano tra le persone che hanno la licenza elementare (il 78,4% degli uomini e il 63,5% delle donne) rispetto ai laureati (il 12,3% degli uomini e il 9,7% delle donne). “La mancanza di tempo  – ha detto il presidente dell’Associazione Italiana Editori, Ricardo Franco Levi – è sempre stata la motivazione principe che i non lettori portano per giustificare il loro rapporto con il libro e la lettura. È certamente vero, soprattutto all’interno degli odierni ritmi di lavoro, spostamento, occupazione del tempo. In realtà credo che dietro questa affermazione si nascondano delle dinamiche più complesse. Tanto che è curioso che la giustificazione della non lettura per il poco tempo a disposizione sia più alta tra gli uomini rispetto alle donne, che hanno anche il cosiddetto tempo di cura a loro sfavore. Dietro questo dato penso ci sia piuttosto un disinteresse verso la lettura più in generale che non si vuole dichiarare, un posizionamento del libro e dell’attività del leggere vissuto come qualcosa di non completamente positivo. Se questo è vero diventa centrale il ruolo che i soggetti delegati alla socializzazione della lettura, e in primo luogo scuole e biblioteche, dovranno svolgere nei prossimi anni. Tra iniziative di promozione del libro e della lettura sviluppate in questi anni e promosse dall’Associazione Italiana Editori ricordo #ioleggoperché che ha permesso alle scuole di dotarsi o rafforzare le proprie biblioteche scolastiche. Cade anche l’affermazione che una delle ragioni della non lettura sia l’elevato prezzo dei libri, dato che solo l’8% risponde in questo modo, o che lo sia la concorrenza di televisione, radio, nuove tecnologie che vengono indicate solo dal 6% dei non lettori come ragione del loro disinteresse verso i libri. Sono convinto che un impegno più continuativo di quanto non si sia fatto negli ultimi anni, risorse maggiori investite in infrastrutture per la lettura o in campagne capaci di far comprendere l’importanza che questa attività ha per l’individuo e per il sistema Paese possano migliorare in modo significativo questi dati”.

 

 

 

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