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Due parole su “Prima che tu venga al mondo” di Massimo Gramellini

La recensione della nostra lettrice Giovanna Bruco sull'ultimo libro di Massimo Gramellini "Prima che tu venga al mondo", scritto in attesa della nascita del figlio

Più che a una recensione, quel che ci vien da scrivere su Prima che tu venga al mondo potrà somigliare a una nota che si accosta a quanto già apparso sul tema e sulla trama del libro. Mémoire freschissimo, suona fin dalle prime pagine come una condensazione felice dei temi amati dall’autore. Tanto che la chiusa del libro: <<Sto per conoscere te>> ci dà la netta sensazione di averlo sempre saputo che l’autore sarebbe arrivato qui. Anche se ci è voluto del tempo perché, come affermato nella frase che apre il primo capitolo: <<I desideri sono ricordi>> Testo scritto durante i nove mesi di gestazione del suo primogenito Tommaso, si stava covando forse da nove anni?

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Chi non si ricorda dell’uscita nell’aprile 2010 de “L’ultima riga delle favole”?
Dopo aver cominciato a chiedersi in quegli anni se davvero esisteva l’anima gemella, l’autore passò a disegnare una calda immagine femminile in “Fai bei sogni” per ricostruirla poi, come protagonista più coraggiosa e ribelle, in “Avrò cura di te” sullo sfondo di un Altrove che ora, in questo ultimo scritto, torna come alone impalpabile più leggero di un angelo.
Se quel libro voleva suggerire come essere buoni senza dimenticare di essere intelligenti, qui Filemone deve mettere i piedi per terra come portavoce dei consigli di Norberto, l’amico del cuore che anche il figlio Tommaso dovrà un giorno avere: “un amico che non c’è mai, tranne quando ne hai bisogno”.
È Norberto a costringere l’autore a confessare al figlio che sta per nascere che di senso pratico lui, diversamente dal padre suo che ne eccedeva, ne aveva sempre avuto poco perché << l’unico muscolo che sono stato capace di allenare è l’immaginazione. E si tratta di un esercizio ginnico destinato al lettore>>.
Come sottrarci alla parola “empatia” regalatagli da Liliana Segre e non accettare la sfida ginnica?

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<<Entrerò nella macchina del tempo per sforzarmi di guardare il mondo con i tuoi occhi, sarai la mia fonte di ispirazione>>.
Ma, a ben leggere, Tommaso – “come Taumà che in arabo significa <<gemello>>, apostolo di Gesù e padre del cristianesimo delle origini, quello gnostico, quello sempre perdente”-è già stato fonte di ispirazione prima ancora di nascere.
Chi non si ricorda di Tomàs protagonista de L’ultima riga delle favole ?
La scelta di un percorso ostinato lo aveva condotto a vincere le sue paure, ad imparare a guardare dentro di sé, a riconoscere e accettare i propri desideri fino a scoprire che il suo vero desiderio era di trovare l’anima gemella in Arianna. Il Tomàs di allora, che dopo aver subito la vita essendo convinto di non possedere gli strumenti per cambiarla, era riuscito a scoprire il proprio talento, a realizzare l’amore prima dentro di sé e poi con gli altri, in questo nuovo libro diario- grazie alle domande provocatorie del forzatamente cinico Norberto- si muove non più attraverso un viaggio simbolico ma nella vita concreta,
offrendo messaggi di speranza ai non padri rimasti troppo tempo legati alla loro situazione di figli, ai figli che non hanno sentito vicini come avrebbero voluto i loro padri, e a tutti coloro che non si stancano mai di cercare l’anima gemella.
A <<I desideri sono ricordi>> fa seguito la seconda pagina con descrizione della foto con Tartufata del primo compleanno dove l’unico a non sorridere era il padre.
Scopriamo che la protagonista femminile di Prima che tu venga al mondo non è più la labirintica Arianna, ma una nuova donna dai capelli biondi e un odore che “sa di pane buono” e che viene a ricordarci il profumo di altri capelli quando una voce sussurrava a un bambino di fare bei sogni.
È una di quelle che quando cade perché inciampa sa rialzarsi con disinvoltura e riprendere il suo passo.
È la stessa che al secondo mese di gravidanza aveva detto al futuro padre incinto: <<Ho l’impressione che siano due>> e in questa sua impressione, che poi si rivela non veritiera, c’era l’intuizione di due nascite: quella del loro figlio e quella di un novello padre “tardivo” che rinasceva assieme a lui.
A sentirsi all’altezza della situazione lo aiuterà Diego, il simpatico fratellino di sette anni preoccupato della sua pancia più grossa di quella della mamma e che già ora, dopo un baratto di budini, quando gli chiede di portarlo a letto lo farà sentire mamma.
E tutto sembra confluire da quel tempo che è stato necessario per perdonare la madre.
L’amata gestante dalla “ bionda sbadataggine e “il cuore perennemente acceso a temperatura costante (…) apre le porte con uno sguardo di luce” e non si stanca di dattilografare i suoi libri anche mentre è incinta senza sporcarsi, lei, le dita di carta carbone.

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L’antico tema del dolore, che accompagna inevitabilmente le nostre vite, in questo libro trova una giusta distanza nel cercare l’armonia necessaria alla gioia di vivere e allontanando l’angoscia dell’abbandono.
” Il dolore è la smagliatura che lo Sceneggiatore inserisce nella trama della vita per dare l’opportunità di stimolare una parte di te che altrimenti rimarrebbe atrofizzata”(….)agli occhi dell’Universo è solamente una prova.”
Ci è sempre piaciuta in Gramellini la libertà con cui fa scorrere il suono delle parole da accadimenti spesso drammatici presi da fatti di cronaca “Mi chiamo Francesco ed oggi avrei un mese, se fossi vivo.
Invece sono morto il giorno in cui sono nato”, ad altre faccende passeggere della vita. A volte anche esilaranti. Nel leggere la filastrocca messa in bocca al fratellino Diego sulla cacca verde che farà Tommaso, ci è tornato in mente il buffo episodio della sassata al padre in Fai bei sogni .
Il suo è uno stile che sa scorrere da riflessioni profonde e mai scontate sul senso della vita, vuoi con citazioni prese da Magris per il quale “l’utopia è un liquore troppo puro, che bevuto liscio porta alla follia di don Chisciotte e al fanatismo delle dittature, ma se viene corretto con una scorza di disincanto allora può tramutarsi in un elisìr di Vera Vita”, vuoi con le sue costatazioni semplici ma mai semplicistiche (da chi lo abbiamo copiato? Ci domanderebbe il rompiscatole Norberto proprio come fa con l’autore) sul mondo degli affetti che è sempre il vero e solo padrone della nostre vite.
“ Da sempre tutti si domandano se esiste una vita dopo la morte ma farebbero meglio a chiedersi se ne esiste una prima della morte. “
<<Saprai darai un ceffone a tuo figlio quando se lo meriterà ?>>
<<Mai!>>
Nel sentenziare una risposta inattaccabile con l’affermazione <<Il potere non alle donne ma al femminile che abita in tutti uomini e donne>>, l’autore ci riporta al ricordo del maschio- femmina tanto desiderato nel padre, mentre il prete manesco padre Teschio, a cui lui da bambino non voleva bene, è qui definitivamente sconfitto.
La tata che l’autore avrebbe voluto in Fai bei sogni per riscaldargli il cuore è ora presente nella veste maschile dell’amico prediletto, che provoca chi si era adagiato nella situazione perenne di figlio per metterlo di fronte a quelle che saranno le sue responsabilità di padre.
Nelle pronte e decise risposte a Norberto il tema dell’abbandono, che in passato aveva sempre ispirato l’autore, va a sfumare come una nuvola leggera vinta da un cielo terso.
Per uno strano gioco del destino la venuta al mondo di Tommaso è prevista nelle stesso giorno e mese del padre: un padre da perdonare come tutti quelli che amano i figli senza capirli. Il figlio che sta per nascere è destinato a sciogliere nel suo venire al mondo tutti i nodi tra padri e figli che non hanno saputo sciogliersi al loro momento di dover comunicare. Narrazione, questa di Gramellini che ci arriva proprio come un disco dei Pink Floyd “ricco di aperture e suggestioni ”. Non a caso ci racconta di aver comprato il primo album con i risparmi sulle paghette paterne nei suoi primaverili 14 anni. E così come ascoltiamo quella musica il libro più che raccontato va letto tutto d’un fiato, tenendo sollevato il diaframma come viene suggerito di fare durante i parti. Perché la lettura di questa attesa paternità potrebbe far fare quel balzo in avanti che ti viene a cambiare la vita quando, dopo troppo tempo in attesa, “salta all’improvviso come un gatto”. Libro quindi caldamente suggerito a tutti i rinunciatari.
Se la nascita è sempre un evento straordinario, quello che fa rinascere il padre di un novello padre che accetta di non poter più stare bambino, ha qualcosa di più straordinario ancora nel ricostruire attraverso la fantasia-ricordo di quanto un tempo vissuto, una nuova e diversa alleanza famigliare “forse caotica e improbabile ma viva” .
Quando incontriamo Madrina di sfuggita, che è invecchiata e gioca con i le sue visioni fantastiche e ci ricordiamo di due amiche che “non si erano capitate ma scelte” ci vien da pensare che neanche l’amico del cuore, quello che osa mettere i piedi sulla scrivania di un giornalista accreditato senza il dovuto rispetto sia capitato a caso. E’ un angelo custode cercato che vorrebbe sembrare invidioso quando è solo preoccupato della realtà sociale e storica in cui viviamo e che mette i genitori a dura prova nello saper stare accanto ai figli.
Tommaso avrà una sua camera con qualcosa che per lui conterà moltissimo. Come lo era stato per l’autore un fazzoletto a pois della mamma quando lo sventolava nella sua stanza credendosi un telecronista sportivo e “sentendosi felice come un deficiente” nell’avvicinarsi con quel gesto anche al padre, che era un gran tifoso. “ La prima volta che mi sono inoltrato in uno stadio è stato con lui. Quel catino di passioni non sempre pulite mi aveva fatto sussultare. Ero scattato in cerca di un appiglio e lo avevo trovato nella sua mano. Ancora oggi, ogni volta che entro in un luogo affollato, sento la mano di mio padre che mi introduce agli inferi con la segreta certezza che troveremo insieme una via d’uscita”.
Tommaso troverà nel “baule dei ricordi” qualcosa lasciatogli da un padre “un po’ impegnativo” ma che lo porterà a riconoscere i gesti di amore incondizionato che “hanno un alfabeto tutto loro”.
E che gli darà soprattutto la consapevolezza della fantasia più vittoriosa: quella che saprà difendere dalle competizioni che rende aridi. E soli i sempre perdenti.

Giovanna Bruco

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