Lo scrittore Vanni Santoni con il suo libro “Dilaga ovunque” ci immerge nel cuore di questo mondo. Un universo complesso, dove l’arte si fonde con la ribellione e la voglia di affermare la propria esistenza in un contesto urbano spesso ostile. La narrazione ci porta dai quartieri malfamati, dove i graffiti nascono come voce degli emarginati, fino alle gallerie d’arte e alle case d’asta, dove oggi la street art è riconosciuta, venduta e, talvolta, usata come strumento di speculazione immobiliare.
I graffiti hanno una storia millenaria che affonda le radici in epoche lontane. Questo libro, Dilaga ovunque, non è soltanto un romanzo, ma un manifesto che esplora la loro nascita, la loro evoluzione e la loro straordinaria diffusione globale. Con uno sguardo rivolto al passato e un’attenzione acuta per il presente, il libro ci porta dentro il mondo della street art, un fenomeno che da clandestino si è trasformato in mainstream, senza perdere del tutto la sua essenza di ribellione.
Dilaga ovunque di Vanni Santoni
Sinossi del libro
Quanto bisogna risalire nel tempo per raccontare la nascita dei graffiti? Fino alle grotte di Lascaux, alle incisioni sulle pareti di Pompei, o ai disegnetti virali lasciati dai soldati americani durante la guerra? Di certo è a partire dai primi anni ’70 del secolo scorso, tra i ragazzini dei quartieri poveri che iniziano a taggare le strade di Philadelphia e New York, che il fenomeno prende piede, esplode e dilaga in tutto il mondo. Da allora è un proliferare di nomi, un evolversi di stili e filoni in cui è quasi impossibile mettere ordine.
Nonostante la repressione sempre più dura e l’ossessione per il decoro, oggi i graffiti sono ovunque, hanno vinto. La street art si vende nelle case d’asta, si usa in pubblicità, diventa addirittura strumento della speculazione immobiliare. Cosa è rimasto dello spirito clandestino delle origini? Per scoprirlo, questo romanzo ci porta tra gallerie d’arte e depositi dei treni, con il cappuccio della felpa tirato su e un paio di bombole nello zaino, a sentire l’odore della vernice e l’adrenalina che sale improvvisa, muovendosi nel buio per mordere la carne della città e rivendicare il diritto di esistere in uno spazio urbano dominato dalle logiche del profitto.
Le origini: dal preistorico alla metropoli moderna
Per comprendere i graffiti, bisogna fare un salto indietro nel tempo. L’atto di lasciare segni sulle superfici è antico quanto l’umanità. Le pitture rupestri di Lascaux, con le loro raffigurazioni di animali e scene di caccia, rappresentano uno dei primi esempi di come l’uomo abbia sentito il bisogno di esprimersi attraverso immagini. Anche a Pompei, i graffiti erano presenti come messaggi politici, dichiarazioni d’amore o semplici scherzi, incisi sulle mura della città. Durante la Seconda Guerra Mondiale, i soldati americani lasciavano disegni e scritte sui muri, segni del loro passaggio in un mondo dilaniato dal conflitto.
Tuttavia, è negli anni ’70 che i graffiti come li intendiamo oggi nascono e prendono forma, nelle strade di Philadelphia e New York. I giovani dei quartieri poveri, emarginati e invisibili, iniziano a usare le pareti delle città come tele su cui imprimere i loro nomi. Nasce così il “tag”, la firma che identifica l’autore e che diventa simbolo di appartenenza e ribellione.
L’ascesa: dai sottoscala alle gallerie d’arte
Negli anni successivi, i graffiti esplodono. Da semplice firma, il fenomeno evolve in un movimento artistico complesso e articolato. Nascono nuovi stili e tecniche, dal wildstyle ai murales, e nuove correnti si sviluppano all’interno di questo universo in continua crescita. Gli artisti iniziano a creare vere e proprie opere d’arte su treni, pareti e ponti, sfidando le autorità e appropriandosi di spazi pubblici che altrimenti non avrebbero mai avuto la possibilità di occupare.
Questa evoluzione artistica porta i graffiti a entrare nel mondo dell’arte ufficiale. Le gallerie iniziano a notare il potenziale creativo di questi artisti urbani e, a partire dagli anni ’80, molti di loro vengono invitati a esporre nelle mostre. Oggi, la street art è una presenza costante anche nelle case d’asta, dove i nomi più celebri raggiungono cifre da capogiro.
Tuttavia, questa ascesa ha un prezzo. I graffiti, nati come gesto di ribellione e clandestinità, vengono inglobati dal mercato e trasformati in prodotto. Il rischio è che si perda lo spirito originale, quello della protesta e del bisogno di visibilità degli invisibili.
La resistenza clandestina: arte o vandalismo?
Il romanzo Dilaga ovunque affronta questo delicato equilibrio. Da un lato, il successo della street art è innegabile: ha conquistato spazio e visibilità, arrivando persino a influenzare il design, la moda e la pubblicità. Dall’altro lato, rimane una tensione irrisolta tra l’aspetto commerciale e la radice profondamente ribelle di questo movimento.
Il libro ci accompagna nei luoghi più segreti della città, dove i graffiti rimangono clandestini. L’autore ci fa respirare l’odore acre della vernice spray, sentire l’adrenalina che accompagna ogni tratto di colore su una parete ancora vergine, raccontando l’emozione del rischio, della sfida alla legge, e la consapevolezza di lasciare un segno che potrebbe essere cancellato da un momento all’altro. Il buio della notte diventa il complice degli artisti, che con le felpe tirate su e lo zaino pieno di bombolette si muovono come ombre in un gioco di sfida tra espressione e repressione.
Un’arte che rivendica spazi
Ma il cuore del fenomeno graffiti non è solo nell’atto di dipingere muri illegalmente. È anche una battaglia per il diritto di esistere in uno spazio urbano dominato dalle logiche del profitto. Le città moderne sono sempre più controllate, i luoghi pubblici vengono regolamentati da leggi che lasciano poco spazio all’espressione spontanea. I graffiti, in questo contesto, rappresentano una forma di resistenza. Ogni tag, ogni disegno è un messaggio che dice: “Esisto, sono qui, e non puoi ignorarmi”.
In un’epoca in cui lo spazio pubblico è sempre più privatizzato e commercializzato, l’atto di dipingere un muro diventa una sfida alle forze che vogliono rendere ogni superficie un veicolo di consumo. Gli artisti di strada rivendicano il diritto di vivere la città, di dialogare con essa e con chi la abita, trasformando i muri in luoghi di comunicazione.