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“Dei delitti e delle pene”, perché dovremmo leggere Cesare Beccaria oggi

Il 15 marzo 1738 la città di Milano dava i natali a Cesare Beccaria. In questo articolo scopriamo la straordinarietà dell’opera “Dei delitti e delle pene” e le ragioni per cui il capolavoro del filosofo e giurista illuminato andrebbe letto ancora oggi.

“Il più sicuro ma più difficil mezzo di prevenire i delitti si è di perfezionare l’educazione”.

Scriveva così, nel suo trattato “Dei delitti e delle pene“, Cesare Beccaria, di cui oggi ricorre l’anniversario di nascita e che vogliamo ricordare facendovi scoprire il suo grande capolavoro, l’opera che ha indotto alla riflessione i governanti europei, che ha posto le fondamenta per la scienza criminale moderna.

Sono mesi caldi sul fronte del diritto penitenziario. In Italia, le discussioni si fanno sempre più accese, e i palinsesti in tv si occupano spesso di un argomento che torna ciclicamente alla ribalta e di cui l’opinione pubblica conosce obbiettivamente poco. Leggere “Dei delitti e delle pene” può costituire un primo passo per avvicinarsi alla tematica con spirito critico ed imparziale. Perché, come afferma lo stesso Beccaria nella sua opera, il mezzo più sicuro per prevenire i delitti e, aggiungiamo noi, per poter dare un contributo allo sviluppo sociale, è l’educazione.

“Dei delitti e delle pene”

Difficile pensare a una nuova prospettiva di lettura del “Dei delitti e delle pene“, unanimemente annoverato tra i grandi classici della cultura civile e politica moderna. In questo binomio – civile e politica – si radicano i caratteri propri del testo: difesa dei diritti individuali e affermazione delle ragioni della comunità; passione per ciò che è generale, uguale per tutti, e critica implacabile dell’arbitrio, fonte di iniquità.

Se un aspetto è stato forse meno di altri rischiarato, questo è la natura politica dei “Delitti”, segnati da un serrato confronto con i grandi classici del pensiero politico sei-settecentesco e ispirati da una forte carica critica nei confronti delle ingiustizie sociali e delle violenze che ne discendono.

Senza per ciò trascurare le altre, l’introduzione e il commento che accompagnano questa nuova edizione si propongono di far luce su quest’ultima dimensione, mentre la prefazione di Stefano Rodotà mette in luce la moralità profonda dell’autore e le convinzioni che “come le ricchezze non devono servire a comprare potere, così il lavoro intellettuale non può essere usato per conquistare benevolenza e consenso”.

Le polemiche sul carcere, l’importanza di leggere “Dei delitti e delle pene” oggi

C’è un motivo se inizialmente, nel 1764, “Dei delitti e delle pene” veniva pubblicato in forma anonima: il contenuto dell’opera era potenzialmente esplosivo. Nel suo trattato, Cesare Beccaria cercava infatti di rispondere ad importanti quesiti sull’accertamento dei delitti e sull’assegnazione delle pene alla maniera illuminista, con rigore logico e senza farsi trasportare da sentimentalismi o pregiudizi.

In un mondo in cui vigeva la pena di morte, un’opera della portata di “Dei delitti e delle pene” acquistava un valore inestimabile, lucida ed intensa com’era, pronta a far riflettere chiunque avesse la facoltà di apportare modifiche al sistema delle carceri europee. Ed infatti, è proprio a partire dal trattato del giurista milanese che nacque la scienza criminale moderna e il dibattito sul diritto penitenziario.

Leggere “Dei delitti e delle pene” oggi significa quindi entrare in confidenza con una pietra d’angolo, con le basi su cui è stato costruito il sistema penitenziario europeo. E significa anche porsi delle domande sulla natura del carcere e sulla sua utilità, riuscire a decifrare con sguardo più consapevole i dibattiti che si instaurano quando si parla di detenzione minorile, di 41bis e di ergastolo ostativo, argomenti sempre presenti nei giornali e in tv.

Cesare Beccaria

Nato a Milano il 15 marzo 1738 e qui morto il 18 novembre del 1794, Cesare Beccaria è stato un importante giurista, filosofo, economista e letterato italiano, il più grande esponente dell’Illuminismo in Italia, divenuto celebre per il trattato “Dei delitti e delle pene”. Beccaria proveniva da una famiglia nobile del pavese, perciò ricevette un’educazione vasta e dettagliata, indirizzato dai Gesuiti. Si laureò in Giurisprudenza all’Università di Pavia, e presto si interessò ai temi illuministi, soprattutto dopo la lettura delle Lettere persiane di Montesquieu e del “Contratto sociale” di Rousseau.

Dal carattere introverso e timido, Cesare Beccaria restò per quasi tutta la sua vita a Milano, eccetto che per una breve parentesi, quando i fratelli Verri lo convinsero a recarsi con loro a Parigi. Era il 1766, ed il filosofo e giurista cercò di tornare in Italia il prima possibile, dove venne nominato membro del Supremo Consiglio dell’Economia, contribuendo alle riforme asburgiche sotto Maria Teresa e Giuseppe II. Dal matrimonio di Cesare Beccaria con la nobildonna spagnola Teresa de Blasco nacquero quattro figli, fra cui Giulia, la primogenita, che sarebbe poi stata la madre dello scrittore Alessandro Manzoni.

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