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Daria Bignardi, “La scrittura per me è una vocazione”

In occasione dell'uscita dell'ultimo libro "Storia della mia ansia", abbiamo intervistato Daria Bignardi. Ecco che cosa ci ha risposto

MILANO – Daria Bignardi è una giornalista e conduttrice italiana molto amata dal pubblico. Dal 2009 si è dedicata anche a una sua grande passione, quella della scrittura, pubblicando alcuni libri che hanno riscosso molto successo. In occasione dell’uscita del’ultimo libro Storia della mia ansia, abbiamo intervistato Daria Bignardi.

 

Nel 2009 ha pubblicato il suo primo libro “Non vi lascerò mai orfani”. Quando ha scoperto la passione per la scrittura?

In seconda elementare ho scritto le prime orrende poesie, di ispirazione carducciana,  e in terza il primo romanzo. Quello non era male.  Si intitolava “Illusioni perdute” ed era lungo quasi otto pagine. Era la storia di un amore infelice e il protagonista era un ragazzo di nome Roberto. La storia – in pratica la sua ragazza gli dava appuntamento in un bar e lo piantava-  era ambientata a Londra. La cosa buffa è che dieci anni dopo mi sono innamorata di un Roberto, che diventò il mio primo ragazzo e che feci soffrire, e quindici anni dopo ho lasciato per la prima volta   Ferrara e sono andata a vivere a Londra per diversi mesi.

 

Lea ha qualche caratteristica che lei le invidia?

No, casomai la compiango, Lea non può fare a meno di preoccuparsi  per tutto e per tutti tranne che per se stessa, ma tutto sommato mi sta simpatica. Mai quanto Shlomo però.

 

Prima dell’operazione, Lea pensa: “Come tutte le mie cose belle, lo avevo dato per scontato.” Le è mai capitato di pensarlo nella sua vita?

Continuamente, tranne che per i figli e la scrittura. Per queste cose ringrazio ogni giorno.

 

“Mi sono concessa di riconoscere l’ansia solo quando ho creduto di aver scoperto la cura: scrivere storie, portarle in scena. È stata l’ansia a non farmi fermare mai” . Per lei dunque la scrittura è stata una forma di cura?

Questa cosa la pensa Lea, ma credo voglia significare che l’ansia per lei era una sorta di energia creativa. La scrittura per me non è una cura, ma una necessità e una vocazione.

 

Perché considera “storia della mia ansia” il suo libro più importante?

Sa che credo di non averlo mai detto, anche se ho  letto anche io che lo avrei fatto? In effetti l’ultimo libro sembra sempre il più importante. Ma se proprio vogliamo dare un primato a Storia della mia ansia potrebbe essere il più inevitabile. Si è praticamente scritto da solo. Ma è una sensazione che provo per tutte le mie storie.

 

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