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Daniel Pennac, ”Parlare del proprio corpo oggi è ancora un argomento tabù”

Il rapporto che ciascuno ha con il proprio corpo è all'insegna della sorpresa, ed è questo senso di sorpresa e curiosa scoperta che il protagonista del nuovo romanzo di Daniel Pennac cerca di raccontare nella sua ''Storia di un corpo''. Lo ha spiegato l'autore durante la conferenza stampa di presentazione del suo nuovo libro tenutasi ieri a Milano...

L’autore ha presentato ieri a Milano il suo nuovo libro, “Storia di un corpo”

MILANO – Il rapporto che ciascuno ha con il proprio corpo è all’insegna della sorpresa, ed è questo senso di sorpresa e curiosa scoperta che il protagonista del nuovo romanzo di Daniel Pennac cerca di raccontare nella sua “Storia di un corpo”. Lo ha spiegato l’autore durante la conferenza stampa di presentazione del suo nuovo libro tenutasi ieri a Milano. Il testo è costituito dalle dettagliate annotazioni che ogni giorno, dai dodici anni fino alla morte, il narratore trascrive nel suo diario a proposito di tutte le minime trasformazioni e manifestazioni del suo corpo, senza risparmiare i dettagli più raccapriccianti.

IL PROGETTO – La conferenza è aperta da una breve introduzione di Gianluca Foglia, direttore editoriale di Feltrinelli. “Mi ricordo quando Daniel ci ha raccontato l’idea di ‘Storia di un corpo’ a casa sua a Parigi: aveva già tutto in testa, perfettamente chiaro, i temi che voleva trattare e le ragioni per cui voleva farlo”, racconta. E per spezzare il ghiaccio rivolge all’autore una prima domanda: “Portando a compimento il progetto, pubblicando il libro e vedendo le reazioni dei lettori in Italia e all’estero, cos’hai imparato sugli uomini ora che hai scritto questo romanzo sul loro corpo?”

 

UN ARGOMENTO TABÙ – La parola passa a questo punto a Daniel Pennac. “Quel che ho appreso dalla stesura di questo romanzo è la conferma di un’intuizione. Nonostante il corpo sia oggi straordinariamente esposto, nella pubblicità, nel cinema porno, nella body art e perfino nelle radiografie mediche, dalle reazioni che la lettura di questo libro ha suscitato nel pubblico – entusiastiche o scandalizzate – ho avuto dimostrazione che il rapporto di ciascuno con il proprio corpo è ancora un argomento tabù. L’altra cosa che ho imparato”, prosegue l’autore con quel tocco autoironico che lo contraddistingue, “è che sono sempre lento. Ma dal punto di vista letterario questa lentezza ha un significato preciso: il soggetto di un libro di per sé è quasi niente, finché non si inizia a scrivere. Può essere anche un’intenzione molto precisa, ma occorrono tre o quattro anni per sviluppare questa intenzione e farne un romanzo. Fortunatamente in Feltrinelli hanno molta pazienza: io metto nero su bianco che consegnerò il libro allo scadere di due anni, ma poi ne passano quattro! E tuttavia non subisco mai pressioni. Capita anche che Gianluca passi da casa mia per un whisky”, prosegue Pennac in tono scherzoso, “e magari legge anche passaggi del libro, mi dà consigli utili. Ma non si parla mai di tempi di consegna.”

IL LAVORO DI DOCUMENTAZIONE – Ma cosa fa Pennac nel lasso di tempo tra un libro e l’altro? “Faccio soprattutto lavoro di documentazione: la mia lentezza dipende, oltre dal fatto che sono abbonato al dubbio, dal mio essere ossessivo. Per scrivere questo libro non ho letto molto, a parte Montaigne: più che per documentarmi, perché mi piace il rapporto che questo autore ha con il corpo. Ho invece lavorato con un amico medico, lo stesso a cui mi rivolgevo quando c’era qualche problema di salute tra i Malaussène: il medico di famiglia insomma.”

SUPERARE LE PAURE  – “L’interpretazione di questo diario come uno stratagemma per esorcizzare la paura è molto interessante, non lo avevo pensato in questi termine”, risponde Pennac a uno dei giornalisti presenti che ha avanzato questa lettura del libro. “Il protagonista in effetti scrive il diario spinto da una paura iniziale vissuta nell’infanzia, in un episodio molto preciso: a dodici anni, quando faceva parte degli scout, nel corso di un gioco era stato legato a un albero in un bosco dalla squadra avversaria, ed era stato lasciato lì tutto solo. La paura che aveva provato l’aveva completamente svuotato, e aveva finito per farsela addosso. Attraverso la stesura del diario il protagonista cerca di superare le sue reazioni fisiche alla paura.” E quali sono invece le paure di Pennac? “Se si intende quali siano le mie paure ontologiche fondamentali, le mie grandi paure latenti, non saprei rispondere. Posso però dire che una delle mie più grandi passioni è sempre stata, come professore, quella di combattere la paura che avvertivo nei miei allievi quando insegnavo a scuola – paura di non saper rispondere alle domande che vengono loro poste, paura di apparire dei totali somari. Una paura che per tanti anni ho provato anch’io quando ero studente, che è paralizzante e spesso fa diventare i ragazzini violenti. Io ho sempre lottato per guarirli da questa paura, perché solo così avrei potuto insegnare loro qualcosa.”

IL CORPO NON SMETTE MAI DI SORPRENDERCI – E perché il protagonista decide  di confrontarsi con il racconto del corpo e con ciò che del corpo fa paura, le sue fragilità, il suo decadimento? “Il rapporto che abbiamo con il nostro corpo”, risponde l’autore, “è sempre all’insegna della sorpresa. Il nostro corpo non smette mai di sorprenderci, fino alla nostra morte. E anche morire è una sorpresa, sebbene sappiamo che siamo destinati a questa sorte! Un autore francese, Marcel Jouhandeau, mentre si trovava sul punto di morire si era rivolto al figlio venuto a vederlo per l’ultima volta chiedendo di essere lasciato solo: ‘Sto aspettando la morte con grande curiosità’, aveva detto. Questa curiosità è proprio il segno che, per quanto possiamo attenderci ciò che sta per accadere, non sappiamo esattamente come sarà finché non lo vivremo. Prendiamo un esempio più semplice: una ragazza o un ragazzo che entrano nella pubertà possono essere stati educati dai genitori e istruiti sui cambiamenti cui andranno incontro, ma vivere quei cambiamenti è tutt’altro discorso. Anche un semplice starnuto è una sorpresa. Ecco, il protagonista del diario condivide la stessa curiosità per il corpo di Jouahandeau, ed è questo senso di sorpresa che cerca di raccontare.”

INCONTRARSI PER LA PRIMA VOLTA – Come accade nel libro, chiede un’altra giornalista, c’è stato per Pennac un momento nella sua vita in cui ha visto per la prima volta davvero il suo corpo, attraverso uno specchio o magari attraverso uno sguardo altrui? “Non ricordo un momento in particolare. Ci capita tante volte di incontrare per la prima volta il nostro corpo: può succedere intravedendosi d’un tratto nel riflesso di una vetrina mentre si sta camminando, e in generale succede ogni volta che il corpo ci fa una sorpresa inattesa. Anche quando ci ammaliamo ci incontriamo per la prima volta: per tutto il lasso di tempo che ci è necessario per integrare l’idea della malattia, il nostro corpo diventa estraneo a noi stessi. Un incontro molto interessante che si ha invece di sé attraverso lo sguardo degli altri”, prosegue Pennac, “è quello che accade quando ci si innamora: è bello riconoscersi per la prima volta nello sguardo di chi amiamo e ci ama.”

 

AMORE E ANIMALITÀ – A proposito di amore, il protagonista del libro lo fa coincidere con qualcosa di chimico: vale anche per l’autore? “Non si tratta di chimica”, precisa Pennac, “ma di ‘animalità’. La società ci insegna che l’armonia in amore si ottiene a livello intellettivo, ma l’amore più duraturo che io abbia vissuto è stato quello basato su un’animalità soddisfatta, su un’intesa fisica, ritmica, olfattiva, gustativa pienamente soddisfacente. Io consiglio sempre di considerare attentamente questo aspetto. A un certo punto il protagonista del diario parla di una donna, Simone, e dice che l’ama moltissimo, ma che non gli piace il suo odore: è una grandissima tragedia. Spesso le repulsioni fisiche, per quanto represse, tornano a galla e determinano la fine di una storia. E sovente ci sono forti connivenze intellettuali, politiche, spirituali che danno vita a grandissime amicizie ma non si incarnano mai in un amore, perché manca l’intesa animale.”

LA TOURNÉE TEATRALE –“Storia di un corpo” sarà anche protagonista di una tournée teatrale. “Non si tratta di una pièce”, precisa Pennac, “ma di una lettura di un’ora – in verità, essendo impossibile leggere tutto il romanzo e dovendo selezionare delle parti, ho individuato tre possibili letture tra le quali scegliere. La tournée prevede anche una data italiana, al Teatro San Ferdinando di Napoli, ma magari ne verranno fissate delle altre. Mi è sempre piaciuto leggere ad alta voce per gli altri”, aggiunge Pennac in proposito. “L’ho sempre fatto per i miei studenti quando lavoravo a scuola, un’ora al giorno per trent’anni, per trasmettere loro l’amore per i libri. Se si legge a qualcuno ad alta voce sarà senz’altro felice di ritrovarsi poi da solo con il suo libro.”

 

13 novembre 2012

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