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Da Ungaretti a Gadda, le ricette ideate dai grandi maestri della letteratura

Luca Clerici ha pubblicato un ricettario che unisce il mondo della letteratura e della cucina. Ecco l'intervista all'autore del libro

MILANO – Un progetto nato grazie ad alcune ricerche dell’Università degli studi di Milano, ha dato il via alla creazione di un ricettario in cui ad essere proposte sono le parole degli scrittori. Diversi sono i piatti proposti dagli scrittori come il risotto di Gadda. In occasione dell’uscita del libro “Mangiarsi le parole“, ecco l’intervista all’autore Luca Clerici.

 

Come è nata l’idea del progetto? Quali altre attività sono state realizzate prima di arrivare alla pubblicazione del libro?

Il progetto Mangiarsi le parole nasce nel 2013 nell’ambito delle attività di ricerca promosse dall’Università degli studi di Milano in vista di EXPO 2015, e si concentra sul rapporto fra letteratura italiana e rappresentazione del cibo, del vino, della civiltà della tavola dall’Unità a oggi. Il ciclo di eventi è stato inaugurato da una tavola rotonda che ha lanciato il format, seguita da un convegno di approfondimento scientifico: Mangiarsi le parole: rappresentazione del cibo, civiltà della tavola e letteratura italiana contemporanea. Terza tappa, una sfida: dopo tanto parlarne, perché non provare a mangiarle davvero le parole degli scrittori? Ed ecco nel 2014 la Cena d’autore, sempre in Statale: una sessantina di esponenti qualificati della società civile non solo milanese si sono seduti a tavola e hanno gustato piatti cucinati su ricette di scrittori, come l’eccellente Risotto patrio di Gadda. Grazie alla munificenza degli ospiti la cena a sottoscrizione libera ha finanziato un assegno di ricerca post-dottorato, e lo studio del vincitore è in stampa. Si arriva così al nostro libro e al sito Mangiarsi le parole, di prossima pubblicazione.

 

Con quale criterio avete scelto gli autori da inserire?

Mangiarsi le parole raccoglie 101 ricette di un’ottantina di scrittori italiani del Novecento, sia in prosa sia in versi. La più antica risale al 1926 (il Balsamo di ciprigna si legge nel curioso Manuale culinario afrodisiaco per gli adulti dei due sessi di Omero Rompini) e la più recente è del 2017, firmata da Stefania Giannotti – i suoi libri sono tradotti in inglese, francese e giapponese. Si tratta di autori universalmente noti (Umberto Eco), celebri (Alberto Moravia) e dimenticati, attivi dai primi del secolo ma anche contemporanei. In tutti i casi, la loro interpretazione del “genere ricetta” riserva notevoli sorprese, non ultimo criterio per la scelta dei testi e degli autori.

 

In cosa si differenziano i 7 menù a tema?

Le 101 ricette del libro sono organizzate in due serie, il Menù alla carta e i Menù a tema. Per equilibrio, anche i Menù a tema sono sette, compreso il Menu del lettore con cui la serie finisce, pagine bianche lasciate alla massaia come in ogni libro di cucina che si rispetti. Si parte con il Menu afrodisiaco, seguito da quello dietetico, e poi di genere – sia letterario, il giallo, sia in senso proprio: nel Menu rosa ecco solo piatti firmati da donne. Gli ultimi due sono un gioco: se Il menu di soli primi in versi comprende le poesie in dialetto di Biagio Marin e di Arrigo Boito, il Metamenu è fatto di ricette “al quadrato”, e termina con una lettura quanto mai adatta, la Ricetta per far ricette di Giuseppe Prezzolini. Perché dopo il dolce ogni menu a tema propone le Letture da meditazione, versione letterariamente analcolica dei tradizionali vini da meditazione: passiti, sauternes, moscati.

 

Secondo lei perché è così forte il legame tra cibo e letteratura? Cosa ne pensa del rapporto che intercorre oggi tra i due mondi?

In ambito letterario il rapporto fra cibo e letteratura è sempre stato molto forte: basti pensare a un classico come Gargantua e Pantagruel di Rabelais o, per rimanere alla produzione italiana del Novecento, alla sua rilevanza nell’opera di Carlo Emilio Gadda. Per non dire – da un’altra prospettiva – che il primo premio letterario italiano è stato concepito e poi sempre ospitato in una trattoria toscana di Milano, il Bagutta, nel lontano 1926. In giuria, grandi scrittori come Riccardo Bacchelli e giornalisti del calibro di Orio Vergani – Gadda vincerà il premio nel 1934. Un rapporto tanto centrale da essere evidente anche per absentia: negli Indifferenti di Moravia il rito borghese del pranzo e della cena sancisce la crisi dell’istituto familiare, perché alla tavola degli Ardengo si digiuna.

 

Quale ricetta l’ha più piacevolmente sorpreso?

Difficile rispondere, perché le ricette sorprendenti sono davvero tante. Per la loro forma (in versi, in prosa, ridotte alle veloci battute di dialogo di una conversazione telefonica, sceneggiate come a teatro, disegnate – la Cotoletta tennis del futurista Filippo Tommaso Marinetti), per l’atteggiamento dell’autore (cultore della cucina, inesperto o addirittura inappetente, “professorale” ma anche confidenziale, nostalgico o provocatorio), per i piatti proposti, molti davvero cucinabili e facili, altri che invece non mi sento di raccomandare. E poi ricette che sembrano scherzi, affabili prese in giro del lettore, come quelle molto divertenti di Aldo Fabrizi. Ma sorprendenti sono anche le immagini inedite provenienti dagli archivi di APICE dell’Università e i racconti che alcuni scrittori amici di Mangiarsi le parole hanno scritto per la Statale, dalla Pasta ‘ncasciata alla milanese di Hans Tuzzi, alle Due ricette al volo di Simonetta Agnello Hornby, a Il Sasso del Pane di Andrea Vitali.

 

 

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