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Cultura, buon cibo per crescere

“La cultura si mangia”, spiegano due sofisticati intellettuali italiani, Bruno Arpaia e Pietro Greco, in un bel libro pubblicato da Guanda. E i dati del Rapporto Federculture confermano che la cultura, appunto, è ancora, nonostante tutto, un settore vivo e vivace dell’economia italiana...

MILANO –  “La cultura si mangia”, spiegano due sofisticati intellettuali italiani, Bruno Arpaia e Pietro Greco, in un bel libro pubblicato da Guanda. E i dati del Rapporto Federculture confermano che la cultura, appunto, è ancora, nonostante tutto, un settore vivo e vivace dell’economia italiana, producendo il 5,4% del Pil e dando lavoro a un milione e pezzo di persone. Il guaio è che lo Stato investe pochissimo (1,5 miliardi, a disposizione del ministero, la stessa cifra stanziata dalla piccola Danimarca, meno di metà della Francia) e per giunta spende male. Il risultato è pessimo: un patrimonio che non viene manutenuto, valorizzato, incrementato, usato come volano di sviluppo generale del sistema Paese. Situazione nota, naturalmente. E di anno in anno peggiore. Dunque, un disastro. Uno spreco di intelligenze e risorse. Una ipoteca sul nostro futuro.

La crisi economica in corso e il peggioramento dell’offerta incidono sulla domanda. Le famiglie hanno tagliato i consumi culturali del 4,4% nel 2012: si legge meno, si ascolta meno musica, si va meno a teatro e al cinema. Siamo insomma all’interno di una spirale perversa. Più poveri, più ignoranti, dunque destinati per carenza di cultura (il motore della crescita) a essere sempre più povera. Ci stiamo insomma giocando il futuro. Anche da questo punto di vista, non c’è notizia: succede da anni, ogni volta un po’ peggio.

Come rimediare? Più investimenti pubblici e privati (fiscalmente da stimolare). Maggiore qualità e migliore apertura a dimensioni culturali di massa (qualità e cultura popolare non sono necessariamente una contraddizione). Una strategia politica che della cultura italiana, in tutte le sue articolazioni, faccia un asset della crescita economica e sociale. Anche questa ricetta, naturalmente, è nota. Ma inascoltata. Con l’effetto di leggere, oggi, in un bell’articolo su “Il Sole24Ore” che mentre Pompei crolla a pezzi, la mostra “Vita e morte a Pompei ed Ercolano” si avvia a essere il terzo maggior evento nei 250 anni di storia del Britiush Museum, dopo i Tesori di Tutankhamen (1972) e l’Esercito di terracotta cinese di Xian (2007). Siamo insomma un paese scandalosamente sprecone. Di intelligenza, cultura, sviluppo. Sta qui, il nostro declino.

2 luglio 2013

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