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Conversazione con Valerio Aiolli

Valerio Aiolli, già ospite di questo blog, fiorentino, autore radiofonico, docente di scrittura creativa, ha scritto la raccolta di racconti Male ai piedi (Cesati 1995), Io e mio fratello (Edizioni e/o 1999), nel 2001 Luce profuga e nel 2002 A rotta di collo, entrambi con la stessa casa editrice, Fuori tempo (Rizzoli 2004), Ali di sabbia (Alet 2007), Il sonnambulo (Gaffi 2014), Il ragazzo che vi guarda (Firenze Leonardo Edizioni – Clichy 2016) e Lo stesso vento (Voland 2016).

 

Valerio, annata ricca il 2016, ben due pubblicazioni. Naturalmente i frutti letterari maturano lentamente e magari la gestazione delle due opere di quest’anno dura da tempo, vogliamo parlare di questa gestazione?

E in realtà è uscito anche un altro racconto a cui tengo molto (Sott’acqua) nell’antologia Scritto nella memoria (Guanda) a cura di Marco Vichi. Gestazioni molto diverse le une dalle altre, in effetti. Il ragazzo che vi guarda è nato su sollecitazione dei curatori della collana Narrare humanum est, lo scrittore Marco Vichi e lo storico dell’arte Sergio Risaliti. Scopo della collana è descrivere alcuni luoghi artistici di Firenze attraverso la narrazione, ambientandoci un vero e proprio racconto. Io ho ambientato il mio nella basilica (e nella piazza, e nel quartiere) di Santo Spirito, dando voce a un ragazzo del Quattrocento rimasto tale in quanto dopo la sua morte il suo corpo venne preso a modello per… Un tipico racconto su commissione, quindi, scritto nei primi mesi del 2016 e pubblicato di lì a poco. Nonostante sia nato in tempi ristretti, sono molto orgoglioso del mio ragazzo morto. Anche Sott’acqua parte da una commissione (scrivere un racconto su memorie infantili o giovanili), ma in questo caso sono andato a ripescare un blocco narrativo che avevo già scritto da tempo, e che stava lì, come tanti altri, in attesa di una collocazione precisa. Ci ho lavorato su nel 2015, trasformandolo in un racconto vero e proprio. Lo stesso vento è un caso ancora diverso. È venuto su a partire dalla prima idea del 1999, per aggiustamenti e germinazioni successive, terminate una quindicina di anni dopo.

 

Lo stesso vento racconta tante storie collegate fra loro dalla presenza di un oggetto umile, un ventilatore, dono d’amore inizialmente e infine, passato di mano in mano, causa involontaria di sciagura. Una cosa che leggendo un libro come questo può accadere di chiedersi – e che quindi ti chiedo − è se in qualche modo una scheggia di realtà abbia dato origine al processo creativo che porta dal primo appunto preso in fretta per fermare l’idea al romanzo finito.

Tutto nasce proprio nel 1999. Cioè nel momento in cui inizia la storia narrata nel libro. Quell’anno – io avevo appena pubblicato il mio primo romanzo – mi fu chiesto di partecipare al catalogo di una mostra di pittura: Cinematografie, di Gianni Cacciarini. L’artista, proprio per il carattere di quella mostra, aveva intenzione di mettere insieme un catalogo composto non di studi critici, ma di frammenti narrativi: racconti, poesie, brani di sceneggiature, dialoghi teatrali. A me fu chiesto un racconto. Mi vennero ovviamente mostrati i dipinti, che rappresentavano per la maggior parte oggetti di uso comune qualche decennio prima, inseriti in un contesto inusuale, che paradossalmente ne accentuava la forza intrinseca. Fra di essi mi colpì in particolare un ventilatore. Mi chiesi, ma valeva anche per gli altri oggetti, da quante e quali mani fosse passato prima di arrivare fra quelle del pittore, e poi su quella tela, e poi fino ai miei occhi. E immaginai in breve tempo, sul momento, i caratteri e i destini di Fausto e Adriana, di Vittorio e Francesca, e di tutti gli altri che sarebbero diventati i personaggi di Lo stesso vento, intrecciati a momenti storici salienti, che ne avrebbero scandito le esistenze. Così scrissi quel racconto di poche pagine, che fu pubblicato sul catalogo, e che è in pratica il bozzetto del romanzo. Perché da quel momento in poi, pur scrivendo e pubblicando nel frattempo diversi altri libri, rimasi convinto che in quegli ultimi mesi del 1999 non avevo scritto un vero e proprio racconto, ma il progetto di un romanzo che prima o poi avrei dovuto scrivere. E che, piano piano, ho scritto.

 

Per quello che vado annusando in giro, gli editori oggi difficilmente sono entusiasti di romanzi in cui predominano le tematiche delle relazioni d’amore e dei legami familiari (tematiche ancora una volta al centro di un tuo libro). Posso chiederti se è stato difficile trovare un editore per Lo stesso vento?

Non sono così convinto che amore e legami di famiglia spaventino gli editori. Se ci sono belle storie e sono scritte bene, gli editori (almeno alcuni) non si tirano indietro. Anche perché attraverso l’amore, la famiglia e altri microcosmi, si possono far passare tante cose che sono nell’aria, o che stanno rintanate nel profondo, e che proprio attraverso questi sentimenti forti che riguardano ciascuno di noi trovano la strada per arrivare al lettore. Lo stesso vento, per esempio, parla di amore e di legami famigliari, ma anche di come ci siamo trasformati interiormente via via che il paesaggio della storia e della società si modificava intorno a noi, e di quanto eventi esterni, che apparentemente non ci toccano, influenzano alla lunga la nostra vita.

In Voland evidentemente c’erano persone che la pensavano in questo stesso modo, e mi avevano chiamato, prima ancora di leggere questo libro, interessati ad avviare una collaborazione con me. Poi hanno letto il romanzo, gli è piaciuto: diciamo che sono stato fortunato.

 

A cosa stai lavorando adesso?

Su una cosa piccola e una cosa grossa. La cosa piccola è una specie di memoir spurio, dove leggerezza e ironia la fanno da padrone nel tratteggiare un mondo di ragazzi. La cosa grossa è la mia tela di Penelope, un romanzone su cui lavoro da anni, una specie di lente di ingrandimento su uno dei tanti snodi drammatici del passato prossimo del nostro paese. Ancora un intreccio fra storie private e storia collettiva per provare a raccontare come siamo fatti dentro, noi che viviamo qui e ora.

 

Grazie, Valerio, per il tuo tempo e le tue risposte.

Grazie a te, Rosalia!

 

Immagine di copertina tratta dal sito http://www.roarmagazine.it

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