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Conversazione con Mariapia Veladiano

Mariapia Veladiano, insegnante, ha esordito nella narrativa con La vita accanto (Einaudi Stile Libero), vincitore del Premio Calvino 2010 e secondo al Premio Strega 2011; ha pubblicato poi Il tempo è un dio breve (Einaudi Stile Libero), Messaggi da lontano (Rizzoli 2013), un giallo per ragazzi, Ma come tu resisti, vita (Einaudi Stile Libero), Parole di scuola (Edizioni Erickson 2014) e, nel 2016, Una storia quasi perfetta (Guanda).

 

Professoressa Veladiano, forse è la prima volta che intervisto un’autrice che è anche insegnante e, visto che nella sua produzione c’è anche un libro di riflessioni sulla scuola, vorrei iniziare questa chiacchierata chiedendole di parlare di Parole di scuola.

Parole di scuola è un piccolo libro che parla di armonia, paura, empatia, equità e anche seduzione e orto, orto di scuola! Ogni capitolo una parola che ferma lo sguardo su un aspetto della scuola. I timidi, ad esempio. Si dice “quel ragazzo è timido” come se si dicesse “ha un difetto”. E invece no. Ai timidi non manca proprio nulla. Semmai è il mondo ad essere sbagliato se non sa riconoscere il valore di chi non grida, non si impone, non prevarica. E la scuola deve stare attenta a non essere la replica del mondo distratto. Deve a ogni ragazzo che arriva in aula una propria attenzione e gli deve la fiducia verso le sue capacità e la sua possibilità di fare meglio di noi. E poi il libro parla di paura, ma non della paura degli studenti. Della paura degli insegnanti, sempre sotto minaccia a causa di una cultura della diffidenza pronta alla denuncia per qualsiasi ombra reale o presunta.  È un libro che parla soprattutto di relazioni perché la scuola è luogo di relazioni. Se funzionano le relazioni si impara e insieme si è felici. Non è poco.

 

Nel suo ultimo romanzo, Una storia quasi perfetta,  mi ha colpito soprattutto il modo in cui lei riflette sulla seduzione: quella involontaria di Bianca de Zudei, già segnata da un’infelice esperienza di abbandono; quella consumata del protagonista maschile, che in Bianca e nel suo talento vede anche, se non soprattutto, ottime possibilità di sfruttamento imprenditoriale. Storie comuni, tante volte viste e sentite, eppure sempre avvincenti. In che senso la storia di Bianca e del seduttore è quasi perfetta?

Una storia d’amore vive sempre la promessa di una perfezione. Non è scontato che questa perfezione arrivi, qualche volta sì, per un momento, un piccolo ritaglio di tempo, una tessera che rimarrà luminosa per sempre. Altre volte no, è una perfezione intuita, che si sfiora, resa possibile nel desiderio perché si capisce che basterebbe pochissimo, un piccolo tuffo in un nuovo nostro essere liberi che esiste. Qual è il momento migliore per cambiare se non quello in cui si è profondamente amati? C’è quella leggerezza dell’esistenza che fa uscire dalla paura. Insieme è nulla la paura. In questo senso le storie sono quasi perfette sempre. Perché si tratta di condizioni che a partire da questa promessa si muovono, realizzano la promessa oppure no. E quando la promessa si realizza però ancora si muove la vita e poi ancora e ancora. Tutte le storie d’amore sono asimmetriche. Nascono da un differente investimento. È una condizione di cui non si deve avere paura. Se l’asimmetria diventa baratro, non ci si sente, vede parla più. In Una storia quasi perfetta si sfiorano due possibili perfezioni. Una in un certo senso si realizza. Quella di Bianca. L’altra in un senso complicato forse anche, quella di lui. Ma in un modo diverso da come si sarebbe potuto intuire all’inizio della storia.

 

Che cosa legge Mariapia Veladiano? Qual è l’ultimo libro che l’ha appassionata?

Sto leggendo Lucia Berlin, La donna che scriveva racconti. Una scrittura personale, storie strepitose. È un libro di racconti. Ho finito e amato e regalato a mezzo mondo Al giardino ancora non l’ho detto, di Pia Pera. Straziante, elegante, colto. Tanti fiori e una storia di vita toccata dal dolore in modo crudelissimo. Una scrittura che cura.

 

Ha altri progetti letterari in cantiere?

Due. Un romanzo e un piccolo giocar di parole. Ma non subito.

 

Grazie, professoressa Veladiano, per il suo tempo e le sue risposte.

 

Rosalia Messina

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