Sei qui: Home » Libri » Conversazione con Valeria Montaldi

Conversazione con Valeria Montaldi

Credits photo: Giulio Migliavada

 

Valeria Montaldi, milanese, è autrice di romanzi di successo, l’ultimo dei quali, La randagia, è stato di recente pubblicato da Piemme.

Valeria, le sue opere denotano un grande interesse per la storia, per il passato. Nel suo ultimo romanzo camminano in parallelo e si intersecano in vario modo una storia attuale e una storia ambientata nella Val d’Aosta di fine Quattrocento. Britta de Johannes, una donna accusata di stregoneria, potrebbe essere una donna di oggi, per la sua indipendenza.

Certo. La volontà di farsi padrone della propria vita appartiene da sempre a noi donne. La differenza, non trascurabile, sta nelle condizioni sociali in cui questo avviene: se oggi, pur tra mille difficoltà, il ruolo della donna indipendente è in qualche misura accettato (sebbene ancora guardato con sospetto), nei secoli passati la donna che non intendesse assoggettarsi al potere assoluto esercitato su di lei dagli uomini (padri, fratelli, mariti, esponenti dell’autorità religiosa o civile) era considerata una deviante, cioè una persona in grado di “infettare” il resto della società, e quindi da eliminare. Come, appunto, è avvenuto con le cosiddette streghe.

 

Immagino un grande lavoro preparatorio dietro la stesura di un romanzo complesso come questo, sia per la parte storica (Inquisizione, processi di stregoneria), sia per la parte che riguarda le indagini condotte dal maresciallo Randisi e dai suoi collaboratori (vedo infatti dai ringraziamenti a fine libro che si è documentata sul campo). È stata una lunga gestazione?

Sì, documentazione e scrittura hanno richiesto quasi tre anni. La documentazione è fondamentale, perché l’errore si può nascondere ovunque, in un nome, in una data, in una situazione da descrivere. Per questo romanzo, in particolare, ho dovuto approfondite con grande attenzione l’iter dei processi per stregoneria, in modo da rendere conto di come venissero condotti e quali ne fossero protagonisti e comprimari. Ugualmente accurato è stato il lavoro documentario relativo alla struttura investigativa di Arma dei Carabinieri e organi giudiziari, due attività molto più complesse di quanto possa sembrare.

 

 

Difficile la vita delle donne, oggi come ieri. Difficilissima quella di Britta, ma complessa anche quella di Claudia Lucchesi, giovane maresciallo dei Carabinieri, quella della ricercatrice Barbara Pallavicini. Vuole parlare di questo aspetto del suo romanzo?

Anche in questo romanzo, come in tutti i miei precedenti, le figure femminili hanno grande rilievo. Claudia Lucchese è una ragazza coraggiosa, capace di superare le difficoltà legate a una professione che può mettere a rischio la sua stessa vita, come di fatto accade nel corso della trama. Barbara Pallavicini è una donna armata dello stesso coraggio, determinata a portare avanti una ricerca storica che le permetta di riportare alla luce le accuse e le menzogne che, qualche secolo prima, hanno mandato al rogo un’innocente.

 

Ha già un’altra opera in cantiere?

Sì, certo: le fondamenta del “cantiere” sono già ben radicate nel terreno, qualche muro angolare è già stato innalzato: adesso si tratta di mettere mattone sopra mattone, facendo prendere forma a un edificio in cui i miei personaggi possano intraprendere il cammino verso una nuova avventura.

 

Grazie per il suo tempo e le sue risposte.

 

 

 

Lia Messina

© Riproduzione Riservata