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Come scrivere un romanzo storico. I consigli di Juan Francisco Ferrándiz

L'autore è in libreria con l'opera "La terra maledetta", un romanzo ambientato nella Spagna del IX secolo che racconta una Barcellona ai margini del Sacro Romano Impero

MILANO – Scrivere un romanzo storico è come una sorta di cipolla, fatta di vari strati. Con questo curioso accostamento “culinario” lo scrittore spagnolo Juan Francisco Ferrándiz inizia a raccontarci il suo metodo, utilizzato per la scrittura dei suoi romanzi storici. Proprio l’autore è uscito di recente in libreria con l’opera “La terra maledetta“, un romanzo ambientato nella Spagna del IX secolo che racconta una Barcellona ai margini del Sacro Romano Impero, abbandonata dal potere centrale e alla mercé di saccheggi e tiranni locali. L’autore descrive la nascita di una città che si sente abbandonata dal governo centrale e che sviluppa così sentimenti di autonomia e indipendenza, raccontando una Spagna ed un’Europa divisa da lotte interne e scontri di religione, temi che rendono questo romanzo estremamente attuale.

 

Quanto c’è di fiction è quanto c’è di veramente accaduto nel tuo libro?

La terra maledetta è 70% finzione e 30% storia. Bisogna però anche dire che ci sono dei personaggi storici e realmente esistiti che però sono inseriti nella fiction.

 

Scrivi romanzi storici. Quali sono i tuoi punti di riferimento?

Sicuramente Umberto Eco; da quando a 16 anni ho letto “Il nome della rosa” è rimasto un mio punto di riferimento che mi ha aperto le porte alla finzione storica. Altri punti di riferimento sono Ken Follett, Ildefonso Falcones, Valerio Massimo Manfredi. Mi piace che nel libro non ci sia solo la storia, ma anche elementi umani, dove i personaggi vivano le emozioni ed i sentimenti che abbiamo tutti.

 

Non è la prima volta che uno scrittore decide di ambientare un romanzo storico a Barcellona. Secondo te cosa di questa città ispira gli scrittori?

Barcellona è una città ben definita, molto specifica. In realtà non pensavo a Barcellona quando ho iniziato a scrivere; è stato un caso che abbia fatto riferimento a questa zona situata al sud della Francia, al cui estremo sud si trovava Barcellona, che era una zona di frontiera. Come tutti fino ad allora, assimilavo la Barcellona di allora a quella che oggi tutti conosciamo: prospera, borghese, commerciale. In realtà, quella del libro è una Barcellona molto diversa, piccola, pericolosa, desolata. Difatti, le mie case editrici hanno ravvisato uno stile simile a quello di Falcones: i romanzi hanno punti di incontro, ma è importante ribadire che si tratta di due “Barcellone” molto diverse.

 

Come si procede nella stesura di un romanzo storico? Qual è il tuo metodo?

Scrivere un romanzo storico è come una sorta di cipolla, fatta di vari strati; parto da una prima stesura molto veloce, quasi compulsiva, durante la quale getto le fondamenta della storia. Successivamente passo ad una seconda scrittura in cui riordino tutto quanto e che può richiedermi mesi di una nuova stesura, più accurata, per concludere la storia. Infine, ci sono le revisioni per limare e concludere il libro. A differenza di altri, mi lascio trascinare un po’ dalla storia, e nella prima stesura inserisco diversi spazi bianchi poi da sistemare nelle successive fasi.

 

Ti senti un po’ l’erede di Ildefonso Falcones?

No, è molto difficile come paragone. Sicuramente è un onore per me aver ricevuto delle recensioni così elogiative da parte sua, ma mi resta ancora molto strada da fare.

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