Come nasce un libro? A dircelo è il professor Roberto Cicala, il quale mette in luce propri l’oggetto libro e tutto il lavoro che se nasconde dietro. Ogni volta che un lettore prende in mano un libro, difficilmente immagina il lungo e articolato percorso che ha portato quel testo fino agli scaffali di una libreria.
L’editoria è un universo complesso, fatto di scelte invisibili, strategie editoriali, compromessi e passioni, dove la qualità letteraria non sempre è l’unica bussola da seguire.
Per fare chiarezza su ciò che accade davvero dietro le quinte, ho intervistato il professor Cicala, esperto di editoria e docente universitario, che ci ha guidato in un viaggio illuminante attraverso le logiche che muovono il mercato dei libri oggi, proprio attraverso il suo ultimo lavoro, ovvero: I meccanismi dell’editoria.
Dalla selezione dei manoscritti alle dinamiche tra grandi e piccoli editori, dai criteri di pubblicazione alle responsabilità del marketing, l’intervista affronta con lucidità e senza reticenze, le luci e le ombre dell’industria culturale. Un’occasione preziosa per comprendere non solo come funziona davvero l’editoria, ma anche come noi lettori possiamo sviluppare uno sguardo più critico e consapevole.
Come nasce un libro: intervista al professor Cicala sui meccanismi nascosti dell’editoria
Il titolo del suo libro suggerisce una transizione epocale nell’editoria. Quali sono i cambiamenti più dirompenti che ha visto nel settore negli ultimi dieci anni?
I meccanismi concatenati della filiera sono sempre stati prerogativa della produzione editoriale ma nelle ultime stagioni il mondo dei libri è cambiato e si sta trasformando velocemente, appunto dalla carta all’intelligenza artificiale come segnala il sottotitolo del volume.
Per questo negli oltre cento casi editoriali trattati sono stati inseriti, con un glossario inglese, ficus sugli aspetti che sono cambiati: le espansioni digitali di e-learning, i fenomeni romance, graphic novel, l’influenza dei booktoker, un novo ruolo di ghostwriter e uso di pseudonimi, l’accessibilità e natyralmente l’IA generativa che interviene non soltanto sull’ideazione, sul processo e sulla realizzazione ma anche su promozione e distribuzione. Tutti pensiamo di conoscere questo oggetto ma è difficile capire quale sarà la nuova dimensione e soprattutto quella futura.
L’intelligenza artificiale è ormai entrata nel mondo dell’editoria. Secondo lei, può essere una risorsa o rischia di snaturare il ruolo dell’editore e dell’autore?
Anche in editoria si potrebbe dire che l’intelligenza artificiale porta via lavoro alle persone (dai traduttori ai correttori e agli illustratori) ma non è proprio così: non serve avversare la tecnologia, anche perché non la fermeremo mai. Occorre capirla, renderla a misura umana e sociale. Nei lavori standardizzati e poco creativi ChatGPT e compagni la faranno da padroni, ma occorre un’intermediazione consapevole, che è la missione dell’editoria, perché il sapere non è mai neutrale.
E non serve avere più informazioni ma interpretarle per vivere meglio. Tuttavia non mancano derive che lasciano perplessi, come la start up israeliana Spines, che propone agli autori di scrivere e pubblicare libri in modo sempre più automatizzato, confondendo la democratizzazione della cultura con la sua squalificazione qualitativa e creativa. Ma la maggioranza dei casi sono positivi: per esempio a Interlinea molte copertine, come l’ultimo libro di Anna Lavatelli, sono create con l’IA, che aiuta anche a essere più accessibili.
La carta è destinata a scomparire o ci sarà sempre spazio per i libri fisici nell’era del digitale? Quali sono le strategie per far convivere entrambi i formati?
La contrapposizione tra libri e e-book non è così vera; come avvenuto in passato per altri supporti credo che ci abitueremo a una convivenza con usi diversi e complementari di carta e schermo. Il libro come idea resiste perché il digitale pensato come avversario non ha senso: è invece soltanto la nuova anima della sua tradizionale materialità, così funzionante per contenere l’immaterialità delle parole, delle storie e delle idee.
Poi, in verità, meno dell’8% degli editori di libri pubblica titoli esclusivamente in digitale, anche se questo resta lo spazio liquido su cui progettare il futuro in questa «età della frammentazione» come l’ha chiamata Gino Roncaglia. Qindi non è l’e-book l’avversario del libro di carta, ma il discredito sociale o una certa disattenzione nel nostro Paese, a cominciare dalle politiche governative insufficienti su scuola e lettura, che creano una cappa pesante sul libro come valore di crescita. Nelle altre nazioni dove si investe i livelli di lettura sono diversi e molto più alti.
Nel libro parla dei meccanismi interni all’editoria: quali sono gli aspetti meno conosciuti ma più determinanti nella pubblicazione di un libro?
È un lungo racconto di innovazione e tradizione delle fasi di progettazione, produzione e promozione di un libro, sia cartaceo sia e-book. In questi meccanismi ognuno può trovare un momento personalmente più congeniale all’interno della mediazione culturale che caratterizza l’attività del mondo dei libri, comunque fondata sempre sulla fiducia nelle parole.
Esiste poi un ruolo partecipato e responsabile di gestire ogni testo, non soltanto da parte di chi lavora direttamente all’allestimento di un libro, ma anche da parte di chi desidera informarsi e aggiornarsi per vivere più pienamente l’uso delle parole nella propria funzione professionale e nel ruolo comune di lettori: insegnanti e formatori, operatori della comunicazione, addetti alle relazioni pubbliche in diversi contesti, anche in ambiti scientifici e tecnici. Ecco questo volume si rivolge a tutti loro. E non va dimenticata una lezione fondamentale dell’editoria utile per tutti: l’importanza di saper valutare l’apporto delle diverse competenze in un’ottica di équipe.
Negli ultimi anni si è parlato molto di self-publishing. Quanto ha davvero cambiato il panorama editoriale e come le case editrici tradizionali stanno reagendo a questa tendenza?
Il self publishing in qualche modo c’è sempre stato con gli stampatori a pagamento, che però spesso curavano il libro con attenzione. E non mancano casi eclatanti di idee di self publishing passati dal crowdfunding ma diventate vest seller nei canali tradizionali: Storie della buonanotte per bambine ribelli. L’idea di fondo dell’autopubblicazione è l’illusione che si possa scavalcare in modo indolore la mediazione editoriale, cioè il vero controllo di qualità che non sia strettamente tecnico e materiale.
Infatti l’impaginazione automatica del file di testo dell’autore che si vuole autopubblicare a proprie spese, fino alla stampa delle copie desiderate, all’edizione in e-book e alla distribuzione su bookshop on line, sembra perfetta ma a parte eccezioni (perché ci sono stati casi di successi, come il libro del generale Vannacci ricco di errori editoriali) nella maggioranza dei casi sono una produzione dal contenuto poco curato senza alcun filtro, un vanity publishing che rischia di non lasciare il segno o di lasciarlo molto imperfetto.
C’è una narrazione romantica dell’editoria, spesso legata a un mondo fatto di passione per i libri. Qual è invece la realtà di chi lavora nel settore oggi?
L’idea romantica del mondo dei libri resta vera, al di là delle difficoltà lungo la filiera, perché comunque chi lavora in editoria trasforma un testo nascosto di un autore in qualcosa di più ricco e affascinante, cioè il libro pubblicato, quindi reso pubblico, per un lettore. Ma sappiamo tutti che anche l’ispirazione letteraria è frutto di duro allenamento, lunga ricerca e sacrifici continui: dopotutto ogni arte deriva da un faticoso artigianato, come amava dire anche un grande narratore qual è stato Sebastiano Vassalli. Ma resta sempre la suggestione del lavoro di editing, di grande autori come Pavese, Calvino, Vittorini: un lavoro che si può fare soltanto conoscendo bene lo stato e le tendenze dell’editoria ed essendo grandi lettori. Questo è il segreto più vero.
Molti lettori non immaginano il lavoro “dietro le quinte” di un libro. Qual è, secondo lei, la figura più sottovalutata nel processo editoriale? E, a questi proposito, molti lettori si lamentano dell’aumento del prezzo dei libri senza considerare il lavoro che c’è dietro. Quali sono tutte le figure professionali coinvolte in una proposta editoriale e quali processi incidono maggiormente sul costo finale di un libro?
Non è facile rispondere facendo sintesi in poche righe dell’intero volume (di cui tra l’altro un capitolo è proprio dedicato all’organigramma di un’editrice: un vero e proprio itinerario tra le diverse scrivanie di una casa, con uno schema molto dettagliato sull’espansione digitale); ma senz’altro chi guarda il mondo dell’editoria da fuori non conosce bene il lavoro dell’ufficio tecnico che cura la nascita e la diffusione di un libro dal punto di vista più tecnico, dalla carta alle tipografia, dal magazzino alla logistica e alle spedizioni.
Possono sembrare passaggi freddi ma sono caldi, proprio come quelli di editing, grafica e ufficio stampa. Tra l’altro aiutano a capire come il costo di un libro è anzi, oggi, troppo basso (tra l’altro non aumenta, in media, da parecchio tempo) rispetto alle lavorazioni che ci stanno dietro e a quanto un libro può fruttare a ciascuno di noi lettori dal punto di vista formativo e culturale. Però poi non lo si paragona al prezzo di un quaderno bianco, di una pizza o un biglietto del cinema…
La distribuzione è una delle sfide cruciali per gli editori. Quali strategie stanno emergendo per garantire visibilità ai libri in un mercato sempre più competitivo? E cosa consiglierebbe a un autore emergente, sia in self-publishing che pubblicato da una casa editrice, che utilizza i social per condividere le sue letture, affinché possa ampliare il suo bacino di lettori e coinvolgerli al meglio?
La distribuzione è l’anello debole (o forte, dai punti di vista) della catena del valore. E non è soltanto questione di social, anche se in certi ambiti come romance TikTok funziona bene. Ma è sempre un problema di strategia e di investimenti economici: con nulla si fa poco. E non basta investire nel marketing perché la storia dei best seller ci dice che i meccanismi sono sempre i più diversi e il passaparola spesso ha la meglio sulla comparsata in tv.
Comunque il business editoriale presenta molte criticità, tra cui la lunga filiera che impone tempi lenti di ritorno delle uscite finanziarie: dagli anticipi per consulenti del progetto editoriale e autori coinvolti possono trascorrere anche più di uno o due anni prima di avere un ritorno delle vendite.
Il ciclo economico, così determinato anche a causa di tempi di pagamento troppo differiti da parte di intermediari della distribuzione e delle vendite (per esempio catene di librerie che impongono condizioni sfavorevoli facendo leva su una forte quota di mercato), crea quindi situazioni di sofferenza economica, con oneri finanziari passivi verso le banche, che causano molte crisi aziendali e talvolta la necessità di vendere a grandi gruppi o di chiudere. L’esigenza di raggiungere economie di scala si scontra con gli interessi poi spesso troppo frammentati e individuali dei lettori. Il volume cerca di affrontare anche questo nodi cruciale.
Se dovesse dare un consiglio a un giovane che vuole entrare nel mondo dell’editoria oggi, quale sarebbe?
Leggere, ancora leggere e non stancarsi di aggiornarsi. Se c’è la passione, forte, capace di far digerire una minore soddisfazione economica con una maggiore soddisfazione morale, occorre allenarsi in attenzione e umiltà, ma passando con una forte competenza, che oggi arriva dai master, passaggio formativo indispensabile, sempre più richiesto dalle case editrice. Ma è da scegliere con attenzione, valutando la cura redazionale del testo, la provenienza professionale degli esperti che vi insegnano e quanta pratica viene garantita come lavori editoriali fatti.
Qual è il futuro dell’editoria secondo lei? Tra dieci anni, come immagina il mondo del libro?
Abbiamo di fronte un’editoria in continua mutuazione, anche grazie all’IA, ma credo che la vera nuova anima sarà l’accessibilità, una delle rivoluzioni necessarie dell’editoria del futuro, a cominciare da quella scolastica e universitaria, che deve offrire per legge servizi inclusivi obbligatori (ad esempio descrizioni testuali di immagini, in cui l’IA può aiutare).
Testi, siti web, app, software e device dovranno far fruire contenuti digitali integrali, cioè tali dalla loro prima pubblicazione (born accessible) per le persone con disabilità visiva e disturbi dell’apprendimento, per le quali le opere a stampa creano ostacoli. In Italia Fondazione Lia è impegnata in questo settore. E come ha dichiarato di recente Andrea Angiolini, delegato all’innovazione in AIE (Associazione italiana editori), «fare meglio le edizioni digitali ci aiuta a fare meglio i libri di carta», anche nei generi nuovi».
E se il libro del futuro è digitale e progettato anche per le community, occorre impegnarsi in un nuovo umanesimo digitale ricordando l’esortazione di Giangiacomo Feltrinelli alla vigilia del Sessantotto, quando diceva che «un editore può anche affrontare il proprio lavoro sulla base di una ipotesi di lavoro molto azzardata: che tutto, ma proprio tutto, deve cambiare, e cambierà».