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Come diventare Libroterapeuti

Formare i colleghi alla Libroterapia è un grande impegno e la preparazione del corso ha assorbito tutti gli spazi liberi della mia agenda nelle scorse settimane.

Se ne saranno accorti i miei venticinque lettori, che non hanno trovato i miei consueti post… Ma cosa serve per gestire un gruppo di Libroterapia?

Sicuramente, di base, una passione per la lettura. Una voracità, un desiderio forte di nuove letture, un impulso ad entrare in libreria e portare a casa tesori (ok, anche una biblioteca può andare bene, ma i libri poi vanno restituiti). Vi direi che serve un sintomo di una nevrosi letteraria, una compulsività nei confronti della lettura (vedere la voce “acquisto di libri, compulsivo” in “Curarsi con i libri”). Leggere tanto, insomma, con passione ed anche con una certa rapidità, per creare un bagaglio di titoli da proporre, da rileggere con i gruppi terapeutici, da rivivere e riscoprire.

Una seconda caratteristica importante è una buona memoria, o, in sua assenza, almeno una volontà di ferro di segnarsi qualcosa riguardo ogni lettura, andando a creare un vero e proprio diario di bordo del lettore. Cosa segnare? La trama, il tema dominante, le riflessioni fatte, gli aspetti che ci hanno colpito maggiormente.

Tutto questo per avere delle vasi da cui iniziare.

La curiosità, poi, servirà ad arricchire sempre il proprio punto di vista, costellandolo con ciò che gli altri hanno scritto su quei romanzi che ci hanno appassionato.

A questo punto abbiamo gli strumenti, ma ci servono un sestante ed una cartina per sapere dove andare e dove portare i partecipanti dei nostri gruppi. Sì, perchè non esiste vento favorevole per chi non sa dove andare.

E’ a questo punto che intervengono la propria riflessione psicoterapica e le proprie riflessioni sullla persona. Come vedo le persone? Con quali teorie mi oriento? La mia personale bussola è junghiana, ma questo non è un diktat. Diciamo che tutte le bussole possono andar bene, basta che funzionino.

Mi hanno chiesto se solo uno psicoterapeuta può gestire dei gruppi di Libroterapia. Nell’accezione in cui la intendo io, direi proprio di si, ma ciò non toglie che possano esserci gruppi con obiettivi diversi tenuti da figure differenti. Cosa cambia? La possibilità di lavoro personale dei partecipanti si va a restringere un pò, limitandosi all’ambito specifico per cui è pensato l’intervento (togliendo quindi la vera e propria “terapia” e rimanendo su gruppi di self-enpowerment o di sostegno). La mia proposta? Creare sinergie, lavori in concerto tra psicoterapeuti e altri professionisti delle relazioni di aiuto (counselor, educatori, coach) per sviluppare percorsi generativi.

Del resto è bello viaggiare in buona compagnia, no?

Rachele Bindi

10 aprile 2014

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