3 classici di Natale da mettere sotto l’albero

22 Dicembre 2025

Scopri tre brevi classici di Natale con cui trascorrere le vacanze invernali. Per scaldare il cuore, ma anche per capire che si può essere sempre buoni.

3 classici di Natale da mettere sotto l'albero

A pochi giorni dalla Vigilia non possiamo dimenticarci di alcuni classici del Natale. Dickens, famosissimo per il suo “Canto di Natale” è un evergreen delle Feste; tuttavia esistono altre, piccole perle che non dobbiamo dimenticare e che possono essere recuperate prima del fatidico giorno.

Classici da leggere sotto il vischio

Scopri insieme a noi quali sono le letture migliori per un Natale coi fiocchi.

“Natale a Parigi” di Irène Némirovsky

La neve cade fitta su Parigi e, come spesso accade, rende tutto più “giusto” In quest’atmosfera da cartolina, le vetrine sono un teatro di vischio e agrifoglio, le insegne brillano e si preparano ostriche e champagne per i festeggiamenti; i bambini aspettano con quella fede assoluta che solo la Vigilia sa concedere loro.

“Natale a Parigi” comincia dentro questa cornice scintillante e poi la incrina in piena notte, mentre una famiglia benestante scopre che la festa non basta a tenere insieme ciò che si è già rotto.

Un ricco uomo d’affari e sua moglie si ritrovano a fare i conti con un matrimonio fallito, mentre le figlie maggiori, Marie-Laure e Claudine, stanno per essere spinte, o per meglio dire trascinate, fuori dalla spensieratezza dell’infanzia.

Nella prosa inconfondibile di Irène Némirovsky, il Natale assume una connotazione crudele, diversa dallo zucchero-e-caramello a cui siamo abituati guardando i film contemporanei (o anche solo leggendo i più dolci romance che vanno di moda). Con “Natale a Parigi”, Némirovsky mette a fuoco le piccole menzogne domestiche, le aspettative che i parenti-serpenti ci cuciono addosso come vestiti troppo stretti, la distanza tra ciò che si mostra e ciò che davvero si vive.

Il racconto risulta un romanzo vivido e procede come una passeggiata tra luci e ombre in una città è bellissima, privata di dettagli concreti: una caratteristica che finisce col rendere Parigi uno spettro fluttuante.

“Il libro di Natale” di Selma Lagerlöf

Il libro di Natale” di Selma Lagerlöf raccoglie racconti che si aprono spesso con un “c’era una volta” e che, tuttavia, non restano nel recinto della fiaba: storie che usano la fiaba per illuminare il volto umano che c’è dietro l’incanto.

Sono otto storie, per l’esattezza, situazioni in cui basta poco per deviare il corso degli eventi: un incontro inatteso, una parola sbagliata o necessaria, un gesto minimo capace di cambiare ogni cosa. Lagerlöf sembra interessata soprattutto al cosiddetto punto di rottura, quando il mondo, che pareva ordinato, rivela se stesso

Una fenditura dentro la quale entrano la nostalgia, la natura smisurata, la piccola crudeltà che le fiabe popolari non addolciscono mai…

Il tono può sembrare ingenuo, ma è un trucco di bravura: sotto la semplicità scorre una domanda seria su colpa e perdono, su ciò che chiamiamo destino e su ciò che invece dipende da noi.

Tra le pagine c’è spesso un oggetto a fare da detonatore: un regalo sbagliato che apre una conoscenza nuova, una trappola per topi che diventa metafisica, un segno divino nascosto dove non avremmo mai guardato.

“La teiera di Mrs Podgers e altre storie di Natale” di Louisa May Alcott

Qui il Natale arriva con un oggetto piccolo e quasi comico che a primo acchito può ricordare “La Bella e la Bestia”, ma solo fin quando non si aguzza bene la vista. Parliamo di una teiera, solo d’argento, incisa con una massima che suona come una promessa e insieme come una prova: dice “chi dà ai poveri presta al Signore”.

A scrivere la novella è Louisa May Alcott prende quella frase e la mette alla porta di casa di Mrs Podgers, vedova facoltosa, rispettabile, un po’ egoista: una donna che fa del proprio benessere un’abitudine, e della carità un gesto da amministrare con misura.

Poi, in una notte fredda d’inverno, la misura salta. Si presenta un bambino povero, infreddolito e malnutrito, che mendica per mettere insieme qualche dono: non per sé, ma per la nonna e per gli amici.

È un dettaglio che cambia il peso morale della scena, perché la richiesta non è “aiutami”, ma “lasciami salvare qualcuno”; e Mrs Podgers, colpita da quella generosità, comincia a trasformarsi, passando da padrona di casa a custode temporanea di un piccolo miracolo pratico.

Il racconto procede così, senza cinismo e senza zucchero allo stesso tempo. Mostra cosa succede quando l’ospitalità non resta un’idea, ma diventa organizzazione, tempo, fatica, tavola apparecchiata per chi non avrebbe diritto di entrarci. In casa, insieme ai poveri ospiti, entrano l’innocenza e la carità, ma anche qualcosa di più destabilizzante: la possibilità di una gioia che non dipende dal possesso, e persino la scintilla di un amore inatteso.

E attorno a questo nucleo si dispongono le altre storie natalizie della raccolta: piccole parabole domestiche in cui il bene non è un tratto del carattere, ma una decisione ripetuta che suggerisce come certe virtù “dolci” (generosità, solidarietà, cura) debbano ripropongo per tutto l’anno e non solo quando “siamo tutti più buoni”.

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