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“Città di mare con nebbia”, splendido racconto gotico tradotto per la prima volta in Italia

C'è un mistero nel mistero nel racconto dell'incubo “Città di mare con nebbia” di Sandor Weltmann (Skira, pp. 144, euro 15,00 - titolo originale Stadt am Meer im Nebel, tradotto e a cura di Tuzzi): Chi si cela dietro lo pseudonimo dell'autore?

C’è un mistero nel mistero nel racconto dell’incubo “Città di mare con nebbia” di Sandor Weltmann (Skira, pp. 144, euro 15,00 – titolo originale Stadt am Meer im Nebel, tradotto e a cura di Hans Tuzzi): Chi si cela dietro lo pseudonimo dell’autore?

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Nella Postfazione del libro il curatore specifica che il nome di Sandor Weltmann non è altro che una maschera, anzi “la maschera di una maschera”, essendo una delle tante false identità di Mabuse, il criminale protagonista del film “Il Dottor Mabuse” (1922) di Fritz Lang. Appassionato cinefilo della grande filmografia tedesca degli anni del muto, di origine baltica o prussiana, Weltmann aveva scritto il racconto presumibilmente negli anni Trenta o Quaranta del XX Secolo.

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Tuzzi, scrittore di noir e saggista, racconta com’è venuto in possesso del manoscritto, trovato per caso nella tasca interna della copertina di un catalogo illustrato di una casa editrice ormai scomparsa. La biblioteca di una signora di nazionalità tedesca ma residente a Milano, da poco venuta a mancare, della quale Tuzzi doveva stimare il valore in via amicale per conto dei nipoti della signora, conteneva un piccolo tesoro nascosto all’interno di una busta commerciale color giallo paglierino che proteggeva un insieme di fogli battuti a macchina. “O più esattamente, la copia carbone di un dattiloscritto”.

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L’inchiostro dopo tanto tempo aveva preso una sfumatura bluastra ma nonostante ciò era perfettamente leggibile. Sotto il titolo Stadt am Meer im Nebel, si poteva leggere in lingua tedesca il racconto ora proposto per la prima volta in lingua italiana. “Fu in una sera così, nel tempo che i padri dei nostri padri eran giovani, che una barca misteriosa, stretta, lunga, nera come una gondola, come una bara, scivolò silenziosa verso il mare, due quarte a dritta della prora”. A bordo due figure maschili: una, schiena alla poppa, avvolta in un mantello nero, un tozzo cilindro in capo; l’altra, ai remi, le braccia nude e muscolose. Il primo uomo descritto era ormai prossimo alla vecchiaia e dal volto scavato spuntava un naso arcuato e duro come il rostro di un rapace. L’altro, più vicino ai trenta che ai quaranta, aveva mento squadrato, mandibole larghe e fronte stretta, capelli neri tagliati corti e braccia nerborute che vogavano senza fatica apparente. Fra loro, qualcosa d’informe, “immobile eppure vivo”, che sembrava poggiato sul fondo dell’imbarcazione.

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Azione: fra il 13 giugno e il 28 dicembre 1888. Teatro: una libera città di mare, la quale con il Senato, le mura, le porte medievali, ricorda Lubecca. Nell’innominata cittadina affacciata sul Mar Baltico, solida, laboriosa e frugale, circondata dalla nebbia che la domina incontrastata, in una sera oscurata appunto dalla nebbia, stava per arrivare un mostro.

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Al pari di un dipinto dai colori cupi di Turner, l’io narrante, un fin de race, ultimo frutto senza seme di una famiglia le cui radici affondano nella più antica storia di quella innominata città, racconta una storia dai contorni sinistri e ostili, proveniente da un documento scovato in un cassetto segreto di uno scrittoio Reggenza della propria abitazione. Una storia alla quale nessun lettore può restare indifferente.
“Veridica relazione degli strani eventi accaduti nella nostra città l’inverno 1888, così come da me registrati…”.

 

Alessandra Stoppini

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