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Chiara Moscardelli e le gattemorte: come le passive aggressive fanno emergere il lato alfa degli uomini

Chiara Moscardelli, romana, addetta stampa di case editrici, ha esordito come narratrice con il romanzo Volevo essere una gatta morta (Einaudi Stile libero, 2011), cui ha fatto seguito La vita non è un film (ma a volte ci somiglia (Einaudi Stile libero, 2013)...

Chiara Moscardelli, romana, addetta stampa di case editrici, ha esordito come narratrice con il romanzo Volevo essere una gatta morta (Einaudi Stile libero, 2011), cui ha fatto seguito La vita non è un film (ma a volte ci somiglia (Einaudi Stile libero, 2013).

 

Ciao, Chiara. Nell’intervistare gli autori ho notato una diffusa resistenza a definire il genere delle loro opere e la tendenza a dire che i generi letterari non esistono. Ma voglio chiederti lo stesso se possiamo dire che i tuoi romanzi appartengono al genere definito chick-lit e se, dopo aver scritto due storie che hanno la stessa protagonista, progetti di cambiare genere oppure no.

Dunque, mi fai una domanda da un milione di dollari. Io invece credo che esistano eccome. Certo forse non fa piacere essere inserito in un genere letterario piuttosto che in un altro, ma non possiamo non separare la narrativa tout court dai vari generi come il thriller, il noir, il chick-lit, appunto. Ed entrambi i miei romanzi si inseriscono in un genere letterario che però non è quello del chick-lit. Lì tutto va a finir bene, l’amore trionfa e vissero per sempre felici e contenti. Non è così nei miei, purtroppo. Forse perché la protagonista sono io e quindi era impossibile il lieto fine! Per il secondo si può parlare forse di chick-thriller…ma esiste?

Non so, certo è che in questo genere, qualunque esso sia, mi ci trovo bene e non vorrei cambiare. Ma mai dire mai nella vita…

 

Ho letto in qualche intervista che Volevo essere una gatta morta è un libro autobiografico. L’esigenza di scrivere la propria storia, di darle forma romanzata, di solito nasce da una crisi. È stato così anche per te?

Assolutamente sì. Tutto quello di cui parlo e scrivo l’ho vissuto personalmente…e l’idea di mettere nero su bianco la mia vita mi è venuta proprio da un momento di crisi. Vivevo in un sottoscala minuscolo e lavoravo dieci ore al giorno con uno stipendio che mi bastava a mala pena per pagare l’affitto. Pensavo: che bella l’indipendenza! Altro che bamboccioni, non avevo i soldi neanche per un aperitivo… E io che mi immaginavo feste a casa, fine settimana fuori, cene con gli amici… diciamo che non ho fatto nulla di tutto questo e mi sono messa a scrivere, quindi tutto sommato mi è andata bene.

 

Ma le quarantenni di oggi assomigliano alla protagonista dei tuoi romanzi? Non c’è una realtà più variegata, una gamma più ampia di modi di affrontare la vita e anche di farsi del male? Come mai il tuo interesse si è concentrato su quel tipo antropologico che da più parti è stato paragonato alla celebre Bridget Jones?

Sì, certo. Esiste una realtà molto più variegata, ringraziando il cielo. Non tutte le donne quarantenni sono come me, single e senza speranza, per fortuna per loro. Ma io racconto di quello che conosco, non di quello che non conosco. Come faccio a sapere che cosa vuol dire essere una splendida quarantenne sposata con figli?   

 

Chiara, non posso fare a meno di chiederti un sintetico ritratto del tipo di donna che definisci gattamorta.

Dunque, la gattamorta è la passiva aggressiva, cioè quel tipo di donna che riesce a far sentire un uomo fondamentale e senza il quale lei non riuscirebbe a vivere (anche se non è vero). La gattamorta non guida la macchina di notte perché è pericoloso, si fa sempre accompagnare, non si ubriaca mai perché non beve, mangia pochissimo e non mette mai il suo uomo in discussione: lui ha sempre ragione ed è un genio (anche se palesemente non lo è). Insomma fa tutto ciò che può far sentire un uomo importante e fa emergere il suo lato alfa perché apparentemente lei da sola è un’incapace e tanto insicura. Quello che l’uomo non sa invece è che è lei a condurre il gioco ma fa credere che a lui che sia il contrario…

 

Secondo te il chick-lit lo leggono solo (o soprattutto) le donne? Oppure può esserci un interesse maschile per quel tipo di storia?

Credo di sì. È un tipo di lettura prevalentemente femminile. Anche se devo dire che i miei due romanzi sono stati letti da parecchi uomini. Forse perché speravano di carpire qualche segreto sulle gattemorte… chissà se ci sono riusciti. Il secondo invece era una specie di thriller quindi poteva essere letto da chiunque.

 

Un parere da addetta ai lavori sull’editoria italiana. Che ne pensi, in generale?

Difficile domanda. Penso che purtroppo ci sia sempre meno gente che ama leggere nonostante si pubblichino dei bei libri. Io non credo sia tutta colpa del fatto che si hanno meno soldi, anche se questo ovviamente incide. Credo piuttosto che i social network abbiano portato via molto tempo, troppo. Si trascorre più tempo ad aggiornare il profilo, a postare foto del pranzo e a sbirciare quello che fanno gli altri che a leggere…

 

E cosa ama leggere Chiara Moscardelli?

Amo moltissimo i classici. Ultimamente sto riscoprendo I promessi sposi che al liceo ho odiato. Invece è divertentissimo. Per il resto sono onnivora: da Joe Lansdale a Don Winslow leggo tutto.

 

Hai già nuovi progetti letterari in cantiere?

Sì, progetti tanti, tempo per realizzarli pochi, purtroppo.

 

Grazie per il tuo tempo e le tue risposte.

Rosalia Messina

6 settembre 2014

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