Jane Tara, “Che bello vederti, Tilda”: come un romanzo pop trasforma l’invisibilità in potere
Quella di Tilda Finch può considerarsi una vita perfetta, condita da due figlie ormai grandi e un’attività di gadget con citazioni e frasi motivazionali che va alla grande; tuttavia, dentro di lei c’è una piccola e fastidiosissima vocina di autosabotaggio che non riesce mai a fare silenzio. E così accade che una mattina, di fronte allo specchio, Tilda si non-vede: prima un dito, poi un orecchio…
Gli esami confermano una diagnosi surreale: invisibilità. Sembra una metafora, una condizione che colpisce milioni di donne soprattutto dopo i quaranta; ma l’invisibilità di Tilda è letterale. Lei sparisce davvero, dopo che per anni si è sentita invisibile a livello sociale.
Da qui si districa il romanzo e parte un percorso di terapia, amicizia, ironia e rispetto verso se stessa. Tilda entra in un gruppo di donne “invisibili”, si misura con un terapeuta davvero poco ortodosso e incontra qualcuno che la vede per ciò che.
Ma soprattutto impara a vedersi lei, prima di chiedere al mondo di farlo.
Tilda è una necessità
L’edizione italiana Feltrinelli, tradotta da Maria Giulia Castagnone, è stata pubblicata di recente quest’anno nella collana Fluo.
Noi di Libreriamo pensiamo che parlarne sia importante per prendere posizione sulla rappresentazione dell’età di mezzo qui in Italia, che tra stereotipi e standard estetici irraggiungibili rischia la scomparsa sociale o l’eccesso chirurgico.
Il romanzo di Jane Tara è arrivato come un piccolo terremoto gentile. L’edizione originale, “Tilda Is Visible”, è stata raccontata come “a self-help book wrapped in a funny, poignant novel”, un romanzo brillante che invita chiunque “si sia mai guardato allo specchio trovando qualcosa che non va” a rinegoziare il proprio sguardo. La scheda dell’editore aggiunge una formula che non passa inosservata: “Life-altering fiction… might just change yours too” (“fiction capace di cambiare la vita… forse anche la tua”).
Non è un caso isolato: la stampa britannica ha messo in fila i romanzi recenti che rendono visibili le donne che invecchiano, citando esplicitamente Tara e la sua idea nata da un errore medico che la fece temere la cecità. Un articolo del Guardian ha legato questi libri a un nuovo immaginario sull’età adulta femminile: meno stigma, più complessità; meno “scomparsa”, più auto-narrazione.
L’idea narrativa: quando la diagnosi è un’allegoria
Tara ha raccontato in varie interviste e che l’ispirazione è arrivata con una diagnosi sbagliata, quando un’optometrista le disse che stava diventando cieca. Ovviamente non era vero, ma quell’istante di spavento le cambiò la percezione del corpo e dell’età, tanto da portarla a chiedersi: “Se non riesci a vedere te stessa, chi altri potrà farlo?”
È così che nel romanzo quella diagnosi si trasforma in invisibilità vera e propria, tanto quanto quell’ipotetica cecità.
L’essere ignorate al lavoro, nella famiglia, nello spazio pubblico, valica lo spazio metaforico ed entra in quello fisico e della cura, abbracciando il gruppo di supporto, i tentativi falliti, le ricadute e perfino un terapeuta dal carattere un po’ spigoloso. Tutto concorre a zittire il piccolo sabotatore interiore e a creare una nuova vocina, un lessico nuovo e non punitivo.
Temi importanti
Non esiste solo l’invisibilità di Tilda, ma anche l’invisibilità sociale. Questo romanzo spiega che non basta “pretendere” di essere viste, ma è necessario allenare il proprio sguardo interno, perché prima di tutto bisogna sapersi guardare dentro.
L’invisibilità non è colpa della protagonista: è un dispositivo culturale che molte assorbono fin da ragazze e che esplode in età adulta. Una delle cause, per esempio sono gli standard estetici irraggiungibili che ci vengono posti quotidianamente sotto il naso tra televisione e riviste. La tirannia dell’apparire — magra, giovane, “presentabile” secondo canoni dettati dalla moda del momento — è narrata per micro-scene all’interno del romanzo.
Chi è Jane Tara?
Scrittrice e sceneggiatrice australiana, Tara ha pubblicato romanzi femminili/umoristici e libri per ragazzi; “Tilda Is Visible” è il suo titolo più discusso e, stando alle classifiche dei siti lettori, il più amato. Interviste e podcast la raccontano come un’autrice che lavora sull’empowerment con strumenti narrativi pop, evitando il moralismo e scegliendo l’umorismo come cura.
Chi è Tilda?
Tilda non è “una povera donna da salvare”, ma un personaggio spiritoso, testardo e contraddittorio, come lo siamo tutti: un essere umano in grado di farsi male ma anche di rimettere insieme i pezzi.
Realismo magico
L’elemento fantastico (sparire) non fugge la realtà, ma la mette per certi versi a fuoco: la scomparsa è un misuratore del rispetto di sé, la metafora che prende vita.
Ricezione e critica
L’editore estero PRH mette in evidenza il blurb di People (“fiction che cambia la vita”), mentre BookBrowse riassume bene la miscela: romanzo brillante e commovente con lama da self-help.
Sui canali dei lettori professionali, NetGalley registra schede che parlano di “warm, witty and uplifting” (caldo, arguto, sollevante) e di un’idea “clever” che funziona soprattutto come road-map di autostima piuttosto che come favola zuccherosa.
In parallelo, il Guardian ha collocato Tara dentro un filone di narrativa che restituisce centralità alle donne oltre i quarant’anni, con un taglio esplicitamente femminista — nel senso radicale del termine: auto-definizione, agency, diritto a occupare spazio.
People: “Narrativa capace di cambiare la vita… quando Tilda inizia letteralmente a scomparire, il suo percorso rivelatore potrebbe cambiare anche il tuo.
BookBrowse: “A funny, poignant novel that helps you see yourself more clearly.”
“Un romanzo ironico e toccante che aiuta a guardarsi con maggiore chiarezza.”